Prologo: A stranger visitator to Fox River

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"Forza James, muoviti!" lo incitò per la terza volta una bambina dai lunghi capelli castani, che sventolavano ad ogni suo più agile movimento.

Il bambino correva più veloce che poteva, rallentato solo dal laccio sciolto della scarpa; non era colpa sua se ogni volta si disfava, e fu proprio questa la scusa che spiegò all'energica compagna di scuola, che per tutta risposta roteò gli enormi occhi scuri: era un giorno molto particolare per Thea, perché avrebbe finalmente conosciuto di persona suo padre e non lo avrebbe fatto di certo in un giardinetto od al parco giochi.

Aveva da sempre avuto molte domande nei suoi riguardi, alcune persino troppo 'complicate' per una bambina di soli sette anni; sperava che sarebbe stata sua madre a colmare quei vuoti, ma da quando constatò che le sole risposte che riceveva non si degnavano di mutare, se non addirittura fermarsi bruscamente in casi estremi, decise di risolvere la questione da sola.

Lo aveva organizzato da tanto tempo, ovviamente di nascosto dalla mamma: se solo avesse saputo che sua figlia si fosse recata in un carcere di massima sicurezza, dove erano rinchiusi alcuni tra i detenuti più pericolosi ed esposta a pericoli dietro l'angolo, per conoscere il proprio padre, l'avrebbe segregata in casa per tutta la vita.

Ma Thea non era dello stesso parere.

E poi, amava il pericolo, scattava in lei un innato senso di sopravvivenza o per dirla nella sua età: imparava ad arrangiarsi, a sentire quel pizzico di responsabilità pesare sulle proprie spalle.

Benché ciò che stesse per fare non fosse affatto alla sua portata, questa era l'unica anomalia nel suo comportamento e spesso motivo per il genitore di preoccuparsi ed avere i nervi a fior di pelle per la paura che potesse accaderle qualcosa di brutto, oppure che lei stessa commettesse sciocchezze.

"Sei sicuro che tua sorella ci aiuterà?"

"Certo Thea, te l'ho detto: lei lavora come guardia nella prigione" James riuscì finalmente a raggiungere la compagna, prendendo posto sul gradino del marciapiede accanto a lei, congiungendo le piccole mani da uomo.

Lì avrebbero atteso la ragazza.

Thea si lasciò scappare un sorrisetto sotto i baffi, non passando inosservata all'amichetto, che si voltò subito a guardarla: dall'espressione che aveva, non necessitò che parlasse per primo, già conoscendo l'argomento "Tua sorella è una femmina, eppure lavora in un carcere. Quindi non capisco cosa ci sia di tanto strano e pericoloso che ci vada anche io" asserì, riferendosi al disaccordo che gli aveva mostrato anche lui sul recarsi nel penitenziario.

"Il problema è che siamo bambini, Thea. Mia sorella è grande"

"Non mi risulta che i bambini non possono avere gli stessi diritti degli adulti. Siamo tutte persone, no?" replicò lei, indispettita.

"Certo che siamo persone, ma per adesso non abbiamo gli stessi diritti degli adulti, tutto qui" le parole di James erano particolarmente dettate dal timore: era abituato ad essere spesso coinvolto da Thea in situazioni alquanto bizzarre, ma mai gli era successo di doversi confrontare con la sua testardaggine per una cosa del genere, e lui non aveva tutte le risposte.

"Mi stai dicendo che solo perché mio padre è un detenuto, io non abbia il diritto di conoscerlo adesso? Se davvero hai paura, puoi benissimo tornare a casa, James, non ti ho obbligato di certo io a venire!" lei spostò gli occhi da tutt'altra parte, con le labbra imbronciate, mentre lui si alzò dal marciapiede, sbuffando impercettibilmente. 

"Nulla di tutto questo... a volte non capisco proprio come ragioni, Thea. Sembra che tu veda le cose in chissà quale altra maniera!" non osava mai contraddirla, anche perché non avrebbe ottenuto nulla se non sbattere la testa contro un muro.

How You Remind Me "Prison Break"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora