Capitolo 9

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La Vecchia Washington era diversa, molto più silenziosa e grigia della precedente. Ma Jeremy non poteva saperlo, non ne aveva memoria. Sapeva solo che qualcuno gli aveva raccontato qualcosa al riguardo, che l'aveva descritta come ridondante di Jazz, piena di persone, di vita.

Quell'ammasso di palazzi alti e ben disposti non riusciva a reggerne il confronto, no. Tuttavia era comunque il cuore del Settimo Distretto, il centro dell'attività della Terza Armata. E il solo fatto che potesse vederla sfrecciare accanto a sé alla velocità di settanta chilometri orari lo rendeva senza fiato.

«Questo è il Poligono» dichiarò d'un tratto Daniel Begum, frenando in prossimità di un grosso edificio. Poi s'indirizzò verso il cancello, fece un cenno con il capo alla guardia e, dopo essersi introdotto nel parcheggio, accostò con la Dodge Charger a pochi metri dall'ingresso. «Ovviamente è anche l'unico disponibile, l'unico attivo» disse, precedendo qualsiasi domanda da parte di Jeremy. Infine tirò il freno a mano e aprì la portiera. Senza aggiungere altro, scese.

«Ovviamente» ripeté questi, seguendo Daniel fuori dall'auto. «Quindi è qui che si allenano i membri dell'SRF.»

«Qui ci fanno pratica» schioccò. «L'allenamento vero e proprio è un discorso marginale, teorico – dovresti averne avuto un assaggio al Campo di Addestramento del Sergente Ramsey.»

«Nessuna teoria...» Sospirò. «Avrei voluto approfondire un po' di strategia militare, ma il Sergente Ramsey si è preoccupato soltanto di sfiancare le reclute.» Gli lanciò un'occhiata di sguincio, conscio di parlare con qualcuno che conoscesse molto bene l'argomento. Ma ciò che lo sorprese non fu l'espressione apatica di Daniel, quanto più il suo ghigno amaro. «Lo sai, no?» Insistette.

«Ero retorico» disse lapidario. «E ripeto: non sono affari tuoi, Hunt» tagliò corto. Si diresse a passo svelto verso l'ingresso del Poligono e fece deglutire Jeremy. Sentì lo stridere delle sue suole alle proprie spalle e, a malincuore, fu certo di averne catturato l'attenzione. Solo allora disse: «Farai pratica con me.»

«Come?» Balbettò. Si fermò sulle scale e strabuzzò gli occhi.

«Con dei cartonati, è ovvio» precisò Daniel, lanciandogli un'occhiata divertita ed estremamente inquietante. «Non penserai davvero che io abbia intenzione di farti fuori così presto!»

Più Daniel parlava e più Jeremy deglutiva a vuoto. Erano parole ben studiate, le sue, parole letali almeno quanto le punizioni del Sergente Ramsey o le offese subite al Campo di Addestramento. Perciò serrò i denti, ringhiò un: «Credi che te lo lascerei fare, Begum?»

«Capitano Begum» lo corresse ancora. «Per te sono il Capitano Begum.»

«È uguale» bofonchiò. E ne seguì l'avanzata oltre la soglia, si sforzò di stare al passo, di non mollarlo neppure un istate. Perfino negli spogliatoi, dopo essere passato sotto il metal detector e aver suonato al pari di una campanella di Natale, continuò a guardarlo.

«Non ti hanno fermato solo perché sanno dell'impianto al gomito» borbottò laconico, indossando il giubbotto antiproiettile come protezione aggiuntiva. E lo vide perplesso, sorpreso. «Fai parte dell'SRF, no? Non hai segreti per nessuno da queste parti...» soffiò. Si assicurò la Colt alla cintura, poi si occupò dell'AK-47 e lo posizionò bene dietro le spalle. «Senza contare che il Comandante Jackson ha garantito per te questa stessa mattina.»

«C'è anche lui?» Domandò di getto Jeremy, ignorando il resto del discorso o l'arsenale da guerra che aveva dinanzi. E provò a emulare le mosse di Daniel con il giubbotto antiproiettile, sì, tentò di non essere da meno. Tuttavia lo vide avvicinarsi con aria truce e trattenne il fiato.

«Sì.» Disse soltanto questo, stringendo meglio i ganci laterali del giubbotto antiproiettile di Jeremy.

E questi fu certo di notare una certa tensione nella sua voce, nel modo spicciolo cui aveva appena tagliato il discorso. Perciò non fece domande, non aggiunse altro. Deglutì e rimase in ascolto.

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