23. I vivi e i morti

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Luz's POV

Di giorno siamo tormentati dai vivi ma di notte sono i morti ad ospitare i nostri incubi. Questo è ciò che penso quando mi sveglio nel bel mezzo della notte, con il cuore in gola e il sudore che mi cola sulla fronte. Mi metto a sedere di scatto e con il piede urto i tizzoni ancora accesi del fuoco.

Affianco a me c'è una bottiglia di whisky piena per tre quarti e nell'oscurità allungo la mano per afferrare la torcia, la accendo e illumino il terreno accanto a me.

Dopo il nostro piccolo falò ho deciso di dormire fuori, non ce l'avrei fatta a sopportare di stare chiusa nello spazio ristretto della macchina con Ben.
Mi sarei sentita soffocare. Ma non da lui, bensì dai miei pensieri e dai miei dubbi.

Faccio un bel respiro e provo a calmare il battito cardiaco.

"Luz"

Mi metto le mani nei capelli e tiro leggermente le punte, chiudo gli occhi.

"Ho fatto un incubo, di nuovo. Non riesco a farli smettere. Ci sono sempre le persone che amo e poi vengono uccise, sempre dagli infetti ma alcune volte li uccido io. Senza motivo. Non posso andare avanti così"

Sono ancora ubriaca, lo so. Non è passato molto da quando gli altri sono andati a dormire.

"Luz" ripete Ben.

"Lo odio, odio sentirmi così e non posso continuare a svegliarmi nel cuore della notte con il terrore di aver ucciso mia sorella o Grace"  mi sfrego gli occhi con il dorso della mano.

"Luz, vieni dentro"

"Non ci riesco, mi sento soffocare" ammetto.

"Da cosa?" Ben si siede affianco a me.

"Non sono sicura di cosa faranno quelli dei camper, domani dobbiamo parlarci e non so che cosa accadrà e questo mi soffoca"

"È il peso di essere il capo, ci farai l'abitudine. Sei forte e ce la farai" mi mette una mano sulla spalla e poi la scosta mettendola sotto il mio mento.

"Mi sopravvaluti, lo fai sempre."

"È possibile che sia tu a sottovalutarti?"

Faccio una piccola risata che svanisce portata via dal vento, guardo verso i tizzoni e li osservo scoppiettare.

"Odio quando vi preoccupate per me. Grace anche se non lo dimostra pensa a me più del dovuto, tu mi incoraggi sempre, tutti contate su di me e io ho una tremenda paura di fallire."

"Non fallirai"

Lo guardo e lo fisso negli occhi senza però riuscire a distinguere bene i colori in questa oscurità, riesco solo a vedere alcune sfumature di verde scuro.

"Come lo sai? Perché pensi che possa farcela? Cosa mi rende così speciale?" Domando sentendo la rabbia crescermi dentro.

Non sono arrabbiata con lui, ma gli sto comunque scaricando addosso tutto il rancore che provo.

"Sei in gamba e te la caverai" risponde pacato.

"E se io non volessi cavarmela? Perché credi di sapere ciò che voglio? Non sai niente di me e non mi conosci perciò smettila di credere di sapere ciò che è meglio per me!"

Non sono io a parlare, non ho ancora smaltito l'effetto dell'alcol.
Devo stare zitta ma è più forte di me, perciò continuo imperterrita a sputare fuori ogni minima cosa che mi passa per la testa.

Domani non ricorderò nulla di quello che sta succedendo adesso ma non riesco a stare zitta, a frenare la lingua per non dire cose di cui potrei pentirmi.

"Cosa vuoi che faccia Luz?" Chiede iniziando ad arrabbiarsi.

"Voglio che tutti voi la smettiate di fare affidamento su di me, potete cavarvela da soli!"

"Hai ragione Luz! Non abbiamo bisogno di te per cavarcela ma abbiamo bisogno di te per sopravvivere"

"Perché  avete bisogno di me per sopravvivere?" Alzo la voce ma non abbastanza da svegliare qualcuno.

La testa gira e mi sento leggera, prendo la bottiglia e ne bevo un grosso sorso.
Lo butto giù e mi brucia la gola ma lo ignoro e ne bevo un altro po'.

Lui tace e non aggiunge altro, mi sarei aspettata che mi strappasse la bottiglia di mano.

"Perché sei ancora qui? Vai a dormire prima che uccida anche te"  mi giro di scatto ma quando pronuncio la parola uccidere la voce mi si spezza.

"La vuoi smettere?" Adesso è lui ad alzare la voce arrabbiato.

"Di fare cosa?"

"Smettila di commiserati, ti sottovaluti e hai pura di fallire ma è normale! È umano avere paura, fattene una ragione e vai avanti"

E poi mi bacia. Un bacio lento e dolce, alcune lacrime mi scendono sulle guance e vengono rapidamente sostituite dai suoi pollici o dalle sue labbra.

Sposto la testa di lato per facilitare il contatto tra di noi e mi avvicino a lui sempre di più.

Gli metto una mano alla base del collo e lo attiro di più a me, lui mette le mani a coppa sul mio viso e si allontana quanto basta per guardarmi negli occhi.

"Andiamo a dormire, sarai stanchissima e in più sei maledettamente ubriaca"
Fa una piccola risata.

Prendo la bottiglia e la finisco nel mentre che lui si alza e dopo aver preso la torcia mi porge la mano e mi aiuta ad alzarmi.

"Mi dispiace" dico con la voce impastata. "Mi dispiace per le cose che ho detto"

Inciampo e lui mi sorregge, mi attira a se e mi bacia di nuovo scatenando una sensazione di vuoto alla base del mio stomaco.

Rimango contrariata quando si stacca e si avvicina all'auto, voglio che il contatto tra di noi non finisca ma lui decide in modo diverso.

Apre lo sportello e mi fa entrare in macchina, con delicatezza mi toglie le scarpe e poi mi sfila i pantaloni.

Mi toglie la maglietta e prende la coperta dal sedile difronte, la lancia e mi guarda negli occhi.

Si sdraia anche lui dopo essersi tolto le scarpe e la maglietta e poi aspetta che mi sdrai anche io.

Mi stringo a lui e metto la guancia sul suo petto mentre il suo braccio mi stringe la vita.

"Penso tu sia la prima persona a preoccuparsi davvero per come mi sento" ammetto mentre scivolo nel sonno.

Mi bacia la fronte e poi mi addormento così fra le sue braccia, senza più incubi ma con i morti che affollano ancora i miei pensieri.
Ma chi è morto non ha più bisogno di me, sono quelli rimasti ad averne.

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