Il signor Visconti...

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Riccardo

Mi alzo come tutti i giorni, è presto, credo siano le sette di mattina, il caldo non dà tregua e già ora dalla finestra non arriva neanche un filo d'aria. Il sole è arrivato presto a riscaldare questo giorno che sta iniziando.
Alla fine sono riuscito a dormire qualche ora, forse è stato merito di Arianna, forse ero solo sfinito dalle mie notti senza sonno.
Del vomito non c'è più traccia, Arianna deve aver pulito tutto prima di andarsene. Ora sembra tutto in ordine, come se niente fosse successo, come se mia madre non fosse quella che invece è.
Mi faccio una doccia fresca per togliermi di dosso questo caldo insopportabile e la sensazione di schifo che mi è rimasta addosso tutta la notte, come se bastasse questo a cancellare tutto.
Prima di scendere al piano di sotto vado controllare mia madre. Appena apro la porta la vedo distesa come l'ho lasciata, entro per vedere se sta bene e mi accorgo che dorme profondamente. Con tutto quello che avrà ingerito e poi vomitato non si sveglierà tanto presto e scommetto che poi starà da schifo tutto il giorno come ogni giorno. Per fortuna io non sarò qui a vederla, non oggi almeno. Oggi andrò con Arianna alla casa famiglia, vuole portare lì delle cose che non usiamo più, vestiti, vecchi giochi, libri da leggere ed io sono ben contento di potermi allontanare da qui.

Scendo piano al piano di sotto, non voglio fare troppo rumore, mio nonno di solito scende per le otto a fare colazione e l'ultima cosa di cui ho bisogno è incontrarlo.
Spero che Arianna sia già pronta così da uscire indenne da qui.

Arrivo in cucina e vedo Arianna indaffarata a preparare la colazione.
"Lo sai vero che "sua maestà" beve solo caffè? Perché ti impegni tanto a preparare?"
"Prima di tutto ho solo tostato il pane e fatto la spremuta, secondo poi l'ho fatto per te e non per tuo nonno. E ti prego non chiamarlo "sua maestà" sai che lo odia e potrebbe scendere da un momento all'altro e sentirti"  mi risponde lei, mentre mette il pane tostato in un piatto e prende la marmellata dalla credenza.

Ho sempre pensato che questa cucina fosse troppo grande, appena entri dalla porta ti colpisce subito. È tutta unica, a giro, si estende dall'angolo della porta, dove si trova il frigo, fino alla parte opposta dove finisce con la credenza. È tutta rivestita con il "pregiato" ebano, lavastoviglie ad incasso compresa, il ripiano è di marmo, mentre la cucina in acciaio "inox" o come cavolo si chiama.
Poco lontano dalla cucina, al centro della stanza, c'è un bel tavolo allungabile in vetro temperato e acciaio, con le sedie rigorosamente in pelle bianca. Questa cucina è stata scelta da mio nonno, un motivo valido per non riuscire a sopportarla. A guardarla è bellissima, ma mi ricorda che spesso l'apparenza inganna, un po' come colui che l'ha voluta. Uomo rispettabile fuori, uno stronzo senza un briciolo di umanità dentro.

"Grazie Arianna ma sai che mangio poco, non c'è bisogno e su mio nonno, se mi sente è meglio"
"Siediti e mangia almeno una fetta di pane tostato con un po' di marmellata e bevi la spremuta" dice mentre poggia il bicchiere pieno, con il pane e la marmellata su un vassoio, pronta per servirlo al tavolo.
Mi avvicino e la blocco.
"Non c'è bisogno che lo porti al tavolo, posso mangiarlo qui e posso mettermi la marmellata da solo" le tolgo il vassoio dalle mani, l'appoggio sul "prezioso" marmo, prendo il coltello, passo la marmellata sul pane e inizio a mangiare.
"Per favore Riccardo, almeno usa un tovagliolo di carta per evitare di spargere le briciole"
"E perché dovrei? Perché a "sua maestà" dà fastidio?" Domando sprezzante.
"Perché è educato e poi sì, sai che tuo nonno vuole che sia tutto sempre in ordine"
"Lascialo perdere Arianna, mio nipote non conosce educazione a quanto pare"
Ed eccolo il caro signor Visconti fare il suo ingresso in cucina già tutto vestito con il suo completo perfetto. La giacca nera perfettamente stirata, la camicia bianca con le iniziali del suo nome in bella vista, l'immancabile cravatta, i capelli bianchi tirati indietro, troppo folti anche per uno come lui, nessuna barba a nascondergli le rughe che gli segnano il volto.  Un pinguino perfetto.
Mi lascio sfuggire un sorriso sprezzante al solo guardarlo.
"Che cos'è che ti fa tanto ridere nipote?" Chiede con il suo solito sguardo duro.
"Niente, pensavo solo che saresti perfetto per una mostra di pinguini"
Mio nonno inizia a ridere, ma non di un sorriso vero, ma uno di quelli finti, cattivi, che usa spesso per farti capire che anche se ride, dovresti temerlo.
"Le tue battute sono sempre più scadenti nipote"
Odio quando mi chiama "nipote" con quel distacco che non usi con le persone a cui tieni. Ma ormai non combatto più per piacergli, lui mi fa schifo e piacere ad una persona del genere vorrebbe dire diventare simile a lui.
"Avrò preso tutto da mio padre evidentemente" non ho idea di chi sia l'uomo che mi ha messo al mondo, ma so che nominarglielo lo fa innervosire ed io non voglio altro.
"Purtroppo devo darti ragione, sei un maleducato e senza speranze come lo era lui"
Ormai le sue parole non mi fanno più alcun effetto, mi sono abituato e che lui pensi questo di me mi fa solo ridere.
"Meglio come lui, chiunque sia, che come te"
Mio nonno va verso il tavolo e si accomoda sulle sue sedie del cavolo.
"Arianna portami il caffè"
"Subito signor Visconti" e Arianna si precipita a prendere la moka con il caffè già pronto dentro.
"Sai Riccardo, sono stato anche fin troppo paziente con te, ma ormai siamo in estate e la voglia di scherzare ti passerà presto" peccato che io di scherzare non ne ho la minima intenzione.
"E che vorresti fare eh? Farmi picchiare un'altra volta dalle tue guardie del corpo per caso?" Butto il pane tostato nel piatto e mi avvicino al tavolo.
"Eccomi qua, sono prontissimo. Forza!" Allargo le braccia e lo sfido.
Mio nonno fa un ghigno che mi fa venire voglia di spaccargli la faccia.
"In effetti non mi dispiacerebbe, ma ora non ho tempo da perdere con te"
È ovvio, per lui sono solo un problema da risolvere, se ne occuperà tra una riunione di lavoro e l'altra.
"Non disturbarti a preoccuparti per me, non ne ho bisogno" decido di andarmene prima di mettergli le mani addosso.
"Hai quasi ucciso una persona, sei sicuro di non averne bisogno?"
E mio nonno è un maestro nel colpire dove fa più male. Ci tiene tanto a farmi sentire peggio di una merda e ogni volta, ogni maledetta volta, ci riesce.
Lui sa che odio quello che ho fatto, sa che odio me stesso ogni giorno per questo e sa che ho gli incubi quasi tutte le notti nel rivivere quel giorno, eppure non perde mai occasione per ricordarmelo.
"La tua preoccupazione non mi ha evitato di commettere l'errore più grande della mia vita, quindi no, non mi serve" dico fermo appena davanti la porta.
"Il nipote che ho cresciuto io non avrebbe mai osato fare quello che hai fatto tu"
Ma che diavolo stava dicendo? Il nipote che ha cresciuto? Quando mai lui mi ha cresciuto. A suon di punizioni, schiaffi ed insulti, mi ha solo aiutato a diventare il ragazzo che odio e che non voglio essere più.
"E quando mai mi avresti cresciuto tu?" Dico avvicinandomi di nuovo a lui
"Lei" indico Arianna che sta immobile appoggiata alla cucina a guardarci.
"Lei mi ha cresciuto, non tu"
"Lei ha potuto farlo grazie a me e ai soldi che le passo tutti i mesi"
Dio! Le parole di mio nonno riescono a lasciarmi sempre un senso di disgusto addosso.
Cinismo allo stato puro il suo.
"Io voglio bene a suo nipote signor Visconti" la voce di Arianna si fa sentire forte.
"Non ti intromettere tu, pensa a fare bene il tuo lavoro e anche colpa tua se mio nipote è un debole"
Arianna si zittisce all'istante ed io non mi trattengo più, vado davanti a lui e lo afferro dal collo perfetto della camicia. Gli faccio cadere la tazzina di caffè dalle mani e questa si schianta sul suo pavimento perfetto. 
"Ma perché non stai zitto, tu non sai niente. Arianna è l'unica cosa più vicina ad una famiglia che abbia mai avuto. Tu ed i tuoi soldi mi avete solo rovinato la vita" grido e non mi frega nulla di chi potrebbe sentirci.
"I miei soldi però sono quelli che ti salveranno dal finire in carcere" ghigna mio nonno.
"Non è così" lo costringo ad alzarsi in piedi "non sono finito in carcere perché il processo ancora non è iniziato  e tu non c'entri nulla" lo spingo lontano.
"L'avvocato è pagato da me, dovrai solo ringraziarmi se non passerai in carcere i prossimi anni"
"Sai che ti dico? Preferisco quello ai tuoi soldi e al tuo avvocato. Tutto è meglio che stare qui a vedere quel sorriso soddisfatto sulla tua faccia. Io ho fatto una cosa orribile e tu sei felice di potermela rinfacciare. Mi fai schifo hai capito??? Schifo!"
Mio nonno ride ancora. Ma come diavolo fa a provare gusto nel ferire le persone? Come fa ad essere così indifferente di fronte a me? Suo nipote. Sembra quasi contento di quello che ho fatto, come se avesse trovato il modo per tenermi legato a lui e a questa maledetta famiglia che odio. Non lo sopporto. Non ci riesco.

Mi muovo ancora verso di lui pronto a tirargli il pugno che si merita, ma la mano e la voce di Arianna tentano di fermarmi: "Riccardo no, non farlo per favore"
"Si nipote, stalla a sentire, ti conviene. Non vorrei mai che la tua "messa alla prova" saltasse"
Mi minaccia il caro signor Visconti, non sa fare altro, così tiene sotto controllo tutto e tutti lui.
Mi tremano le mani, le chiudo in due pugni serrati, stringo gli occhi e cerco un appiglio per non fiondarmi su di lui e picchiarlo.
"Riccardo, calmati per favore, non vorrei mai doverti perdere per uno stupido pugno"
Arianna mi accarezza il volto dolcemente e quando apro gli occhi li vedo i suoi che sono lucidi dietro gli occhiali.
Non voglio che lei stia male per colpa mia, mi è stata vicino sempre e glielo leggo in faccia il dolore che questo mio gesto potrebbe procurarle.
Apro i pugni e cerco la forza per non muovermi da dove sono.
Guardo di nuovo mio nonno e lo vedo che è scontento di me. Sperava lo picchiassi. Assurdo.
"Visto Riccardo? Sei un debole grazie a lei" e mio nonno si incammina verso la porta.
"Preferisco essere un debole come lei piuttosto che essere come te"
Mio nonno si ferma, ma non si volta.
"Dovevo immaginarlo che la sua presenza ti avrebbe fatto solo male. Avrei dovuto licenziarla tempo fa, ma d'altronde da una famiglia come la sua non potevo aspettarmi niente di diverso"
Usa un tono sprezzante mio nonno, come se non essere schifosamente ricchi come lui fosse una colpa.
Lo vedo che le sue parole feriscono Arianna ed i miei piedi vogliono muoversi da soli, ma ancora una volta lei me lo impedisce.
"Lascia stare, sono abituata ormai" e mio nonno scompare al piano di sopra.

"Arianna non dovresti permettergli di parlarti così. Lui non è nessuno per trattarti in questo modo. Nessuno!"
"Non mi importa, con gli anni ho imparato a non ascoltarlo"  mi sorride, ma so che sentirsi dire queste cose deve essere umiliante. 
"Mi dispiace, è colpa mia. Ma se vuoi andare via. Fallo! Non rinunciare per me"
Arianna torna seria e mi guarda: "Non ti lascerei mai qui da solo, tu sei come un figlio per me, ti voglio bene e le parole di tuo nonno sono solo parole e non cambieranno mai questo. Ora andiamo che è tardi"
"Grazie. E non è vero quello che dice mio nonno, tu non mi hai reso debole. Tu mi hai insegnato ad essere umano"
Arianna mi sorride e va a sistemare il casino che ho combinato per terra  prima di uscire.
Le sono grato per non avermi abbandonato, non era tenuta a farlo, noi non abbiamo un legame di sangue, ma nonostante tutto è la mia famiglia e mio nonno non me la porterà via.

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