Da quando aveva ripreso conoscenza, Jeremy Hunt non aveva fatto altro che seguire le indicazioni del Capitano dell'Unità di Reclutamento sul Campo – un certo Daniel Begum, se non andava errando.
Costui era un tipo taciturno, schivo, e pareva proprio che non ascoltasse altro all'infuori delle indicazioni del Capitano della Terza Armata – il tale che lo aveva raccattato dalla zona sud del Settimo Distretto e che lo aveva fatto trasportare nel Dipartimento Medico dell'SRF senza se e senza ma. Non rispondeva a una sola domanda, non chiedeva niente se non strettamente necessario. Parlottava con il Dottor Howard e insisteva sul suo trasferimento al Campo di Addestramento.
E lo rendeva inquieto, sì, gli faceva ricordare i giorni trascorsi nelle fogne in compagnia del Colosso. Tuttavia non era tanto colpa del suo modo di fare, quanto del suo sguardo – nero come la pece, ossidiana. Sì, era dannatamente uguale a quello della feccia che abitava il sottosuolo del Settimo Distretto.
«Sei dimesso.» A dirlo non fu il Dottor Howard, né il suo piccolo assistente dai capelli rossi, ma proprio Daniel Begum. «Cambiati alla svelta e seguimi.» Non aggiunse altro, si limitò a gettare sulle coperte azzurrine quella che sarebbe stata la divisa di Jeremy Hunt – una semplice mimetica fornita dall'SRF per tutte le reclute civili.
«Alla svelta?» Jeremy sollevò un sopracciglio, quasi storse il naso in una punta di fastidio. Aveva ancora le gambe intorpidite e l'orecchio infiammato dai punti di sutura, per non parlare del bruciore assurdo che lo pungolava ogni qualvolta cercava di evacuare o anche solo sedersi. Sollevò gli occhi al cielo, incappando nell'occhiataccia di Daniel Begum, e trasalì. «Ho capito» disse. «Alla svelta, sì» ripeté acidamente. Allora mosse velocemente il braccio illeso, si tolse le coperte di dosso e serrò i denti per mettersi a sedere sul letto. Poi, tirando giù una gamba alla volta, riuscì a scendere.
«Sei lento, Hunt.»
«Sto facendo il possibile» borbottò. Avrebbe voluto prenderlo a pugni, fargli ingoiare quella lingua da saputello, magari anche cavargli gli occhi per il solo fatto che sembrassero quelli del Colosso. Eppure non lo fece, no. Deglutì, si sfilò la vestaglia di cotone grezzo e iniziò con l'infilarsi i pantaloni – perché no, non aveva alcuna intenzione di restare nudo come un verme di fronte a quello sguardo inquietante.
«Sei ancora lento, Hunt.» La voce bassa, modulata, quasi incolore. Sembrava che Daniel Begum fosse annoiato.
E a Jeremy non andava proprio giù, perciò sibilò un: «Vorrei vedere te al mio posto, testa di cazzo.» Ma non riuscì a dire altro, perché si sentì subito afferrare per il collo. E sgranò gli occhi, boccheggiò, impallidì, sentì perfino fischiare l'orecchio destro.
«Sono cresciuto nel Settimo Distretto» scandì. «Ho vissuto in una famiglia eretica delle minoranze e sono stato disassociato all'età di dodici anni.» Si fermò solo per sentirlo deglutire sotto le dita, così allentò la presa e continuò a fissarlo negli occhi senza nascondere il proprio astio. «Ho cercato di farmi notare dalla Securety Russian Forces per cinque anni, ho inviato un'infinità di segnalazioni anonime e a causa delle stesse sono stato ripescato da quelle merde che mi avevano buttato in mezzo alla strada.» Rimase in silenzio, scrutò il cipiglio crucciato di Jeremy e sibilò: «Picchiato, distrutto, umiliato per mesi...» E prese una pausa, digrignò i denti. «L'SRF ha stanato la setta per miracolo, ha sequestrato gli snuff movie, ha bloccato il traffico di minori che partiva dal seminterrato della mia fottuta famiglia e mi ha portato qui.»
Jeremy rimase senza fiato. Spalancò la bocca, provò a dire qualcosa. Ma non trovò alcuna parola e la richiuse subito, ammutolito. Fissò Daniel Begum negli occhi e provò un brivido – di compassione, forse, e di rabbia.
«A diciott'anni sono stato rimesso in piedi dal Dipartimento Medico dell'SRF e sono stato arruolato come te adesso.»
«Io...» Jeremy balbettò qualcosa, ma non riuscì neppure a scusarsi, perché Daniel Begum lo interruppe con una domanda frustrata:
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Butterfly Theorem
ActionJeremy Hunt ha perso tutto, ogni cosa: non ha un posto dove stare, tantomeno un motivo per continuare a vivere. Ma non è il né il primo né l'ultimo. Sono ancora gli anni Settanta, tuttavia sembra che le lancette del tempo si siano fermate da un pezz...