Chiarimenti.

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Emma.
Tornai a casa e Irama, fortunatamente, mi venne ad aprire, ma senza dire nulla.
Appena entrai la sbatté la porta e si buttò sul divano, ignorandomi.

E: Ciao anche a te - dissi fredda.
F: Stai zitta Emma.
Rimasi a bocca aperta.
E: Dovrei essere io l'incazzata - precisai.
F: Io ti voglio aiutare ad integrarti e tu che fai? Prendi e te ne vai? - mi domandò guardandomi negli occhi.
E: Dici di volermi aiutare ma poi dici ai tuoi amici altro - non rispose e così ripresi, parlai involontariamente in inglese, ero veramente nervosa e la calma che mi aveva trasmesso Simone poco prima gia non mi apparteneva più - I've never asked you to go out with your friends, it didn't seem you wanted to help me.
F: Non è questione di non volerti aiutare, è questione che a te non frega un cazzo del mio aiuto! - urlò.
E: No, a me importa eccome!
F: E fallo vedere allora, cazzo!
Sembrava sempre più arrabbiato.
E: Simone mi capisce più di te e nemmeno mi conosce! Cerca di capire che non è facile per me iniziare una nuova vita qui - mi calmai.
F: Simone qua, Simone là. Ma che c'entra Emma? Lascialo stare per una volta ma che ti prende?
E: Nulla! Solo che è l'unico che prova ad aiutarmi oltre la zia - dissi sincera.
F: Lui ha detto le stesse cose mie, ricordi o ti devo rinfrescare la memoria?
E: Almeno lui è venuto da me quando stavo male! - ancora una volta restò in silenzio e questo mi diede un fastidio atroce - you can't understand.

Sbuffai salendo velocemente le scale e sentii i sui passi dietro di me.
Cosa non capisci del discorso?
F: Emma aspetta! - disse afferrandomi il polso.
E: Ma aspetta cosa? Ma ti rendi conto di quello che è successo? Io ora ho solo te! Sei l'unico sul quale conto, l'unico che dice di capirmi e di volermi aiutare, ma a me non sembra! Non sei obbligato ad essere mio amico, puoi anche farmi solo da cugino - dissi delusa.
F: Ma io lo voglio davvero! - cercò di difendersi, ma per me era già tutto fin troppo chiaro.
E: No, you don't. Leave me alone.
Liberai il mio braccio dalla sua forte presa e mi chiusi in camera.

Mi aveva veramente ferita, non ci volevo credere.
Non era facile distaccarsi dalla famiglia per me. Mi resi conto che, probabilmente, stavo affrontando una cosa più grande di me. Avevo fiducia in me stessa e pensavo di poter prendere le redini della mia vita è di farne ciò che volevo, ma in quel momento tutto sembrava andare a rotoli, ero appena arrivata e stavo già passando dei giorni orribili.

Quella notte non feci altro che piangere e, oltre al sentirmi male moralmente, fisicamente non ero al top. Avevo un mal di testa fortissimo e con le ore iniziai a sentirmi anche la febbre.
Mi addormentai tardissimo con le lacrime agli occhi.

Quando mi svegliai scesi per fare colazione e avevo l'intenzione di parlare con Filippo.
Mi ero resa conto che la sera precedente avevo urlato fin troppo e avrei dovuto tenere una conversazione più calma in modo da ragionare correttamente. Anche se ero convinta di essere dalla parte della ragione non riuscivo a stare lontana da mio cugino, volevo risolvere.
Era sempre stato un mio punto debole, volevo sempre dare una seconda possibilità.
Le mie aspettative vennero deluse vedendo che in casa c'ero solo io e, così, decisi di mandargli un messaggio.

A Fil:
Hi Fil, quando torni?

Ricevetti dopo poco una risposta, sarebbe tornato per l'ora di pranzo.

Durante la mattinata mi arrivarono anche dei messaggi di Simone, voleva sapere come stavo e questo mi rallegrò un po'. A quanto pare a qualcuno importava di me.
Non feci altro che ripetermi nella testa le cose che avrei dovuto dire ad Irama, ma quando lo vidi entrare in casa quasi mi si fermò il cuore è tutto ciò a cui avevo pensato sembrò scomparire.

E: Ciao - mi limitai a dire.
F: Ehi.
Calò immediatamente un imbarazzante silenzio e, per qualche secondo, il tempo sembrava non passare mai.
Improvvisamente entrambi iniziammo a parlare ma decisi di ascoltarlo, io potevo aspettare.
F: Scusa per ieri, ho sbagliato. Voglio veramente aiutarti Emma, non ti ho mai vista solo come una cugina, lo sai che sei un'amica per me. Nonostante la distanza ti ho sempre voluto bene - disse sincero.
E: Tranquillo, anzi scusami tu, non avrei dovuto alzare la voce.
F: Invece avevi perfettamente ragione ma ti prego, non parlare più in inglese che non capisco un cazzo - sdrammatizzò la situazione.
Scoppiai a ridere, era il Filippo che conoscevo io.
F: Ti spiace se viene Biondo? - mi chiese dopo un po'.
E: È uguale - risposi sincera.

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