Capitolo 37

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Cam

Misi in moto il pick-up e lasciai il parcheggio per tornare a casa, per tutto il tragitto non feci altro che pensare a Erin e a quel bacio che mi aveva colto letteralmente di sorpresa, non potevo evitare di pensare a quanto mi facesse diventare pazzo, completamente pazzo di lei. I suoi continui sbalzi d'umore mi facevano sentire come un marinaio perso in mare in balìa delle onde, una volta calmo e subito dopo in tempesta.

Erin, per me, rappresentava proprio quello: una tempesta.

Un mare sempre in movimento e in continuo mutamento, non c'era stata una sola volta che riuscii a prevedere o, anche solo, a percepire quale pensiero le affollasse la mente.

Era il mio salto nel buio, il mio azzardo.

Nonostante potesse essere pericoloso, nonostante potessi restare intrappolato in quel maremoto, mi sarei lasciato trascinare nell'oscurità dei suoi potenti flutti a costo della mia vita.

Parcheggiai di fronte al vialetto dell'appartamento, lanciai un'occhiata alle finestre mentre mi avvicinavo all'entrata. Era tutto spento, quindi dedussi che Travis non fosse in casa, aprii la porta e un rumore di spari mi investì. Sbuffai alzando gli occhi al cielo, richiusi la porta alle mie spalle e avanzai nel salotto.

La televisione era accesa, il ritmo incessante di una guerra apocalittica scorreva velocemente sullo schermo. Travis era stravaccato sul divano, i piedi appoggiati al tavolino di fronte, l'attenzione rivolta totalmente al gioco, le dita si muovevano rapide sui tasti del joystick. Mi avvicinai al divano fino a lasciarmi cadere accanto a Travis che non si smosse di un centimetro.

Lo guardai con la coda dell'occhio, aveva un'espressione troppo seria rispetto al solito, la mascella contratta, i lineamenti tesi. Qualcosa mi suggerì che la causa era ben lontana dal fatto che fosse tutt'altro che un fenomeno a quel gioco, anzi. Mi protesi verso il tavolo e afferrai una lattina di birra chiusa notando con mio disappunto che ce ne erano almeno altre sei aperte e, molto probabilmente, vuote una accanto all'altra.

No, decisamente qualcosa non andava. A Travis piaceva bere, inutile negarlo, ma non era da lui starsene incollato a casa sul divano di fronte alla televisione a giocare con la playstation senza entusiasmo.

Mi tirai indietro appoggiando la schiena contro il morbido schienale del divano, quindi buttai giù un lungo sorso di birra.

<< Non ce l'ho fatta. >> disse con un tono piatto.

Voltai appena la testa per guardarlo, poi tornai a fissare il televisore dove un paio di soldati sbucarono fuori da dietro ad un masso per attaccarlo ma, con due rapidi gesti delle dita sui tasti, Travis li fece fuori.

<< A cosa ti riferisci? >> domandai portandomi di nuovo la lattina alle labbra.

Travis diresse il suo personaggio in mezzo ad un piazzale pieno zeppo di soldati nemici che, appena lo videro, cominciarono a sparargli contro a più non posso, pochi istanti dopo, la scritta "game over" si stagliò enorme al centro dello schermo segnando la fine della partita. Travis sbuffò e lasciò cadere il joystick sul divano, quindi gettò la testa all'indietro fissando gli occhi sul soffitto.

<< Alla professoressa. >> spiegò sempre con lo stesso tono di un attimo prima.

Storsi la bocca ricordandomi di quell'insulsa scommessa e di quanto Travis fosse intenzionato a portarla avanti fino alla fine e vincerla. In altre circostanze, l'idea che non fosse riuscito a portarsi a letto una ragazza mi avrebbe fatto ridere, ma non questa volta.

Mi mancava un pezzo del quadro generale, un tassello per completare il puzzle e capire davvero la causa dell'angoscia impressa nel suo volto che era tutt'altro che usuale.

<< Mi sono tirato indietro come un bamboccio. >> ammise ridendo di se stesso.

Lo guardai sempre più confuso. No, decisamente, il ragazzo seduto accanto a me con la faccia da cane bastonato non era il Travis che conoscevo da una vita e che mi irritava a morte, dovevano averlo clonato e sostituito mentre ero via, non c'era altra spiegazione logica.

<< Che vuoi dire? >> mi limitai a chiedergli.

<< Ieri sera ci siamo visti in biblioteca per concludere il programma, poi l'ho accompagnata a casa e mi ha invitato ad entrare per un caffè. Ce l'avevo in pugno, lo vedevo da come mi guardava, da come mi parlava, dovevo solo fare l'ultima mossa e avrei dichiarato scatto matto, ma non l'ho fatto. >> ammise. << Me ne sono andato senza nemmeno entrare. >>

Quella sua confessione mi strappò un sorriso nonostante non riuscii a crederci fino in fondo o, meglio, non la credevo davvero possibile.

<< Non so perché l'ho fatto. >> continuò portando le mani dietro la nuca.

<< Lo sai invece. >> osservai sollevando un sopracciglio, tutti i pezzi del puzzle iniziarono ad andare al proprio posto. << Solo che non vuoi ammetterlo. >> dissi rigirandomi la lattina tra le mani, lo sguardo fisso su di essa.

Travis annuì lasciando andare un profondo sospiro. << Anche se lo ammettessi a me stesso non cambierebbe nulla, ormai è troppo tardi e non c'è altro che possa fare. >>

<< Non è mai troppo tardi. >> replicai.

<< Sono stato un tale idiota a credere di potermene fregare, di poter far finta di niente, ma non ci riesco. >>

<< Potresti sempre rimediare. >>

Scosse la testa sporgendosi in avanti fino a poggiare i gomiti sulle gambe. << Ho paura, Cam. Paura di soffrire, paura di rimanerne deluso. Ho terribilmente paura di lasciarla entrare. >>

<< Sei così cieco da non esserti accorto che gliel'hai già permesso? >>

Gli occhi confusi e angosciati di Travis si puntarono nei miei, la mascella contratta e l'indecisione nello sguardo mi lasciarono intendere che ancora stava lottando contro se stesso per non ammettere ciò che era ovvio.

<< Dovresti dirglielo. >>

<< Dirle cosa? >>>

Gli lanciai un'occhiataccia di sbieco e lui rise.

<< Non posso, sembra felice con quel cameriere. >>

<< Quindi? >>

Si strinse nelle spalle afferrando un'altra birra, l'aprì e se la portò alle labbra buttandone giù due lunghi sorsi.

<< Diglielo e basta. >> sentenziai sorridendo.

<< Mi ucciderà. >> rise divertito.

<< Poco ma sicuro. >> concordai unendomi a lui.

<< Quella strega è perfida! >> ironizzò.

Sorrisi notando una luce brillargli negli occhi, lo sguardo carico di quel sentimento che avrebbe spaventato chiunque perché sconosciuto e in costante mutamento da sembrare sempre nuovo. 

La ragazza con il cuore di lattaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora