Non voglio odiarti

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Isabella

Dopo quel giorno la mia speranza era diventata realtà, Riccardo stava lottando con me, mi aveva fatto entrare nella sua nuova vita e non voleva più che mi allontanassi, ma mi voleva lì accanto a lui.

Abbiamo pianto insieme quel giorno che mi fece leggere le lettere di suo padre, di Adriano. Lì dentro c'era tutto il loro amore negato e Riccardo si era mostrato bambino di fronte a quelle parole inaspettate ma sperate. Lo avevo stretto forte ed entrambi sapevamo che la nostra strada sarebbe stata lunga e tutta in salita, ma volevamo percorrerla insieme, perché noi eravamo più forti del mondo intorno.
Noi di mondo avevano il nostro. Quello dentro i nostri occhi.

In quei giorni che abbiamo trascorso insieme non c'erano più gli spettri del passato, Riccardo sembrava più sereno, sembrava aver trovato quello che stava cercando, riusciva ad essere se stesso e a vivere la sua età come non aveva mai fatto. E per me era così bello vederlo sorridere, giocare, amare e vivere e non potevo credere di essere stata io la molla che lo aveva "reso possibile" come diceva lui.
Ma quello che Riccardo non sapeva è che lui aveva reso possibile me.
Con le sue lacrime, il suo dolore, le sue speranze, i suoi baci, le sue mani, i suoi tocchi, i suoi occhi, quel ragazzo che non sapeva amare mi aveva insegnato l'amore. E tra le sue braccia io sono cresciuta, sono diventata più forte, lui mi ha reso così senza accorgersene. Ho capito che la perfezione non esiste, non si può amare, perché è già completa così, mentre l'imperfezione, che non ti fa mai sentire all'altezza, quella si ama e ti fa amare, perché insieme anche se imperfetti si può essere completi.
E quel giorno al mare resterà uno dei più belli che ho vissuto, lì tutto sembrava al suo posto.
Io ero dove volevo essere.
Riccardo era dove voleva essere.
E gli ho detto tutto quello che pensavo di quel maledetto incidente. Lui voleva sentirlo e io ho lasciato andare le parole nella speranza di non doverne parlare più. Non poteva cambiare ciò che era stato e ciò che era successo, ma stavamo andando avanti insieme. Noi potevamo farlo. Lui poteva farlo. E forse con il tempo si sarebbe perdonato.

Lì, su quel terrazzo, gli ho mostrato che laddove lui pensava tutto fosse finito, tutto è iniziato.
Siamo iniziati noi.
E abbracciata a lui con il sole che piano cadeva dietro l'orizzonte ci ho creduto davvero.
Ci ho creduto davvero che oltre quella linea c'era il mondo.
Il nostro.

Però niente dura per troppo tempo e quando sono tornata a casa quella sera, con il cuore che credeva di aver trovato finalmente il suo posto, trovai Adriano e Vanessa che quel cuore me lo hanno un po' spezzato. Le loro parole mi sono cadute addosso come macigni e con loro le mie lacrime, perché lo sapevo, lo sapevo che le parole che non gli avrei detto lo avrebbero portato di nuovo lontano il mio Riccardo. E ho avuto paura, più per lui che per me, perché anche se spezzata io sarei andata avanti, ma Riccardo no, lui sarebbe crollato e questa volta il mio aiuto non lo avrebbe voluto. E allora ho fatto l'unica cosa che mi dava la speranza che qualcuno accanto Riccardo lo avrebbe avuto, ho telefonato a Matteo.
Gli ho raccontato tutto quello che lui non gli avrebbe mai detto e gli ho chiesto di tornare perché suo fratello ne aveva bisogno. Ma Matteo lo aveva già capito, nelle parole di Claudio lo aveva intuito che qualcosa non andava, così lui ed Alexandria avevano anticipato il loro rientro di qualche giorno.
È così è stato, sono arrivati giusto in tempo quel maledetto giorno.

Avevo promesso a Riccardo che ci sarei stata e anche se avevo passato tutta la notte in bianco tra le lacrime, non potevo non esserci e sono andata da lui a prenderlo, ma non riuscivo a guardarlo negli occhi e lui lo ha capito che qualcosa non andava e gliel'ho letta in faccia la paura che aveva di perdere tutto quanto di nuovo, ma dentro di me speravo che sarebbe stato abbastanza forte da non crollare, da perdonarsi e perdonarmi. Non potevo essere io a dargli quella notizia, era giusto che lo facesse Adriano, suo padre.

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