Non voleva suscitare pietà, voleva solo essere compreso. Non accettato, compatito o guardato con occhi diversi, ma semplicemente compreso. E aveva scelto Jeremy, sì, perché gli era sempre sembrato stranamente umano, totalmente diverso dagli altri membri dell'URC e dell'SRF stessa – fatta eccezione per il Dottor Howard, ovviamente, ma per lui valeva tutt'altro discorso. Allora era riuscito a sollevare lo sguardo, a osservarlo appena, a scorgerne la sorpresa oltre la distanza che lo divideva da lui. Poi lo aveva visto tentennare, umettarsi le labbra, chinare la testa. E gli aveva sentito emettere un rantolo basso, forse un grugnito, prima di dire:
«Vuoi bere qualcosa?»
«Sì, perché no...» La gola secca e i brividi a fior di pelle. «Forse è una buona idea.»
Jeremy non rispose, non subito. Annuì e basta, ritirandosi verso il salone e raggiungendo gli alcolici posti sul piccolo piano bar. Li osservò in silenzio, con le orecchie attente, e sentì ancora frusciare la stoffa, tintinnare la cinghia della cintura di Ezekiel. Così sospirò, stappò una bottiglia intonsa di Whiskey per riempire metà di un bicchiere pulito. «Non ti ho nemmeno chiesto cosa preferisci» borbottò atono, lievemente crucciato con se stesso.
«Non fa niente.» Ezekiel echeggiò con lo stesso tono, raggiungendolo e lasciandosi servire con aria assente. Deglutì, poi si portò il bicchiere alle labbra e sorseggiò un po' di Whiskey.
Lo sguardo di Jeremy si soffermò sul tremore delle sue dita, sulle palpebre appena abbassate e quelle iridi velate di lacrime che sembravano nascondere un intero universo. Allorché si grattò la nuca, si versò da bere a sua volta e raggiunse il divano. A bassa voce disse: «Mi dispiace.»
«Di cosa?» Ezekiel rischiò quasi di strozzarsi. Arricciò il naso con stizza, osservò Jeremy e restrinse lo sguardo per serrare la presa sul bicchiere di Whiskey.
«Ho esagerato» soffiò. «Non che tu non lo abbia fatto, è ovvio... Ma forse avrei potuto evitare di sputarti in faccia.»
Ezekiel scosse la testa, ridacchiò in modo quasi gutturale. «Ah, quello!» Esclamò. «Sai, me ne ero quasi dimenticato» mentì spudoratamente e fece perfino spallucce.
Ma Jeremy non se ne accorse, no, troppo intento a osservare il fondo del proprio bicchiere ancora pieno di Whiskey. «Deduco che ci siamo feriti a vicenda» mormorò allora.
«Decisamente. Per questo non posso fartene una colpa, Jeremy Hunt...»
«Ma tu sai tutto di tutti, no? È il tuo lavoro» disse questi. «Io no. Non so niente di nessuno, perlomeno finché la gente non si degna di dirmelo direttamente.»
«Perlomeno di questo non dovresti fartene una colpa.» Sorseggiò ancora dal proprio bicchiere e si sedette a distanza di sicurezza per non infastidirlo.
«Ho sempre pensato che fossi fuori di testa...» ammise piano, passandosi una mano tra i capelli. «Che fossi un maniaco, un pazzo, un degno compagno per il Comandante Jackson.»
«E adesso?» Chiese. Sollevò perfino un sopracciglio, non riuscendo a trattenersi dal guardarlo. Osservò il suo profilo, i muscoli tesi del viso che parevano voler parlare al posto suo. «Non pensi che sia abbastanza degno?»
«Penso che anche tu abbia una brutta storia alle spalle.»
«Non cerco compassione» fece.
«Non ti sto compatendo, affatto.» Jeremy schioccò la lingua sul palato poco dopo aver sorseggiato un altro po' di Whiskey. «Penso che la tua condizione attuale ti renda vulnerabile e che ti spinga a sottovalutare il reale potenziale che c'è in te.»
«Il mio potenziale?» Ridacchiò, facendo ondeggiare il Whiskey nel bicchiere e tornando a osservarlo. «E quale sarebbe? Sentiamo...»
«Tutti abbiamo del potenziale» minimizzò Jeremy, non sapendo proprio come spiegarsi. «E tu sei un'ottima spia, malgrado il modo in cui ti sia svalutato.»
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Butterfly Theorem
ActionJeremy Hunt ha perso tutto, ogni cosa: non ha un posto dove stare, tantomeno un motivo per continuare a vivere. Ma non è il né il primo né l'ultimo. Sono ancora gli anni Settanta, tuttavia sembra che le lancette del tempo si siano fermate da un pezz...