"Credo che quella voce
lo prendesse maggiormente
per il suo calore fluttuante,
febbrile poiché era
oltre ogni sogno."
F. Scott FitzgeraldPOV ALLIE
"Scusami, non ti stavo ascoltando..."
Sollevo gli occhi dal frappé, puntandoli verso il cielo scuro; John Garrett, sistemato al tavolino del bar, posa il suo bicchiere smettendo di colpo di parlare e mi fissa confuso.
"Tutto bene, Allie? Sembri da un'altra parte con la mente, è accaduto qualcosa?"
Riluttante scuoto la testa, tirando un sorriso e fingendo niente.
"Puoi parlarmene se vuoi..."
"Ho avuto una conversazione con una persona, una persona a cui tengo molto e adesso... Adesso non so che cosa succederà..."
Lui annuisce, forse fingendo di comprendere le mie parole.
"E sei preoccupata?"
Oscillo con lo sguardo sul suo volto lungo e solare, gli occhi stretti e interrogativi, i capelli chiari e a spazzola: John è così carino, gentile e lontano, noioso e banale, le conversazioni con lui sono vuote e frivole e questa serata, così fredda e buia, appare proprio senza senso.
Sollevo gli angoli delle labbra con malinconia, levando le spalle e alzandomi dalla sedia.
"Scusami John, devo andare..."
"Ma- ma... E il film?"
"Scusami davvero, magari un'altra volta, mi sono ricordata che devo fare una cosa, ed è importante."
Non aspetto nemmeno una sua risposta e, a passo svelto, raggiungo il marciapiede dall'altro lato della strada.Mi avvicino al portone scuro, avvolto dal buio della sera, cerco le chiavi dietro il portaombrelli e le giro nella serratura. Il corridoio è in penombra, illuminato solamente dalla leggera luce proveniente da sotto la porta della camera del professore.
Sospiro, sentendo le mani vuote e le braccia stanche appese lungo il corpo, Downey si è rinchiuso nella sua stanza e certamente non desidera vedermi.
"Cazzo..." borbotto a bassa voce, avevo sperato di trovarlo seduto in cucina, magari con la testa immersa tra le pagine del suo libro e i gomiti poggiati sul bordo del tavolo; gli sarei andata vicino e avrei potuto parlargli, guardarlo negli occhi almeno e dare un senso al buio della casa.
Mi avvio verso il salotto, sollevando la coperta dal pavimento e accoccolandomi contro un cuscino freddo, la stoffa brucia contro le mie lacrime, appiccicando i capelli alla pelle e graffiandomi la guancia.
Soffoco un singhiozzo cercando di trattenere gli spasmi e stringendo le braccia attorno al guanciale per trovare sollievo; il corpo caldo di Robert sembra solo un ricordo, quasi stento a credere di averlo abbracciato così a lungo nelle scorse notti.
Affondo il viso e impongo alla bocca di far silenzio, mentre i pensieri corrono impazziti alle sfortune e le infelicità della vita, scandendo dolorosamente i minuti e forse le ore, in quella tremenda veglia.
Solo quando il sole sembra tramontato e sorto più volte percepisco dei passi indecisi sul tappeto, sollevo di colpo lo sguardo e scorgo una figura immobile in piedi davanti a me.
Si stringe la vestaglia in vita e, accucciandosi sul pavimento, si sporge verso di me.
"Allie... s- st- stai bene?"
Solleva lo sguardo, lasciando che la luce lunare illumini il suo triste profilo, rischiari i solchi della pelle e gli occhi spenti.
Tiro su col naso, annuendo e scostandomi il ciuffo bianco dal viso, Robert lo afferra, lisciandolo tra due dita e poi sistemandomelo dietro l'orecchio.
"È notte fonda, perché non sei venuta in camera?"
Spalanco la bocca sorpresa, muovendo freneticamente la testa senza riuscire a spiegare.
"Io- io pensavo non mi volessi..."
Lui tira un sorriso, posando il palmo sul mio ginocchio e abbassando gli occhi con un sospiro.
"Ed io pensavo ti fossi già stufata di me... ti sei già stancata, Allie?"
"No, no, Dio che cosa stai dicendo?
Come potrei stancarmi di te."
Prendo il suo mento tra le mani e lo sollevo con dolcezza, facendo scontrare i nostri occhi languidi.
"Non sono così perfetto, sai?"
"Non mi importa."
