Capitolo 49

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Cam

Riaprii gli occhi dopo chissà quanto tempo, un forte dolore mi martellava in testa, mi sentivo indolenzito e privo di ogni tipo di forze. Provai ad alzarmi ignorando la fitta dietro la spalla, poi mi guardai intorno rendendomi conto che non ero più steso a terra, bensì sdraiato sul divano, la stanza era tornata splendente. Sbuffai preso dalla voglia di spaccare di nuovo tutto quanto, solo in quel momento mi accorsi che Travis e Sky erano ancora lì. Lei era seduta al tavolo, la testa china, i gomiti poggiati sulla superficie di legno, le mani sospese in aria unite come in una sorta di preghiera; lui faceva incessantemente avanti e indietro davanti alla finestra come uno yo-yo.

Cercai di alzarmi lasciandomi scappare un gemito di dolore quando riuscii a mettermi in piedi nonostante sentissi le gambe instabili e, in un attimo, quattro occhi si puntarono su di me. Gli lanciai un'occhiata furtiva, mi sentivo in colpa per quanto era successo poco prima, ma ero ancora incazzato per riuscire a rivolgergli delle sincere scuse. Poi, mentre iniziai a camminare, notai il viso di Sky rigato dalle lacrime e mi sentii un vero stronzo ma, anche questo, non mi portò a scusarmi.

<< Cam. >> mormorò lei scattando in piedi.

Ovviamente, non le risposi.

<< Cam, devo parlarti. >>

<< Non voglio ascoltarti. >> risposi continuando a camminare.

<< È importante! >> alzò il tono della voce ma anche il velo di ansia che percepii non mi spinse a fermarmi.

Percorsi velocemente il corridoio e mi fiondai in camera sbattendo la porta. Mi guardai intorno, le pareti grigio chiare sembravano ristringersi intorno a me, odiavo quella stanza, non avrei dovuto provare quel sentimento ma era così. O, almeno, lo era da quando Erin mi aveva lasciato. Diedi una rapida occhiata alle macerie sparse sul pavimento e mi convinsi ad andare a fare una doccia.

Rimasi appoggiato al lavandino con lo sguardo basso per un'eternità, la testa mi faceva un male pazzesco, arrivai persino a pensare che potesse esplodermi da un momento all'altro. Tirai un profondo respiro drizzando la schiena, presi la lametta e, velocemente, mi feci la barba che negli ultimi giorni avevo lasciato crescere fin troppo, poi mi tolsi i vestiti lanciandoli nel cestino della biancheria sporca ed entrai in doccia aprendo al massimo l'acqua fredda. Promemoria per quando avrei finito era cercare almeno un quintale di pillole per il mal di testa. E poi, dopo? Cosa avrei fatto? Potevo tornare sul divano facendomi invadere dal niente e lasciarmi andare, oppure uscire da quel buco di appartamento per prendere una boccata d'aria. Tutto era un punto interrogativo.

Immobile sotto il getto, lasciai che l'acqua portasse via le tracce di sangue che avevo ancora sul viso. Ripensai a quanto successo prima con Travis e Sky, ripensai a tutta la rabbia che mi aveva invaso impedendomi di pensare e facendomi agire al peggio.

Scossi dalla testa per cacciare ogni pensiero e, con una punta di irritazione, uscii dalla doccia e andai a vestirmi in camera nella speranza di trovare qualcosa che fosse sopravvissuto alla follia che si era impadronita di me qualche giorno prima.

Mi vestii in un paio di minuti, quindi tornai in sala con la precisa intenzione di prendere un'altra birra e riappropriarmi del divano. La tensione che sentii nell'aria quando raggiunsi Travis e Sky era palpabile, si sarebbe potuta tagliare con un coltello.

Sky era al telefono, batteva nervosamente un piede a terra mentre si torturava le dita con i denti, gli occhi gonfi e le guance rigate dal mascara. L'espressione che aveva sul viso in quel momento fu peggio di un pugno allo stomaco anche se non ne sapevo la causa. Mi voltai verso Travis che continuava a fare avanti e indietro, anche lui armeggiava nervosamente col telefono. Quel quadro stava facendo innervosire anche me, così mi diressi in cucina per assolvere al mio intento.

La ragazza con il cuore di lattaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora