Prologo

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NOTA : Primo tentativo per una long-fic lunga. Non so quanti capitoli ci saranno, vedrò man mano, immagino; in ogni caso, premetto che gli aggiornamenti non saranno molto frequenti - sì, la vita reale è un problema - ma spero di riuscire a postare un capitolo al mese, almeno. Comunque, spero possa piacervi e mantenere vivo il vostro interesse fino alla fine. Dal momento che si tratta di un AU, può essere tranquillamente letta anche da chi non ha mai visto la serie Guardian. Dita incrociate!

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  Il giardino dell'orfanotrofio era ormai circondato dalle tenebre a quell'ora tarda della sera. Due piccole figure erano sgusciate fuori dalla loro cameretta, senza far rumore. Il fratello maggiore voleva far vivere una piccola avventura alla dolce sorellina che teneva per mano.

- Fratellone, io ho freddo - si lamentò la piccolina, stretta nel suo giubbottino.

- Tieni il mio giubbotto.

  Il fratello maggiore posò premurosamente il proprio giubbotto sulle spalle della sorellina, tanto non aveva mai sofferto il freddo.

- Ho sonno - si lamentò nuovamente la piccola, - perché siamo qui? -

  Il bambino sorrise e le indicò il cielo.

- Oggi cadono le stelle. -

  La piccola gli si strinse subito vicino.

- Ma io ho paura! -

- Non averne: sono molto molto lontane, non possono arrivare fin qui. Ma se ne vedi una, esprimi un desiderio. -

- Perché? -

  Il bambino fece sedere la piccola su una delle panchine presenti in giardino e prese posto accanto a lei.

- Quando cade una stella, bisogna esprimere un desiderio che ti viene dal cuore e quello si avvererà sicuramente. -

- Oh che bello! Davvero? -

- Certo - esclamò lui, posando un dito sulle labbra, - ma non devi dirlo ad alta voce: è un segreto tra te e la stella. -

- Ok! -

  Con il nasino all'insù, la piccolina cercava, speranzosa, di vedere una scia luminosa illuminare il cielo scuro. Il fratello maggiore sedeva vicino a lei, abbracciandosi le ginocchia e osservando il manto nero. Ma non sembrava cercare le stelle cadenti, piuttosto, era come se cercasse qualcos'altro. In cuor suo, però, sapeva che non l'avrebbe trovato... Ad un certo punto, la bambina saltò su, indicando il cielo.

- Eccola, eccola! -

- Sbrigati, esprimi un desiderio! -

  Il bambino sorrise nel vedere la sorellina unire le mani, come in una preghiera e starsene in silenzio per qualche istante. Chissà cosa stava volteggiando nella sua piccola mente innocente? Il fratello maggiore sembrava più interessato a quella scenetta, che ad esprimere desideri. Quando finì, la piccola lanciò un'occhiata al fratello, spostando la testa da un lato.

- Fratellone, tu non esprimi un desiderio? -

  Il bambino sorrise.

- L'ho già fatto. -

  Non desiderava altro che la felicità per la sua piccola principessa. Ma non sarebbe stata una stella ad esaudire quel piccolo, ma importante desiderio, perché il bambino non ci credeva. Ci avrebbe pensato lui stesso a rendere felice la sua sorellina, l'unica famiglia che gli era rimasta. Non avrebbe mai permesso a nessuno di separarli.

***

- Non ci vorrà molto, prima di prenderli. Poi, torneremo alla normalità. -

  La voce di suo padre riecheggiò in salotto. Era una frase che il bambino aveva sentito spesso, ma nessuna delle volte era successo ciò che l'uomo aveva detto. C'erano sempre altre cose più importanti e mantenere la sicurezza della città - la sicurezza degli altri - veniva sempre prima di qualsiasi altra cosa. Qualsiasi. Quel bambino di otto anni poteva solo guardare da lontano le speranze della madre che si affievolivano pian piano col tempo. Il viso della donna sembrava sempre più pallido e le borse sotto gli occhi erano diventate sempre più vistose. Il piccolo la guardava sedersi di fronte alla porta scorrevole che dava sul giardino e massaggiarsi le tempie, sforzandosi di mantenere il controllo delle sue emozioni. Ogni volta che le si avvicinava, lei gli sorrideva come niente fosse, lo prendeva sulle sue ginocchia e cominciava a canticchiare. Il bambino la teneva stretta per tutta la durata della canzone, perché era l'unica cosa che poteva fare. Quando calava la notte, la donna guardava quei puntini luminosi in mezzo all'oscurità e raccontava storie fantastiche.

- Il cielo è il posto più tranquillo del mondo. Non sarebbe male viverci. -

  Il bambino spostò la testa da un lato e guardò la mamma.

- Possiamo diventare stelle? -

  La donna ricambiò lo sguardo e sorrise dolcemente.

- Certo. Prima o poi, tutti quanti andremo lassù e ci divertiremo tantissimo. -

  Fece il solletico al piccolo, che rise di gusto.

- Dici davvero? -

  La mamma annuì e il bambino saltò giù e mostrò un enorme sorriso.

- Allora, spero che diventeremo presto delle stelle, così sarai di nuovo felice! - esclamò, con determinazione.

  La donna sorrise e diede un bacio sulla sua testa, sperando, in cuor suo, che quel momento arrivasse il più tardi possibile per lui. Il problema della vita era che poteva finire in ogni momento e la cosa peggiore che si potesse fare, era quella di preoccuparsi di qualcuno che non ricambiava tale preoccupazione. Ma come succedeva spesso, questa era una cosa che si capiva solo quando era troppo tardi. Il bambino non poteva comprendere ciò che gli capitava attorno, ma la sua mamma era triste e l'unica cosa che voleva, era vederla di nuovo felice e se diventare una stella significava questo, allora sperava che accadesse il prima possibile.

- Non lasciare mai che il sorriso lasci il tuo viso, amore mio. -

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