"Ho tanti difetti, sono disfattista e tendo sempre a vedere il bicchiere mezzo vuoto..."
"Non mi importa, anche io lo sono."
Tira uno sbuffo spazientito e continua.
"Sono vecchio, probabilmente più di tuo padre."
"E allora?" rispondo con una risatina.
"Cristo, ma non c'è proprio nulla che ti faccia cambiare idea eh?"
Si avvicina e me e fa scontrare i nostri petti.
"Sono il tuo professore..." bisbiglia contro la mia bocca.
Si lecca maliziosamente il labbro e continua:
"E potrei darti quattro per aver cercato di tentarmi."
Scoppio a ridere, afferrando le sue spalle e tirandolo inevitabilmente di più contro di me.
"E magari due per esserci riuscita eh, professor Downey?"
La sua espressione gelida e sensuale non muta difronte alla mia sfacciataggine, sembra scrutarmi ed analizzarmi come un trattato di Aristotele. Inclina leggermente la testa e sospira quando mi perdo a tracciare una linea immaginaria sui suoi pettorali lievemente coperti dalla vestaglia; continuo a sostenere il suo sguardo e con le mani scosto i lembi della stoffa scoprendo buona parte del suo petto ampio, accarezzandone la pelle con i polpastrelli freddi e tracciando lascivamente curve confuse.
Mi mordo il labbro e senza ripensamenti vi affondo il viso, sentendo Downey sussultare e stringere le mani sui miei fianchi.
"Allie..." getta la testa all'indietro e geme profondamente quando bacio e mordo i suoi pettorali, leccando e lasciando piccoli segni rossi sulla superficie, inspirando il suo profumo e soffiandogli sulla pelle.
Sento la sua mano infilarsi tra i miei capelli e restar bloccata tra i riccioli quando salgo fino al suo collo, accarezzando la gola con la lingua e raschiando il pizzetto tra i denti: Robert ansima con gli occhi chiusi e le labbra socchiuse, con uno scatto mi sposta la testa e sorprendendomi con la bocca aperta e bagnata mi bacia, facendo scontrare subito le nostre lingue con prepotenza, premendo i palmi dietro alla mia schiena e lasciandomi senza fiato.
Si stacca poco dopo, scosso da un violento brivido, e tenta di sollevarsi da terra.
"Cosa fai?" chiedo, ancora con la bocca impastata e lo sguardo sognante, quando noto i suoi occhi induriti e lucidi.
"I-io io non ce la faccio a trattenermi, Allie, ti prego..."
Scuoto la testa confusa e spaventata.
"Non voglio, non voglio che ti trattenga Robert, vieni qui..." afferro i suoi bicipiti e lo spingo contro di me, lui, chinato sul pavimento davanti a me, quasi barcolla sospinto dalle mie braccia.
"Resta." intreccio le dita tra il suo ciuffo, raggiungendo le sue guance ed accarezzandole con i pollici.
Il suo triste sorriso quasi svuota il mio petto, mostrandomi prepotentemente il bicchiere vuoto e il buio fuori dalla finestra.
Ma cosa cambia: se saremo felici adesso potremmo conservare almeno il ricordo di questo carpe diem, tirarlo fuori nei giorni freddi e riproporlo come eventuale cura.
"È terribilmente sbagliato, Allie..."
"Ma io lo voglio..."
Downey deglutisce, posando la fronte sul mio petto e abbandonando lo sguardo verso il basso; sembra sospirare sulla mia camicia mentre le sue mani corrono dolcemente sulle mie cosce.
"Ti prego, Robert, ti voglio."
Sobbalza lasciandosi sfuggire un gemito eccitato alle mie parole, volta la testa e schiaccia le labbra sulla stoffa tra i miei seni.
Tenta di calmarsi, dimenandosi tra i pensieri e stringendo i pugni, pochi secondi dopo però, sollevando lo sguardo, con gli occhi grandi e imploranti sembra domandarmi perdono.
"Sono tuo."SPAZIO AUTRICE
SII LO SO MI UCCIDERETE PER AVER FINITO IL CAPITOLO COSÌ
ORA POSSO DIRE:"Continua nella prossima puntata ehehe"
Mini
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Philosophy
FanfictionCosa spingeva la giovane Allie a sorridere al cielo? Forse era il desiderio di fare qualcosa di importante, di cambiare il mondo o era semplicemente la vena sarcastica della sua anima a mostrare il sorriso? E se un giorno Allie perdesse la capacità...