Sergej era già sul posto. Seduto nella propria auto, in perfetta sincronia con l'andamento della missione, attendeva l'arrivo dei membri dell'URC per dare il via alle Squadre d'Assalto con gli altoparlanti. Di tanto in tanto osservava l'orologio da polso, scandiva i secondi, i minuti, e aveva come il timore di non essere raggiunto in tempo. Tuttavia dovette ricredersi quando, attraverso lo specchietto retrovisore, vide il furgone arrestare la propria avanzata a qualche metro di distanza. Così, prima ancora di rendersene conto, scattò fuori dalla vettura e imbracciò il fucile d'assalto che aveva riposto nel portabagagli.
«A due isolati da qui» disse appena, mancando di specificare altro.
Ma era la prima volta che l'URC aveva più informazioni di lui, la prima e unica. Non a caso ci fu solo il silenzio generale e qualche segno d'assenso da parte di Moore e Garner, perché Jeremy non riusciva ad abbandonare completamente la propria tensione nervosa.
«Quanti minuti?» Chiese quest'ultimo.
«Cinque.» Sergej avanzò a passo spedito, sganciando dalla cintura la propria ricetrasmittente. «Cinque minuti al via» fece.
«Ricevuto!» Gracchiò l'apparecchio.
Jeremy osservò le spalle di Srgej, provando l'impulso di assalirlo nello stesso modo cui aveva fatto con il colosso – oh, avrebbe davvero voluto troncargli la testa per chiudere la faccenda nel minor tempo possibile. Tuttavia non fece niente del genere, no, e rinserrò la presa sul proprio AK-47. «Cinque minuti» ripeté piano, conscio del fatto che l'intera URC si sarebbe mossa in tre minuti. Guardò il proprio orologio, percepì il peso delle armi di Daniel che gli gravava addosso e quello del giubbotto antiproiettile che pendeva dal fucile d'assalto fino a renderlo un po' goffo nei movimenti.
«Tenetevi pronti» disse Sergej. Il tono incolore, neutro, quasi distante. Sembrava celare qualcosa, qualcosa che Jeremy aveva inteso bene: una mossa falsa. Ma non da parte dei suoi fidati, no, da lui!
«Signorsì, Comandante» disse aspro Jeremy.
«Sicuro di essere pronto?» Chiese in un soffio, divertito, mentre sul suo viso si dipingeva un sogghigno divertito.
«Più che sicuro» confermò a mezza bocca, restringendo lo sguardo. «Anche se mi sfugge il motivo della sua decisione.»
Sergej si voltò a guardarlo con la coda dell'occhio, trovandolo crucciato. «Quale decisione?» Indagò.
«Pensavo che detestasse me, non il Capitano Begum.»
«Credi che il ruolo della capra spetti davvero a chi detesto?» lo rimbeccò. «Sbagli, Hunt.» Scosse la testa, negando il proprio odio recondito nei suoi confronti. «Spetta a chi sa gestire le proprie emozioni, a chi sa sopravvivere nelle condizioni peggiori...»
«E quindi è per questo che spetta al Capitano Begum?» Quasi non rise cinicamente per l'assurdità appena sentita. Ma schioccò la lingua, sì, perché non riuscì a trattenere il proprio cinismo: «Mi sta forse dicendo che il mio ingresso nelle fogne della Vecchia Washington era legato a questo?»
«No, in quell'occasione ho fatto una scelta diversa» ammise. «Ho preferito mandare nel sottosuolo chi già sapeva come muoversi tra i cunicoli.»
«Un topo di fogna» ironizzò Jeremy, scuotendo il capo e tornando a osservare il proprio orologio da polso. «La capisco, Comandante» mentì. Era conscio che volesse liberarsi di lui almeno quanto era conscio del fatto che in quell'occasione volesse mettere in difficoltà sia lui che Daniel.
«Non dovresti sottovalutarti...» fece Sergej, trattenendosi dal cinismo puro e semplice. «In quell'occasione hai fatto il possibile per proteggere sia te stesso che il Capitano Begum – lodevole.»
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Butterfly Theorem
ActionJeremy Hunt ha perso tutto, ogni cosa: non ha un posto dove stare, tantomeno un motivo per continuare a vivere. Ma non è il né il primo né l'ultimo. Sono ancora gli anni Settanta, tuttavia sembra che le lancette del tempo si siano fermate da un pezz...