Riunione

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----STATUS LAVORO------
----INCEPPAMENTO CARTA-----
"E no!", esclamò Elizabeth mentre al limite della pazienza, alzava gli occhi al cielo cercando un segno di conforto.
La fotocopiatrice del secondo piano era occupata così dovette scendere al primo piano, interamente dedicato alla contabilità e alle risorse umane.
Ormai, con mani tremanti a causa dell'ansia di dover consegnare i fogli prima dell'inizio della riunione, Elizabeth stava soccombendo allo sconforto.
"Calma, mantieni la calma", mormorò cercando di respirare normalmente.
Posizionò le mani sulla fotocopiatrice e fissò il suo nemico.
"Vincerò io", borbottò aprendo tutti i cassetti ed i vari pannelli per sistemare e rimuovere i fogli inceppati.
Seguì alla lettera le istruzioni che si illuminavano sul display per poi riuscire a far ripartire la stampante; per poco.
Il rumore del segnale dell'inceppamento della carta, ricominciò a suonare.
"Eh no, adesso proprio no".
"Hai bisogno di una mano?", si sentì dire Elizabeth da una voce soave, timida e delicata.
Con occhi sgranati e molto scettici, girò il capo in quella direzione.
Una ragazza dai lunghi capelli lisci castani e grandi occhiali verdi, la stava fissando con un delicato sorriso.
Elizabeth non poté far altro che sbattere le ciglia meravigliata.
Alla RMT aveva conosciuto già un po' di persone, ma tutte avevano il carattere opposto al suo.
La dolcezza di quella gentile ragazza stonava con l'ambiente circostante.
"Piacere, io mi chiamo katherin, ma tutti mi chiamano Cat!", le disse mentre sistemava i fogli nel secondo cassetto della fotocopiatrice.
"Questa fotocopiatrice accetta solo i fogli da questo preciso cassetto", disse mentre avviava le fotocopie.
"Abbiamo già segnalato il problema".
Elizabeth non poté che rispondere con il sorriso e un sincero grazie.
"Io sono Elizabeth", pronunciò porgendole la mano.
"Lo so", le rispose la ragazza. "Lavori con Claire".
"Sì".
"Anche se siamo al primo piano le notizie circolano veloci anche qui".
"Quante stampe ti mancano?"
"Cinque", contò pensando già al passaggio successivo.
"Devo creare dei fascicoli", disse sconfortata.
"Non ti preoccupare, John è il numero uno".
"John?", chiese Elizabeth curiosa.
"Sì, John è il responsabile che lavora in contabilità", specificò Katherine, "ma, accidenti, in questo momento è fuori sede, quindi ti faccio vedere io".
Nel giro di pochi minuti Elizabeth aveva fotocopiato e creato i fascicoli richiesti da Claire, ma soprattutto aveva conosciuto una nuova collega.
Impilò tutto, ringraziò infinitamente Cat e corse velocemente verso l'ascensore, con destinazione il terzo piano.
Non appena le porte dell'ascensore si aprirono, la voce di Claire rimbombò nelle sue orecchie.
"Hai finito di preparare i fascicoli?"
"Sì Claire".
"Finalmente, troppo tempo Elizabeth, troppo tempo", pronunciò seria precedendola verso la sala riunione; il viso una maschera di ferro.
"Scusami Claire, ma ho dovuto stampare al primo piano".
"Che non succeda più, intesi?"
"Certo", mormorò già esausta mentre il suo mentore posava le dita sulla maglia d'acciaio.
"Per questa volta sei stata fortunata", il tono di voce ora era delicato e quasi dolce, "Kent non è ancora arrivato".
"Si, certo. Non succederà più", rispose seguendola all'interno della sala.
Il sorriso tornò sulle labbra di Claire mentre iniziava di nuovo a parlare con Robert. Elizabeth invece, in rigoroso silenzio, posizionò i fascicoli davanti alle poltrone nere già occupate.
Tirando un sospiro di sollievo, quasi impercettibile, si sedette sulla sua poltrona ringraziando di avere quel piccolo rifugio a sua disposizione.
Prese la penna, il quaderno e ricordandosi di nuovo di respirare, iniziò ad ascoltare svogliatamente il brusio che si era scatenato, tipico degli istanti che precedono una riunione.
Il telefono nero, posizionato vicino alla postazione dell'amministratore, squillò. Robert si schiarì la voce e sorridendo, annuì prima di posare la cornetta.
"Kent sta arrivando", sentì dire Elizabeth. Una strana curiosità si impossessò di lei, che a sentire quel cognome, le ritornò in mente l'uomo con la sigaretta sotto l'ombrello.
Si sistemò meglio sulla poltroncina, accavallando le gambe, godendosi il momento. Finalmente avrebbe visto in faccia quest'uomo, l'uomo che era sempre stato una specie di fantasma per lei, sempre solo nominato.
Il brusio diminuì d'intensità come se quelle quattro singole lettere, avessero un potere sovrannaturale.
Robert dipendeva letteralmente da Kent, questo secondo Claire, ma soprattutto proprio da come l'amministratore ne parlava.
All'improvviso una figura distinta iniziò a percorrere il corridoio velocemente, puntando verso la porta di vetro.
Attraverso le vetrate non si percepivano i passi, ma si poteva vedere la sicurezza che l'uomo emanava, con i suoi movimenti delicati e decisi.
Il viso, non ancora vicino, era abbronzato con un'espressione tipica di un uomo sulla trentina o forse qualcosina di più. Un uomo sexy e ben consapevole del suo aspetto.
Il brusio era svanito mentre con le bocche chiuse e gli occhi puntati sulle vetrate, tutti ammirarono il proprio direttore entrare nella stanza.
In quel preciso momento, il cuore di Elizabeth perse un battito.
Tutto il suo sistema nervoso, che coordina le funzioni del corpo e lo mette in relazione con l'ambiente circostante, si era bloccato. I suoi organi di senso, insieme ai nervi, erano in piena crisi cognitiva.
I muscoli si erano congelati all'istante mentre l'apparato circolatorio e quello respiratorio, non davano più segni di vita.
Un vero e proprio trauma venne generato quando inconsapevole di quello che stava per succedere, grandi occhi marroni si posarono su un elegante completo blu scuro.
Non poteva essere.
Non poteva vedere quello che i suoi occhi avevano appena visto.
Kent era un fantasma? Mai ipotesi poteva essere più vera. Un fantasma che aveva tormentato Elizabeth per anni.
Incurante dell'uragano che si stava abbattendo con violenza nel corpo di una giovane donna, Kent si sedette nell'unica poltrona nera, libera.
Il suo profilo continuò ad essere ben visibile agli occhi di Elizabeth; il profilo di una persona che lei conosceva fin troppo bene.
Seduto davanti a lei non c'era nessun altro che Ryan.
Chiuse per un istante gli occhi, troppo stordita dell'accaduto, cercando di ingoiare quello che ne restava della saliva mentre sentiva la sua gola già arida. Con la testa in una fitta nebbia cercò di ripristinare la respirazione.
La voce, la sua voce identica come allora, invase di nuovo tutto il suo essere. Avvolta, ferita e in balia del destino funesto, Elizabeth non poté far altro che cercare di resistere al profondo dolore che quell'incontro, non ancora avvenuto, le aveva già procurato.
Ryan era ritornato, in carne ed ossa, a far parte della sua vita.

Spazio autrice:
Oh my God! Che cosa mi dite?? Elizabeth è inerme e disorientata. Voi come vi sentireste?

Perso di te (#Wattys2019) (completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora