Fatti felice se puoi...

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(Ciao, dico sempre che ascoltare le canzoni che ogni tanto metto è facoltativo, ma stavolta vi consiglio vivamente di farlo. Mi raccomando ;))

Arriviamo a casa di Claudio in poco tempo e per fortuna in macchina. In quest'ultimo periodo ho usato i piedi sempre per scappare e correre, non importava la meta, mi bastava solo andare lontano da casa. Oggi ho usato di nuovo i piedi, sono scappato e ho corso, ma stavolta avevo una meta anche se volevo ancora andare lontano da casa. Oggi però ho incontrato Claudio, anche lui fa parte di quel passato da cui fuggo ogni volta che i miei piedi si muovono, eppure ora che sono qui di fronte alla porta di casa Rossi i miei piedi fanno fatica a fare un passo. Ho paura, paura di non essere più quel ragazzo che qui ci è cresciuto. Ho paura di entrare in un casa che mi ha dato un affetto che ho distrutto, non perché non lo volessi ma perché lo desideravo da qualcun altro, da un padre ed una madre che non erano Claudio e Liliana. Ho paura di entrare e di confrontarmi con un me che sono stato e che non ricordo più.
Sto tentando in tutti i modi di liberarmi di ciò che ero per diventare quello che voglio essere, ma qui, di fronte a questa porta, mi rendo conto che forse quello che ero, una volta, è stato chi voglio essere.
Mi sento a pezzi, ma di fronte a questa porta mi chiedo se forse non sia naturale e necessario sentirsi così. Necessario perché questo mi consentirà di liberarmi di quei pezzi di me che odio, quelli che come dice Claudio non mi servono più.
"Riccardo dai entra! Ti sei incantato?" Con la sua domanda Claudio mi distoglie dai mie assillanti pensieri.
"No, solo che è un po' strano essere qui"
Non so se strano sia il termine adatto, ma è troppo tempo che non vengo qui e le ultime volte che l'ho fatto sono stata un emerito stronzo.
Forse ho sbagliato a tornarci.
"È passato un po' dall'ultima volta che sei stato qui"
"Sembra passata una vita in realtà"
Sono cambiate tante, troppe cose da allora. È poco più di un anno in realtà, ma un anno che mi sembra davvero una vita.
"Motivo in più per entrare. Dai vieni!" Mi mette una mano sulla spalla Claudio e mi spinge ad entrare in casa.
È tutto come me lo ricordavo. A destra della porta c'è la cucina con il tavolo in legno, mentre sulla sinistra c'è il salotto con un divano e due poltrone di velluto verde, davanti ad esse si trova un tavolino posizionato sopra un tappeto persiano il cui colore predominante e il rosso, ma non è l'unico. Attaccata alla parete di fronte c'è la TV a schermo piatto, una volta non era così grande, ma io e Matteo abbiamo passato tanti pomeriggi di pioggia a giocare qui alla play.
Sotto la Tv c'è un mobile in legno di mogano su cui sono poggiate delle cornici che contengono pezzi di vita passata.
Appena si entra si nota il corridoio che porta alle tre stanze da letto ed ai due bagni. Due di queste stanze le conosco come le mie tasche. Una è quella di Matteo, con il suo letto ad una piazza e mezza, l'armadio bianco e la scrivania piena di piccoli trofei che abbiamo vinto insieme. È la dentro che abbiamo fumato la prima sigaretta, è lì dentro che abbiamo deciso che insieme avremmo provato ad arrivare in prima squadra ed è lì che ancora bambini abbiamo stretto il nostro patto di essere fratelli per sempre.
L'altra stanza non era di nessuno, forse di un altro figlio che poi non è arrivato, ma non scorderò mai il giorno in cui quella camera è diventata la mia.

Era primavera, un giorno di maggio di quasi dieci anni fa, mi ricordo che eravamo tornati da una partita appena vinta, io e Matteo eravamo entusiasti. Claudio e Liliana mi avevano portato con loro in attesa che l'autista del nonno venisse a prendermi ed una volta arrivati a casa mi dissero che avevano una sorpresa per me. Mi portarono davanti alla porta della camera, che era accanto a quella di Matteo, e aprendo la porta mi dissero che da quel momento quella stanza sarebbe stata la mia. Ogni volta che sarei andato a trovarli avrei avuto il mio piccolo angolo di mondo dentro cui rifugiarmi. L'avevano fatta come piaceva a me, le pareti erano bianche, c'era anche una piccola scrivania in legno, il letto ad una piazza e mezza aveva le coperte del Milan che io adoravo e Matteo odiava a morte. Infine il lampadario era a forma di palla ed era arancione, sul soffitto c'erano attaccate la luna e le stelle che la notte si illuminavano per farmi compagnia. Mi piaceva guardarli, mi permettevano di sognare ad occhi aperti.
È stato uno dei giorni che credo non scorderò, perché per la prima volta mi sono sentito parte di qualcosa, per la prima volta avevo una vera famiglia, per la prima volta sapevo di essere importante, anche se allora ancora non lo sapevo che presto il vuoto lasciato dalla famiglia che non ho mai avuto mi avrebbe portato via quella che invece mi aveva voluto.

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