Ormai lo aveva capito: il silenzio non prometteva nulla di buono – quantomeno nulla di convenzionale. E più Jeremy ne restava avvolto, più le sue orecchie sembravano fischiare di un suono d'allerta. Ma aveva deciso di seguire Daniel fino al Dipartimento Medico dell'SRF, aveva deciso di accertarsi del suo stato di salute e del fatto che Sergej non lo avvicinasse di soppiatto lontano dall'edificio dell'URC. Voleva scortarlo, proteggerlo, allontanarlo da quella folle fonte di guai. Tuttavia era la compagnia di Garner e Moore a gettare nuova luce sulla situazione e sul suo complesso risvolto nascosto. Per questo non poteva fare a meno di sentirsi un pesce fuor d'acqua, di guardarsi attorno, di osservare le strade che scorrevano veloci accanto alla Dodge Charger.
«Hai deciso di passare a Garner la patata bollente» esordì d'un tratto, cercando di rompere il ghiaccio. «Ti sei retrocesso tua sponte, lo hai elevato a Capitano dell'URC... Non pensi che questa sia una sorta d'insubordinazione?»
Breve e lapidario, Daniel disse: «Lo spero.» E non distolse gli occhi dal parabrezza, non si distrasse neppure per un attimo. Troppo coinvolto, troppo assorto, non riusciva a pensare ad altro che alla propria missione.
Ma per Jeremy era tutto un mistero, un grosso punto interrogativo. Non sapeva a cosa sarebbe andato incontro almeno quanto non sapeva cosa stesse passando per la testa dei membri dell'URC. «Vuoi farti pestare ancora?»
«Al contrario» replicò spicciolo. «Voglio concludere questa storia una volta per tutte, voglio mettere un punto fermo alle follie del Comandante Jackson...»
«Encomiabile» commentò Jeremy con una punta di sarcasmo. «E come credi di fare?»
«Partendo da zero, dal basso – ovviamente.»
«Ovviamente» echeggiò ben poco convinto, grattandosi la nuca. «Mi stai forse dicendo che state organizzando una rivolta intestina, Daniel?»
Questi lo guardò di sguincio, con la coda dell'occhio, ma non rispose. Storse le labbra in una smorfia, poi tornò a concentrarsi sulla strada. «Dobbiamo proprio parlarne adesso?»
«Ieri sera hai insistito tanto affinché ti dicessi cosa mi ronzasse per la testa, no?» Lo provocò appena. «Credo di avere il diritto di sapere a cosa stiamo andando incontro.»
«Nessuno ti ha costretto a seguirmi, Hunt» sputò. «Ti ho solo detto che non sei legato mani e piedi alla struttura dell'URC.»
«Pensavo che equivalesse a un sì...»
«Non ho mai detto nulla del genere, anzi. Sei sempre stato libero di fare ciò che volevi – lo hai sempre fatto.» Detto questo, Daniel si umettò le labbra. Le sentiva secche, terribilmente secche, e lo stesso discorso valeva per il palato, la lingua, la gola. Doveva ancora abituarsi ai farmaci che gli aveva prescritto il Dottor Howard, gli stessi farmaci che gli appannavano un po' la vista e che lo spingevano a sbadigliare di tanto in tanto.
«Hai sonno?» Jeremy non si trattenne dal porre quella domanda, anche perché era riuscito a contare ben quattro sbadigli da quando era salito sulla Dodge Charger di Daniel.
«Un po'» ammise a mezza bocca. «Ma credo sia colpa di quella merda che prendo...»
«Vale a dire?» Sollevò un sopracciglio con fare curioso, non riuscendo a frenare la propria curiosità. «Parli delle medicine del Dottor Howard?» Lo vide annuire, così si lasciò andare a un lieve sospiro.
«Devo ancora abituarmi, credo.»
Allorché sorrise, distolse lo sguardo per evitare di commentare in modo inappropriato. Disse semplicemente: «Immagino di sì.» E si fermò a riflettere sulla calma di Daniel, sul suo fare stranamente placido e pressoché accondiscendente, meno aggressivo – lo era nei modi, ma non nei gesti, e si poteva forse dire che fosse cambiato.
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Butterfly Theorem
ActionJeremy Hunt ha perso tutto, ogni cosa: non ha un posto dove stare, tantomeno un motivo per continuare a vivere. Ma non è il né il primo né l'ultimo. Sono ancora gli anni Settanta, tuttavia sembra che le lancette del tempo si siano fermate da un pezz...