Jeremy era rimasto nell'androne del terzo piano per un tempo a dir poco indecifrabile, con il cuore in gola e la consapevolezza che non sarebbe più potuto rientrare a casa di Daniel per colpa degli ordini di Sergej. E ammetterlo gli doleva alquanto, soprattutto perché questi aveva fatto irruzione in un momento poco opportuno – o forse a quello giusto, chissà.
Aveva ancora la testa su di giri e non smetteva di massaggiarsi il collo, di mordicchiarsi le labbra.
Era la prima volta che sentiva parlare qualcuno di una retata nella zona sud, e il fatto stesso che fosse caduto dal pero come un idiota non lo rallegrava minimamente. Continuava a chiedersi se fosse stata solo una scusa campata per aria, per rabbonire Sergej, ma poi giungeva alla stessa conclusione: Daniel non era tipo da scherzare con il fuoco, non si sarebbe mai esposto tanto senza avere la certezza di un asso nella manica.
Ma quella carta, per Jeremy, era stata una vera e propria bomba.
«Cosa ci fai ancora qui?» La voce di Sergej s'indurì, fece scattare in piedi Jeremy dalla sua posizione accovacciata. «Non ti avevo forse detto di andare via?» Sibilò nella sua direzione, restringendo lo sguardo.
«Sono uscito, mi pare» rispose questi, non mancando di restare sulla difensiva. «L'ordine che mi è stato impartito non era così specifico come crede, Comandante Jackson.» Ghignò inconsciamente, sfidandolo sotto le telecamere a circuito chiuso. Tuttavia non si sentì afferrare per il collo, né colpire in alcun modo. Lo vide procedere verso l'ascensore e gli sentì dire:
«La retata è vicina, Hunt. Torna a casa tua e restaci fino a nuovo ordine.»
«Voglio parlare con lei, Comandante» sputò di soppiatto.
«Di cosa?» Schioccò la lingua con una punta di fastidio, immaginando che Jeremy volesse premere sul fattore Daniel. Ma poi dovette ricredersi, perché gli sentì dire:
«Della retata, è ovvio.»
Allora sollevò entrambe le sopracciglia, si mostrò perplesso. «Non ne hai già parlato con il Capitano Begum?»
«Appena» borbottò, mentendo sia a se stesso che a Sergej. «Ci siamo concentrati sull'AK-47 e sulle armi che avrei dovuto portare con me...»
Sergej mosse appena il braccio sinistro e, illuminato dalla luce dell'ascensore, controllò l'orario. «Ho tempo» disse. «Se vuoi possiamo parlarne da te, Hunt.»
E questi annuì, deglutì a vuoto. Con i muscoli tesi e la rabbia ancora a fior di pelle, cercò di accantonare il discorso Daniel. Farlo, tuttavia, era difficile almeno quanto guardare Sergej negli occhi e fingere di non aver mai visitato il suo scantinato. «Perfetto» assentì. Lo raggiunse nell'ascensore e, dopo aver infilato la propria chiave nella serratura giusta, premette il pulsante del quinto piano. «Grazie per avermi regalato una reggia» fece a gran voce, aprendo la porta di casa.
«Non è una reggia» lo contraddisse. «Tutti gli appartamenti dei membri dell'URC sono identici.» Si guardò attorno, notando più disordine di quanto si sarebbe aspettato – magliette, pantaloni, camicie sparse. «Ma immagino che tu non abbia mai avuto una casa del genere Hunt» disse infine.
«Il Capitano Begum è senz'altro molto più ordinato di me» fece laconico, notando il cipiglio irritato di Sergej. «Ma non ne avevo idea.»
«Ora ce l'hai.» Breve e lapidario, Sergej non aggiunse altro. Infilò le nani in tasca e si diresse a passo svelto verso il salone.
Jeremy storse le labbra in una smorfia, lo guardò e ne seguì attentamente i passi. Poi si decise a parlare, a dare fiato alla bocca con un: «Mi parli della retata, Comandante.»
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Butterfly Theorem
AçãoJeremy Hunt ha perso tutto, ogni cosa: non ha un posto dove stare, tantomeno un motivo per continuare a vivere. Ma non è il né il primo né l'ultimo. Sono ancora gli anni Settanta, tuttavia sembra che le lancette del tempo si siano fermate da un pezz...