23|perfetto

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📍Hockenheim, Germania
Luglio 2018

Stamattina ho trovato il coraggio di alzarmi dal letto solo grazie al fatto che molto probabilmente in qualifica ci sarebbe stata la pioggia, e quando piove io ho sempre una voglia matta di scendere in pista.
Ma evidentemente l'universo ce l'ha con me, visto che diluviava fino a dieci minuti fa ma ora è uscito il sole e la pista è praticamente asciutta.
Ultimamente non me ne va bene una.

Sbuffando entro in macchina, con la pioggia sarebbe stata indubbiamente a mio favore la situazione, ma le gomme montate sulla mia monoposto sono supersoft e non intermedie, ciò vuol dire che me la dovrò giocare ad armi pari.
Un minuto dopo l'inizio del Q1 esco dal box scodando scendendo in pista per il giro cronometrato, sentendo il malumore scomparire e un piccolo sorriso spuntarmi in volto.
La velocità è la miglior medicina per un pilota, è capace di curare tutto.

Senza alcuna difficoltà, considerando che ho una Mercedes sotto le gambe, passo sia la prima che la seconda fase delle qualifiche, iniziando a prepararmi poi per il Q3.
Al mio compagno di squadra non è andata altrettanto bene: è infatti andato sui cordoli con troppa velocità, e la sua W09 ha subito troppi danni per riuscire a continuare, quindi domani partirà 14°.
Le qualifiche non sono il mio forte, è risaputo, e soprattutto su questa pista non ho particolari aspettative, ma non posso partire già sconfitta, questo sport è imprevedibile e con un po' di fortuna potrei portare a casa una prima fila.
Alex, ritorna con i piedi per terra.
Una terza posizione al massimo, volendo essere generosi.

Alzo gli occhi al cielo zittendo mentalmente la voce della mia coscienza, spingendo il piede sull'acceleratore prima di partire per il giro cronometrato.
Come al solito, spengo la radio per non avere distrazioni e per concentrarmi completamente nella guida.
Sono stata l'ultima a scendere in pista, di conseguenza sarò l'ultima a concludere il giro, e questa è una situazione che cerco sempre di far verificare: riesco ad essere più rilassata e ad entrare meno in panico sapendo che tutti gli altri finiranno la sessione prima di me.

Trattengo il fiato quasi per tutto il giro, maledicendomi mentalmente per aver affrontato curva 6 frenando troppo tardi e perdendo un po' di tempo.
Mentre sono sul rettilineo del traguardo, chiudo gli occhi mentre ho il piede schiacciato sull'acceleratore, sperando che quell'errore non mi sia costato tanto.

Apro gli occhi di scatto dopo aver tagliato la linea del traguardo, e quasi mi viene un colpo quando vedo le prime tre lettere del cognome di mia madre di fianco al numero due, dietro solo al poleman Sebastian Vettel.
Parcheggio la mia monoposto alla fine del rettilineo di fianco a quella del tedesco, uscendo incredula dalla mia macchina.
Mentre mi tolgo il casco e osservo sorridendo il pilota della Ferrari che abbraccia chiunque gli capiti a tiro dalla felicità, sento una mano poggiarsi sulla mia spalla e mi volto di scatto, ritrovandomi davanti Kimi, qualificatosi terzo dietro me e il tedesco.

"Complimenti, Kumpen." esclama il finlandese, stupendomi.
È probabilmente una delle prime volte da quando sono in Formula 1 che mi rivolge la parola, e si è addirittura complimentato con me.
Sono cresciuta guardando le sue gare, e trovarmi a correre di fianco a lui e sentirmi anche dire queste cose mi fa rendere davvero conto di dove sono arrivata.
Lo ringrazio con un sorriso e vado a congratularmi con Sebastian, che riserva a me lo stesso trattamento di tutti gli altri: mi stringe in un abbraccio, aumentando ancora di più il mio sorriso.

Dopo le interviste, torno, ancora con il sorriso stampato in volto, nel box, per un breve briefing per concludere la giornata.
Ieri c'è stato l'annuncio della line-up Mercedes per il 2019, e da lì tutti all'interno del box mi trattano in modo diverso, come se fossere visibilmente dispiaciuti per me e come se facessero di tutto per non farmi pesare la cosa.
Tutti, tranne Lewis.
Il suo atteggiamento nei miei confronti non è per niente cambiato, continua ad ignorarmi e a lanciarmi occhiatacce, quando in teoria dovrei essere io a trattarlo male.

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