CAPITOLO 13

765 33 3
                                    

La nuova Capitale

Roran scostò con la mano una foglia enorme che gli sbarrava il cammino. Era umida e morbida al tatto. Fiammabianca proseguì lungo il sentiero e la foglia ritornó al suo posto colpendó Roran sulla schiena, come una frusta. Lui imprecó, ma proseguì. Dopo pochi minuti vide la luce a non più di cento metri da lui. Avanzò tra gli alberi fitti finchè essi non si diradarono, fino a raggiungere la radura. Non era tanto grande e dopo neanche un miglio la foresta dominava nuovamente il paesaggio. Alla sua destra scorreva tranquillo il Ramr e le sue anse si perdevano in lontananza, nella pianura sconfinata, fiancheggiata dalla foresta. Aveva solo un'ora per raggiungere Ilirea prima che tutto il consiglio si riunisse. Giró la testa a sinistra, per ammirare il paesaggio, spronando il cavallo, ormai sfinito, e rimase a bocca aperta: era giá arrivato. Davanti a lui c'era un immenso accampamento, ma invece di trovare gli abitanti della Capitale tra le tende, come aveva pensato subito, vide solamente nani. Cosa ci facevano lì? Erano forse stati chiamati da Nasuada per prendere parte al consiglio di guerra? E la Capitale non era stata evaquata? Poi alzò lo sguardò e restò ancora più senza parole. Ilirea si stagliava, immensa, davanti a lui, in tutto il suo splendore.

Appena lo videro le guardie gli aprirono il portone e Roran entrò nella Capitale. Era completamente diversa dall'ultima volta che l'aveva vista, più antica, ma più bella. Scese da cavallo e lo consegnò ad un soldato perchè glielo portasse nelle stalle e proseguì a piedi fino a palazzo. Gli dolevano le gambe per la lunga cavalcata. Quella notte non aveva dormito a cavallo, mentre Fiammabianca procedeva lungo il sentiero. Era un bellissimo animale, intelligente, da battaglia, ma Roran preferiva combattere a piedi, per questo lo usava solo per i lunghi viaggi. Roran si avvicinó all'immenso cancello d'avorio della cittadella e aspettò paziente che le guardie gli aprissero. Avanzò con passo veloce entró nel palazzo mentre i sei Falchineri davanti alla porta d'ingresso gli rivolgevano il saluto militare. I Falchineri erano le guardie personali di Nasuada da quando i Varden lottavano ancora contro l'Impero di Galbatorix, allora non erano molte, ma da quando era diventata Regina le sue guardie erano passate da poco più di cinquanta a quasi trecento.

Roran raggiunse le scale e inizió a salirle. I bianchi gradini di marmo erano scivolosi e dovette stare attento a non cadere. Arrivó in un corridoio bianco, molto lungo, che portava verso la sala del trono. Le torce appese lungo le pareti erano spente, si accendevano magicamente non appena il sole tramontava e si spegnevano all'alba. Roran percorse il corridoio ed entró nella sala del trono, ma non si fermò, imboccò una piccola porticina nascosta dietro ad un'enorme colonna decorata, che si trovava alle spalle del trono dorato. Iniziò a salire lungo la piccola scala a chiocciola, seguendo le indicazioni di Nasuada e si trovó nel torrione centrale. Arrivó fino in cima dove c'era un'ampia stanza con un tavolo di marmo bianco dei Beor al centro. Aveva la forma rotonda e intorno ad esso c'erano delle sedie, anch'esse bianche. Roran scrutó nella stanza e vide che c'erano solamente due persone, girate di spalle. Sembrava non si fossero ancora accorte di lui.

"Roran, quanto tempo" esclamò Arya voltandosi. Anche la Regina si voltó, e gli sorrise. Roran rimase sorpreso. Arya non era stata bandita da Alagäesia? Come aveva fatto a tornare?

"Arya? Che ci fai qui? Credevo fossi da mio cugino"

"Infatti"

"Quindi lui è..."

"Giá, sono tornato" concluse Eragon sbucando da dietro le spalle di Roran, facendolo sobbalzare.

Eragon's serie: WirdrekaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora