Quella era la prima alba che vedeva in compagnia di qualcuno. Lo pensò subito, non appena socchiuse gli occhi, perché aveva la spalla indolenzita a causa del braccio che Jeremy gli aveva posto attorno al collo la sera prima. Allora si accorse di essere rimasto lì, sul divano, e che nel sonno era perfino riuscito a non sognare niente. Per un attimo benedì l'effetto del Trazodone e quello delle altre medicine che il Dottor Howard gli aveva prescritto, ma poi arrossì, mugolò e cercò di scostarsi con fare brusco, altezzoso.
«Togliti» biascicò. La voce ancora impastata, lo sguardo appannato. «Pesi, diamine...» Schioccò la lingua, poi si umettò le labbra. Con un grugnito basso, infine, riuscì a togliersi di dosso il braccio di Jeremy.
«Possibile che tu sia già di cattivo umore?» Il tono di Jeremy era tutto fuorché infastidito. Anzi, sembrava addirittura divertito.
«Per forza...» continuò Daniel, massaggiandosi la spalla. «Mi fa male tutto, non sono ancora guarito. E per di più mi dormi addosso!»
«Non ho dormito» replicò Jeremy. «Sono stato sveglio tutta la notte.»
Daniel si voltò a guardarlo con aria spossata. Trattenne uno sbadiglio, ma non poté fare a meno di socchiudere gli occhi. «E perché?» Domandò. Corrugò appena le sopracciglia, si mostrò lievemente irritato per non fare alcuna espressione perplessa.
«Volevo evitare che tornassero» soffiò l'interpellato. «Volevo evitare che ci dividessero ancora.»
Daniel batté le palpebre, socchiuse le labbra, cercò una risposta plausibile alle sue affermazioni. Tuttavia non ci riuscì. Non una frase, una parola, una replica degna. E arrossì, sì. «Che cretino» sputò.
Jeremy sorrise di rimando, mentre Daniel si alzava mollemente dal divano. «Dici?» Incalzò divertito, vedendolo annuire di profilo.
«Dico.»
«Sei senza cuore, Daniel.» Ridacchiò, venendo subito fulminato da una sua occhiataccia ancora mezza assonnata. «Ti sono stato vicino tutta la notte, ho cercato di proteggerti dal Comandante Jackson... Ed è così che mi ripaghi? Dandomi del cretino?»
«Ti fai beffe di me?» Daniel si voltò a fronteggiarlo con un sopracciglio sollevato e le braccia incrociate al petto. Sembrava proprio che non ammettesse repliche, che volesse rimetterlo nei ranghi, e in parte era davvero così. «Ti conviene smetterla prima che io decida di strapparti la lingua e fartela ingoiare.»
«Non solo di malumore» disse. «Anche aggressivo!»
«Ti sorprende?»
Jeremy scosse la testa, continuando a sorridere. «No.»
«E allora cosa?» Arricciò appena il naso, si mostrò quasi stizzito. «Perché se non ti sorprende e non vuoi prenderti gioco di me, Hunt, non capisco proprio dove tu voglia andare a parare.»
«Sei tornato a chiamarmi per cognome, Daniel?»
«Ho mai smesso, forse?» Sbuffò infastidito, non riuscendo più a sostenere tutta l'ironia di Jeremy. Allora, dopo avergli dato le spalle, si diresse a grandi falcate verso il corridoio.
«Direi di sì» borbottò Jeremy, seguendolo con lo sguardo fin quando non lo vide scomparire in camera sua. Poi sospirò, si passò una mano sul viso e ponderò l'idea di tornare in camera per dormire fuoriorario. Ciononostante, prima ancora di trovare il coraggio di formulare qualcosa del genere, sentì Daniel alzare la voce e dire:
«Da oggi preferirei che ti rivolgessi a Garner con il titolo di un tempo.»
«Sei stato retrocesso?» Jeremy sembrava incredulo, tanto che scattò in piedi e raggiunse Daniel nella sua stanza.
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Butterfly Theorem
ActionJeremy Hunt ha perso tutto, ogni cosa: non ha un posto dove stare, tantomeno un motivo per continuare a vivere. Ma non è il né il primo né l'ultimo. Sono ancora gli anni Settanta, tuttavia sembra che le lancette del tempo si siano fermate da un pezz...