Ezekiel si mosse soltanto in serata, dopo il calare del sole e l'innalzarsi delle tenebre. Raggiunse l'edificio dell'URC nel più totale silenzio e, attorniato dalla tanto fitta quanto tipica nebbia della Vecchia Washington, si fermò a pochi passi dall'ingresso. Le mani in tasca, il mento basso e il fermento nelle vene. Si mordicchiava l'interno delle guance e pregava di non aver azzardato troppo – perché sì, sapeva bene che la sua sola presenza lì significava rendersi partecipe di una rivolta. E il fatto che tutto ciò riguardasse il proprio tornaconto non lo aiutava nell'indecisione, anzi: lo faceva rimuginare, tentennare. Tuttavia continuava a pensare a Sergej, a Daniel, alla sua smania di dividerli definitivamente. Così, prima ancora di potersene rendere conto, varcò la soglia della hall a testa china e si sentì dire:
«Era ora!» A parlare era la strafottenza di Daniel, il suo cipiglio esageratamente crucciato e quei nervi che, a fior di pelle, non volevano proprio saperne di lasciarlo stare. «Sei in ritardo di mezzora e francamente non sapevo più cosa pensare...»
«Mi stupisce il solo fatto che tu possa pensare a me, Daniel Begum» fece. Il tono basso, lievemente canzonatorio. Si strinse appena nelle spalle, poi gli lanciò un'occhiata gelida ed eloquente.
«Sai bene a cosa mi riferisco» lo liquidò a mezza bocca, indirizzandosi a passo spedito verso la Sala Comune. «Seguimi» aggiunse ad alta voce.
«Pensavo che fosse Lem Garner ad aver ripreso il comando...» borbottò atono, quasi con tono cantilenante. «Come mai continui a dare ordini?»
«Il Capitano Garner mi ha chiesto di aspettarti nella hall» rispose spicciolo. «Quindi, come vedi, è tutto sotto controllo.»
«Già, tutto sotto controllo...» echeggiò pensieroso. Poi allungò il passo, raggiunse Daniel e si avvicinò al suo orecchio per provocarlo con un mormorio: «E le cimici? Ve ne siete già sbarazzati? Oppure avete deciso di scopare altrove?»
«A volte mi chiedo se tu riesca a comprendere lo schifo che susciti, Jenkins.»
«Chissà.» Ghignò evasivo, scostandosi con nonchalance. E lasciò a Daniel il compito di fargli strada, di varcare per primo la soglia della Sala Comune. Non aggiunse altro, non si rivolse più a lui né con una parola né con uno sguardo, ma salutò Garner con un cenno del capo e disse: «Capitano Lem Garner... Quanto tempo!» Era palese che nel suo tono di voce ci fosse un po' d'ironia, ma era altrettanto palese che questa fosse dedicata esclusivamente a Daniel e alla carica che aveva abbandonato sua sponte.
L'interpellato accennò un sorriso di circostanza. «A cosa dobbiamo questo ritardo?» Chiese, arrivando subito al punto. «Qualche ripensamento, forse?»
«Nessun ripensamento» negò Ezekiel. Scosse appena la testa, facendo spallucce in modo teatrale. «Impegni, solo impegni...» aggiunse poi.
«Impegni di che tipo?» A prendere la parola fu Jeremy. Lo sguardo tagliente, dubbioso, e le sopracciglia aggrottate. Sembrava quasi lo specchio di Daniel, sì, e il fatto stesso che non se ne accorgesse fece ridacchiare Ezekiel.
«Impegni non rilevanti» minimizzò. «Chiedo scusa per il ritardo» concluse, tornando a guardare Garner per vederlo annuire.
«Possiamo iniziare?» Domandò questi. Non attese una vera e propria risposta, ma si schiarì la voce e tornò a guardare il Dottor Howard. «Con l'appoggio che ci ha assicurato dovremmo poter ribaltare la situazione dall'interno» disse.
«Quale appoggio?» Ezekiel storse appena le labbra, si crucciò. Non capiva a cosa Garner si stesse riferendo, né perché il Dottor Howard annuisse in silenzio. E aveva una strana sensazione, un nodo in gola. Non si sentiva più così sicuro di poter procedere.
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Butterfly Theorem
ActionJeremy Hunt ha perso tutto, ogni cosa: non ha un posto dove stare, tantomeno un motivo per continuare a vivere. Ma non è il né il primo né l'ultimo. Sono ancora gli anni Settanta, tuttavia sembra che le lancette del tempo si siano fermate da un pezz...