11. Bacio Rubato

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Sequel di "Cuore a pezzi"

Guardai fisso l'obbiettivo davanti a me e continuai a correre per raggiungerlo e sparirci dentro, lasciando, a tutte quelle persone che mi hanno fatto soffrire, la consapevolezza di avermi ucciso. Perché, si, anche se ero stata io ad entrare nel labirinto per uccidermi, loro sarebbero sempre stati la causa della mia morta. Soprattutto lui, soprattutto Newt che, con il suo sorriso e il suo umorismo, mi ha fatto innamorare così tanto di lui da morire piuttosto che non averlo. E in quel momento, cosa potevo fare? Niente, logico, se non correre verso l'unica via d'uscita: il labirinto.

-T/N!- sentì urlare il mio nome, prima di essere catapultata per terra, avvolta dai ciuffi d'erba.

-Si può sapere che caspio stai facendo?!- tuonò Newt, disteso sopra di me.
Sentì mancarmi il fiato, non aveva mai urlato con me e non era una situazione molto bella da provare. Ma, cosa ci potevo fare? Il labirinto era sempre stato la mia unica via d'uscita, il mio luogo di riposo contro le situazioni più difficili che, giorno dopo giorno, si abbattevano contro di me. Perché Newt non mi lasciava andare, quella volta? Perché non tornava dalla sua Isabella per scoprire nuove sensazioni mischiandosi l'anima a vicenda? Ma, soprattutto, perché il suo volto era così vicino al mio da poter mescolare i nostri stessi respiri? Perché mi batteva forte il cuore?
Quando lo feci, non pensai, non ragionato, semplicemente, spinta dal mio cuore e ignorando il mio cervello, unì la sua bocca alla mia, facendoci unire in un copro solo. Pensai che Isabella sarebbe venuta da noi, staccandomi da Newt e prendendomi a pugni, ma non fu così: Newt ricambiò il bacio e afferrò entrambe le mie mani, facendo intrecciare le nostre dita.
Non me ne fregava un accidente di Isabella, né di Minho che stava fangirlando mordendo il braccio a Gally. Esatto, non mi concentrai su di loro o su quella perfida di Isabella, anzi cercai di godermi il bacio finché quel momento magico finì.
Newt si staccò da me, le guance arrossate e i capelli scarmigliati a causa delle mie mani, mi lanciò uno sguardo distrutto e si girò, camminando dall'altra parte della radura, allontanandosi da me.

Era tradizione che ogni sera, io e Newt avremmo guardato le stelle che il cielo indossava. Quella notte, però, Newt non si presentò e nemmeno la sera successiva. E fu così per un mese intero. Alla fine mi arresi, consapevole che Newt mi aveva dimenticato, anche se tutti i giorni eravamo vicini, a lavorare nell'orto, e le nostre mani non smettevano di scontrarsi, per puro caso.

𝐼𝑀𝑀𝐴𝐺𝐼𝑁𝐴 - 𝑻𝒉𝒐𝒎𝒂𝒔 𝑩𝒓𝒐𝒅𝒊𝒆 𝑺𝒂𝒏𝒈𝒔𝒕𝒆𝒓 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora