- Cap. 8

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"Se non ti importa dove sei
non ti sei perso."
Arthur Bloch

POV ALLIE

Arranco per i viottoli ciottolosi.
Ho raggiunto il parco vicino la scuola, trascinandomi stravolta sulle gambe.
Sento ancora il profumo del prof sui miei vestiti, lo percepisco vicino a me, tra le mie mani e contro il mio petto.
Dio, quanto male ho sentito quando si è scostato da me, quando ho percepito il suo cuore allontanarsi dal mio. Per un attimo, stretta tra le sue braccia e accarezzata dal suo sguardo allarmato, avevo creduto che tutto si sarebbe risolto al meglio. Mi ero dimenticata di quella squallida discoteca e del ragazzo sconosciuto con cui avevo raggiunto il magazzino deserto.
Singhiozzo rumorosamente, lasciandomi cadere su una panchina e allacciando le braccia attorno al busto.
"Che cosa hai fatto Allie..."
Eppure non mi era risultato difficile.
Avevo bevuto e raggiunto la felicità in mezzo alla pista, e poi, ancora elettrizzata da quella sensazione mi ero lasciata andare.
"Non so nemmeno il suo cazzo di nome..."
E non ricordo nemmeno la sua fottuta faccia. Ma a cosa importa ormai. Il vetro si è rotto e la mia filosofia con quello.
Stringo ancora di più il petto, quasi facendomi male; il freddo assale il mio corpo e non riesco nemmeno a capire da dove provenga: forse è il vento che mi provoca quella sensazione, o è il mio cuore che geme.
Scuoto la testa con violenza cercando di scacciare quel gelo; le foglie degli alberi vibrano con energia e i giardini appaiono deserti. Devono essere le nuvole e la pioggia imminente a indurre le persone a rimanere in casa.
Casa.
"Vaffanculo!" ringhio ancora gettando le spalle sulla seduta della panchina per sistemarmi distesa.
"Fancul-" non riesco a terminare la frase, un singulto mi scuote, lasciando un brivido lungo la schiena.
All'improvviso mi pento di non aver raggiunto l'infermieria insieme al professor Downey, avrei potuto riposare adesso e forse lui sarebbe rimasto accanto a me.
Ma che diavolo stai farneticando Allie?!
È il tuo cazzo di professore e poi cosa vuoi che gliene importi di te?
Già. Come a tutti gli altri.

Sento il telefono vibrare in tasca, è un miracolo che non lo abbia perso dopo tutto quello che ho fatto ieri sera.
Immagino sia George ma non ho la forza per rispondere, le braccia sono intorpidite e sento le palpebre chiudersi; e poi non avrei il coraggio di parlagli. Se venisse a sapere che sono andata con uno senza nemmeno conoscerlo mi disprezzerebbe, come tutti gli altri.
All'improvviso uno nodo allo stomaco mi rammenta cosa potrebbe accadere se i miei compagni sapessero di questa cosa. Mio Dio, non ho nemmeno il tempo di immaginarlo che i pensieri si spengono nella mia testa.

Mi sveglio di soprassalto sentendo un picchiettio sulla spalla, mi sollevo con le braccia, rendendomi conto che sono ancora sdraiata su quella fredda panchina. Cerco di mettere a fuoco la figura che torreggia davanti a me: è eccessivamente alta e longilinea, incorniciata da capelli castani raccolti in una coda.
"Davvero ti sei addormentata qui, Allie?" chiede, ridacchiando maliziosamente. Il suo tono è ispido e fastidioso, lo riconosco subito con uno sbuffo.
"Lasciami in pace, Peter!" lo spingo via, cercando di sistemarmi nuovamente sulla seduta.
"Oh oh, ieri sera non eri così scontrosa amore... cosa ti prende?"
Si siede accanto a me, accavallando le gambe con uno scatto arrogante.
Io lo fisso senza sapere cosa rispondere.
"Ieri sera?"
"Sì amore, sul retro di quel magazzino, ce la siamo spassata no?" continua, con un insopportabile ghigno.
"T- tu?"
Confusa mi copro gli occhi con entrambe le mani, sento delle lacrime scivolare sul palmo e tra le dita.
"Hey, tranquilla Allie, non lo dirò a nessuno sai? Sarà il nostro segreto..." lo sento avvicinarsi al mio collo, lascia un bacio sulla parte scoperta e poi mi cinge la vita con le braccia.
"Lasciami."
"Dio, amore, non sei impaziente di farlo di nuovo? Io sì."
"Dio, lasciami! Che orrore! È stato un fottuto sbaglio Peter! Non lo ricordo nemmeno!"
Mi scosto da lui, spingendolo con forza per allontanarlo.
"Beh, io lo ricordo bene. E tu, ricordi questo?"
Tira uno sporco sorriso, mentre con un gesto improvviso fa comparire una sigaretta tra le dita.
Un brutto spinello mal accartocciato, gonfio nel mezzo e troppo sottile alle estremità.
"No."
"Davvero? Ti era piaciuto molto..."
Lo fisso sconvolta, il sole sta tramontando dietro di noi e non riesco più a distinguere la strada.
"Stai mentendo..."
"Ti sbagli, tieni provalo."
Lo accende, facendo scintillare una fiammella tra i nostri corpi; sento il fumo nelle narici e un leggero fastidio in gola.

Il gelo mi assale accarezzando le membra. Sento solamente questo sopra i gemiti di Peter e la terra bagnata.
Porto d'istinto una mano alla bocca per coprire i singhiozzi, quasi non capisco dove sono distesa e cosa sto facendo. Non sento amore nel mio corpo, solo confusione e rabbia, ribellione nell'anima e disgusto nella mente; e poi, quella vena di piacere che esprimono le mie labbra socchiuse e infuocate, l'euforia di Peter ormai vicina e la mia persa tra i pensieri.
Serro gli occhi quando lo sento venire sopra di me: reprime un urlo e si sdraia sull'erba. Con un singulto mi copro frettolosamente, senza vedere alcuna stella nel cielo.

SPAZIO AUTRICE
DIO QUANTO FA SCHIFO QUESTO CAPITOLO...
Anyway ho pubblicato lo stesso. Nei prossimo Robert si vedrà molto di più lo prometto.
Vi prego commentate e fatemi sapere cosa ne pensate

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