37|rimediare

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📍Sochi, Russia
Settembre 2018

Esco dalla mia camera d'albergo e mi dirigo direttamente al circuito, senza passare a fare colazione.
Sono troppo felice per la giornata di ieri e molto in ansia per quella di oggi, ho lo stomaco in subbuglio e l'adrenalina a mille da quando ho conquistato la pole.
È la mia occasione per recuperare tutti i punti che ho perso ultimamente, ho l'opportunità di potermi riagganciare a Lewis e chissà, magari anche di superarlo in classifica, se la fortuna girerà dalla mia parte, cosa che ultimamente non capita spesso.

Con questa pista ho un rapporto speciale, nonostante non sia affatto una delle mie preferite, ho sempre dato il meglio di me qui, e ho sempre ottenuto grandi soddisfazioni.
Non è una pista in cui è divertente guidare, e forse è anche meno divertente per chi ci guarda, e sinceramente non ho mai capito il motivo che mi spinge a mettercela tutta, più del solito, ogni volta che gareggio qui.

Entro nel mio box sorridente come poche altre volte, e corro subito ad abbracciare Valtteri, venuto anche questa volta a vederci, che però oggi è senza Emilia, che è in Finlandia per una gara.
Saluto anche George e passo quasi tutta la mattinata a parlare con loro, ignorando completamente la pila di fogli con i dati e le telemetrie che dovrei analizzare insieme al mio ingegnere di pista.

Quando manca un'ora alla partenza, vado verso l'hospitality per cambiarmi, ma appena entro nella stanza, non ho neanche il tempo di chiudere la porta che il finlandese entra di corsa in camera.

"Alex, devo dirti una cosa." esclama, mentre io lo guardo perplessa.

"Dovresti parlare con Lewis." continua subito dopo, facendomi alzare gli occhi al cielo.

"Ne abbiamo già discusso Val, non ho intenzione di chiarire con lui.
Si è comportato come un bambino, mi ha fatta soffrire e se non fosse stato per la Ferrari a causa sua sarei anche rimasta senza sedile per l'anno prossimo.
Gli ho dato più volte la possibilità di rimediare ma lui non ha mai dimostrato di essere disposto a farlo, ormai ci ho rinunciato.
Che motivo avrei di parlargli e soprattutto di essere io ad andare da lui?
È Lewis che deve scusarsi con me, non viceversa." rispondo sbuffando, stanca di affrontare per l'ennesima volta la questione.

"Ho parlato con lui qualche giorno fa, e gli manchi.
Sa di aver sbagliato e di averti ferita, e fidati, sta male anche lui.
Si è comportato da idiota, questo lo sappiamo tutti e lo sa bene anche lui, ma tu non sai quanto vorrebbe rimediare e tornare al rapporto che avevate prima." aggiunge, cercando di convincermi.

"Se tutto ciò è vero, perché non è mai venuto a dirmelo?
Perché ha continuato a comportarsi come se fossi stata io a fargli un torto?
Perché non mi ha più rivolto la parola?
Perché non dovrebbe essere lui a fare il primo passo?" domando, sbottando e sfogandomi.
Mi sono tenuta dentro queste domande e questi pensieri per troppo tempo.

"Lo so, hai perfettamente ragione e lui non ha scusanti, ma Lewis crede che tu non voglia avere nulla a che fare con lui e che non avrebbe nessuna possibilità di farsi perdonare.
Così per mostrarsi forte ai tuoi occhi fa finta di avercela ancora con te, quando in realtà l'unica persona con cui è arrabbiato per questa storia è se stesso.
Se tu andassi da lui dicendogli di voler parlare, capirebbe di avere ancora una possibilità e fidati, farebbe di tutto pur di non sprecarla.
Tutto ciò ovviamente solo se tu sei realmente disposta a perdonarlo." esclama.
Sono veramente convinta di non voler avere più nulla a che fare con lui?
Comunque abbiamo passato tanti bei momenti insieme, e il fatto che sia pentito potrebbe cambiare le cose.
Forse dovrei dargli un'altra possibilità.

"Va bene, mi hai convinta, dopo la gara andrò a parlare con lui." continuo, mentre lui mi abbraccia, felice della mia risposta.
Poco dopo esce dalla stanza e io posso finalmente cambiarmi, per poi dirigermi verso il rettilineo, in cui tutto è già pronto per la partenza.
Entro in macchina ed indosso il casco con l'ansia a mille, consapevole del fatto che se dovessi riuscire ad arrivare alla seconda curva ancora in testa alla gara, salvo imprevisti, dovrei vincere.

Faccio un respiro profondo prima di partire per il giro di formazione, e quando ritorno sulla griglia di partenza, sono ancora più in tensione di prima.
Immagino che Lewis sarà determinato a non lasciarmi vincere e a guadagnare ancora più punti su di me, ma non gli darò vita facile.
Appena i semafori si spengono, premo sull'acceleratore e vado subito a chiudere il mio compagno di squadra per evitare il sorpasso, e riesco ad arrivare all'inizio del secondo giro ancora in testa.

"Ben fatto Alex, continua così!" esclama il mio ingengnere di pista, facendomi sorridere.
Ho la sensazione che i prossimi 51 giri saranno interminabili.
Cerco di spingere il più possibile per prendere un certo distacco da Lewis, ma stando anche attenta a non deteriorare le gomme, che già di loro non dovrebbero durare a lungo.
Infatti al dodicesimo giro sono costretta, come previsto dalla strategia di gara, a rientrare per il cambio gomme, tornando in pista comunque in prima posizione poichè nel gruppo di testa sono stata l'ultima ad effettuare la sosta.
Per più di metà gara la situazione resta tranquilla, senza intoppi, con Lewis che resta ben distante, ma quando entriamo nel 40° giro, mi accorgo che l'immagine della sua monoposto si fa sempre più presente nei miei specchietti.
Arriva a pochi metri dalla fine a meno di un secondo da me, ma con un po' di fortuna e consumando fino alla fine quel po' di gomma che mi è rimasto, riesco a concludere la gara in testa.

Non riesco a trattenere il solito urlo liberatorio, e dopo il giro d'onore e le congratulazioni del team via radio, parcheggio la monoposto sotto al podio e corro ad abbracciare George, sempre in prima fila in mezzo alla schiera di meccanici.

"Complimenti Alex, sei stata fantastica." esclama Sebastian, ancora con il casco in testa, abbracciandomi da dietro.
Mi giro verso di lui e gli cingo le braccia al collo, osservando con la coda dell'occhio Lewis, a pochi metri di distanza da noi.
Al contrario di come ha fatto ultimamente, si avvicina a me e mi stringe la mano per farmi le congratulazioni, e io non riesco a non sorridere a quel gesto.
Saliamo tutti e tre sul podio insieme, e quasi mi commuovo a sentire per l'ennesima volta l'inno olandese risuonare per tutto l'autodromo, incontrando gli occhi di Max e poi quelli di Daniel che mi osservano ricolmi di fierezza.
Dopo il solito rito dello champagne e il passaggio per la sala della conferenza stampa, prima ancora di raggiungere il mio hospitality per cambiarmi, busso a quello di Lewis.
So che è lì dentro e ho intenzione di togliermi subito il pensiero.

"Lasciatemi in pace, non sono dell'umore." urla in tono sgarbato, probabilmente arrabbiato con se stesso per non aver vinto.

"Sono Alex." rispondo, sperando che decida di aprirmi.
Pochi secondi dopo la porta si spalanca, rivelando la figura di Lewis con la tuta slacciata che accenna un lieve sorriso.

"Dobbiamo parlare." esclamo, prendendo un profondo respiro.

"Prima che tu dica qualunque cosa, voglio provare a spiegarmi." aggiunge, facendomi entrare e chiudendo la porta.

"Mi sono comportato malissimo con te, lo so.
Sono stato infantile, mi sono arrabbiato con te per cose stupide e ti ho fatto un torto che poteva costarti caro.
Ti ho ignorata e ti ho fatto stare male, ma per me non è stato facile.
All'inizio ce l'avevo davvero con te, poi mi sono reso conto di essere stato un bambino e mi sono pentito per quello che ho fatto.
Non puoi immaginare quanto io abbia sofferto e quanti notti abbia passato in bianco a pensare a quanto fossi stato un idiota.
Ci tengo a te Alex, ti voglio bene, molto più di quanto tu creda, e tutto questo tempo passato senza parlarti mi ha fatto capire quanto fossi diventata una presenza fondamentale nella mia vita.
Non voglio perderti definitivamente, e vorrei avere una seconda possibilità per dimostrartelo.
Ti prometto che farò di tutto per farmi perdonare, se vorrai permettermelo.
Voglio rimediare ai miei errori." dice tutto d'un fiato, con le lacrime agli occhi.
Resto in silenzio qualche secondo, colpita dalle sue parole e dalla sua ammissione di colpevolezza, e non riuscendo a trovare le parole per rispondergli, faccio la cosa che più mi sento di fare in questo momento: lo abbraccio.
E mentre lui mi stringe forte a sè, capisco quanto mi sia mancato.

"Mettiamoci una pietra sopra." esclamo sorridendogli dopo essermi staccata da lui.

"Ti voglio bene anch'io." aggiungo, asciugando una lacrima sfuggita al mio controllo.

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