FALSE MOVE (PARTE UNO)

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Proprio come ho detto a James, arriva sempre il momento in cui una persona commette un passo falso, peccando di presunzione, e nel mio caso accade con l'ultima ragazza che riesco a condurre, con l'inganno, dentro al vecchio fienile.

Quando entro nell'edificio, ed accendo le luci, per concludere il lavoro, la trovo completamente immobile, legata al palo e con la testa reclinata in avanti; non mi preoccupo di controllarle il battito del cuore, e ne pago le conseguenze quando la slego e ricevo un calcio nel basso inguine, che mi fa crollare a terra con un gemito di dolore.

Riesco a rialzarmi a fatica ed a inseguire la ragazzina fuori dal capannone, ma è molto più veloce di me, ed il buio e il dolore pulsante mi fanno perdere definitivamente le sue tracce.

"Cazzo, cazzo..." ripeto, guardandomi attorno, senza riuscire a trovarla; mi passo entrambe le mani tra i capelli e torno dentro.

Raccolgo la pala, il sacchetto di plastica nera, la catena e li nascondo in un angolo, coprendoli con della paglia secca; torno a casa correndo e, quando entro in camera, prendo i primi vestiti che mi capitano tra le mani e li infilo dentro uno zaino, lo stesso che ho portato con me a Donaldson.

La confusione, il rumore e le imprecazioni che continuo a mormorare svegliano James, che mi rivolge uno sguardo assonnato e confuso.

"Teddy, è notte fonda. Si può sapere che diavolo stai facendo?"

"C'è stata un'emergenza a lavoro. Qualcuno ha fatto scattare l'allarme"

"Davvero? Vuoi che ti accompagno?"

"No, no... Il mio Capo ha avvertito già un altro ragazzo, non ti preoccupare, sono sicuro che si tratta di una sciocchezza. Magari è un semplice cortocircuito" mento, nascondendo lo zaino dietro la schiena, Jimmy crede ciecamente alle mie parole e si sdraia nuovamente sul materasso, voltandomi le spalle.

"D'accordo, come vuoi tu. Fa attenzione, potrebbe essere pericoloso"

"Non ti preoccupare, andrà tutto bene" rispondo, prima di uscire dalla stanza.

Scendo nel garage, salgo in macchina, ma imbocco una strada completamente diversa da quella che porta al fast-food in cui lavoro, e dopo una decina di minuti supero il cartellone che dà il benvenuto a Conecuh County ai turisti.

La ragazzina che è riuscita a scappare non conosce il mio nome, ma ha visto perfettamente il mio viso, ed a quest'ora potrebbe già essere alla centrale di polizia a fornire un identikit dettagliato: proprio per questo motivo non posso restare nella città in cui sono nato e cresciuto, voglio risparmiare a mia zia ed a mio cugino il dolore di aprire la porta di casa e vedere degli agenti a cui è stato affidato il compito di arrestarmi.

La vista mi si annebbia a causa delle lacrime, ma riesco a ricacciarle indietro appena in tempo, perché adesso devo rimanere concentrato per cercare un posto sicuro dove trascorrere la notte.

E per decidere del mio futuro.



Trascorro la notte ed i quattro giorni seguenti nella camera di un motel: non esco mai, se non per comprare qualcosa da mettere sotto i denti, e non accendo la TV, perché ho il terrore di quello che potrei sentire.

Di quello che sicuramente sentirei a qualche notiziario o a qualche edizione straordinaria di un telegiornale.

Passo l'ennesima giornata rannicchiato sul materasso cigolante, con le ginocchia strette al petto, senza avere la minima idea di cosa fare: so che dovrei cercare un posto lontano dove ricominciare una nuova vita con una nuova identità, ma ciò significherebbe abbandonare per sempre Meg e Jimmy, ed io non mi sento pronto a compiere un simile passo.

Anche se è la cosa più giusta da fare.

Mi sento intrappolato in una prigione priva di finestre e di sbarre, dalla quale non posso uscire.

Questa terribile sensazione dura fino al momento in cui qualcuno bussa alla porta della mia stanza: due colpi, e poi cala nuovamente il silenzio assoluto, ma io so che dall'altra parte c'è una persona, o forse più, che sta aspettando solo che mi affacci.

Esito qualche secondo prima di avvicinarmi e domandare allo sconosciuto di identificarsi; con mia sorpresa risponde una voce femminile, giovane, che appartiene ad una donna delle pulizie.

"Devo cambiare le lenzuola, signore. Farò presto, non le recherò alcun disturbo".

Sorrido, tra me e me, per l'inutile preoccupazione e poi apro la porta, togliendo la sicura, dandomi mentalmente dello stupido per i nervi che ho sempre a fior di pelle.

Non so esattamente come succede, ma nello stesso momento in cui indietreggio di un passo per far entrare la donna delle pulizie, mi ritrovo a terra, con il basso inguine che pulsa dolorosamente, e con la canna di una pistola puntata a pochi centimetri dal mio viso; sbatto più volte le palpebre, a causa della vista offuscata, e quando riesco a mettere a fuoco la stanza attorno a me, vedo una donna, bionda, che indossa un completo nero.

Senza spostare l'arma, fruga all'intero di una tasca dei pantaloni e tira fuori un distintivo.

"Agente Jones" dice, in tono freddo, presentandosi "Theodore Bagwell, sei in arresto per rapimento, stupro e tentato omicidio. Tutto quello che dirai potrà essere usato contro di te".

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