Solo amici.

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Emma.
Dopo aver cercato Simone ovunque, capii dove poterlo trovare.
Finora ero andata in ogni posto possibile ed immaginabile: nel suo locale preferito, al parco, alla palestra che frequentava, a casa di suo padre che trovai vuota e a casa di sua madre, dove sua sorella mi disse che era uscito già da qualche ora.
Mi si illuminò la mente e capii tutto.
Era andato sicuramente in quella sala giochi dove mi aveva portata poco tempo prima, diceva di andare lì quando voleva stare solo e liberare la mente.

Quando raggiunsi quel locale, entrai ed andai in tutte le sale da biliardo esistenti in quel piccolo luogo, alla fine lo trovai. Stava sorseggiando una birra mentre faceva qualche tiro a biliardo.
E: Pensavo che si giocasse in due a biliardo! - esclamai.
Appena lui sentì la mia voce restò stupito, alzò la testa guardandomi sorpreso per poi salutarmi.
S: E io pensavo che tu non volessi avere nulla a che fare con me.
E: Forse non lo pensavo davvero, ti lascio con il dubbio - scherzai.

Andai vicino a lui e, prima che potesse dire qualcosa, lo abbracciai. Affondai la mia testa nel suo petto mentre le mie braccia si tenevano strette al suo torace provando una bellissima sensazione quando sentii le sue mani stringermi a loro volta.
Mi mancava davvero.
E: Scusa, mi sono comportata da stupida - dissi sincera.
S: Non ti preoccupare.
E: Tutto come prima?
S: Sì. Almeno hai iniziato a fare pratica - disse lasciandomi con un espressione interrogativa sul volto - intendo a scusarti, spesso farai la stupida quindi questa è solo la prima delle tante scuse future - mi derise.
E: Ah ah - dissi facendo una finta risata - che simpatico! Non mi sfidare - proseguii dandogli un pungetto sulla spalla.
S: A cosa? - domandò divertito.
E: In generale, non sfidarmi in nulla perché perderesti - dissi con un tono da vanitosa incrociando al petto le braccia.
S: Come se tu potessi vincere a biliardo! - mi rise in faccia.
E: Questo non vale, ma facciamo una partita.

E: Era scontato che vincessi tu - dissi alla fine.
B: Non sfidarmi in nulla perché perderesti - mi fece il verso - Vuoi andare a casa? È un po' tardi.
E: Va bene ma promettimi che appena arriviamo facciamo una cosa.
S: Spara! - disse pronto ad ascoltarmi.
E: Dobbiamo parlare con Fil - dissi sospirando.
In cambio ebbi una smorfia di disappunto.
È anche normale visto come l'aveva trattato, ma so che Simone teneva veramente tanto a lui e non vedeva l'ora di risolvere, non persi tempo a dirglielo.
S: Lo so Emmì, ma so anche che mi urlerà addosso ancora.
E: Deve capirlo una volta per tutte, non c'è nulla di male. Alla fine siamo solo amici, no?
S: Solo amici -rispose con un sorriso compiaciuto.

Tornammo a casa e, con me, entrò anche il romano.
Filippo appena ci vide soffocò una risata da sbruffone, quanto avrei voluto pigliarlo a sberle!
E: Dobbiamo parlare - iniziai io con il biondino.
F: E di cosa?
S: Non possiamo andare avanti così fra'! Perché te la prendi che non c'è nulla? Lo sai anche tu - esclamò sincero.
E: Non ha senso il tuo comportamento.
F: Non c'è nulla? Ma se Emma mi aveva detto che non parlavate nemmeno più e ora piombate qui assieme?
Ma cosa centra?
E: Esatto, hai ragione perché ti avevo detto così, ma oggi mi sono scusata con lui perché era inutile perdere un'amicizia per niente.
S: Non vogliamo perdere nemmeno la tua, per questo ti chiediamo scusa, ma veramente non c'è nulla tra me ed Emma - concluse lui posando un braccio sulla mia spalla e attirandomi di più a sé.
F: Come l'ultima volta Bio? Ti avevo detto di non provarci ma poi che è successo? - lo guardò male.
E: Gli avevi detto di non provarci con me? - urlai incazzata - Ma che problemi hai Filippo? Ma chi voleva provarci? - proseguii.
S: Calmati Emma - mi sussurro per tranquillizzarmi.

Come potevo farlo? Non sapevo nulla di questa cosa. Sono un burattino? I ragazzi possono provarci con me solo con il consenso di mio cugino? Ma poi Simone non ci avrebbe mai provato!
F: Sì, Emma, gliel'ho detto perché tu gli stavi sempre addosso e non volevo che lui avesse impicci con mia cugina! - urlò lui.
E: Siamo sempre stati solo amici - replicai marcando le ultime due parole.
S: Non ci avrei mai provato, ma non è questo il punto. Emma calmati dai - mi sorriseZ
E: Ma come faccio a calmarmi? Non sono un burattino!
F: Ammettilo che non vedevi l'ora di scopartelo - ribatté Irama.
S: Adesso basta Fil, esageri - mi difese Simone.
Menomale che ci sei tu.
E: Sono stata io a baciarlo - dissi facendo tacere tutti, non sapevo nemmeno io perché l'avevo detto - Lui ha solo ricambiato. Ma non importa Filippo, è passato e l'abbiamo fatto solo perché eravamo in un momento dove non sapevamo cosa volevamo.
F: A Malta hai Kenau - disse facendo aumentare i miei sensi di colpa.
S: Penso gliel'abbia già detto, non inferire - disse per difendermi un'altra volta, ma invano. Non l'avevo fatto, non meritavo le sue difese.

Abbassai la testa imbarazzata, mi facevo schifo da sola.
E: Lo farò - aggiunsi - ma questo non ti riguarda, Filippo.
Riguardava me, il mio ragazzo e in parte Simone, Irama non centrava proprio nulla.
E: E io che volevo risolvere con te - dissi mentre una lacrima mi rigava il viso - Tu mi tratti da bambina, come se avessi bisogno di qualcuno che comandi la mia vita sempre. Come ti permetti di dire a qualcuno se può provarci con me o no? - dissi calma, ma dentro di me non lo ero. La rabbia ribolliva - non lo dico perché è Simone, sono fidanzata e non mi importa se qualcuno ci prova ma tu non ne hai il diritto.
Salii in camera senza che i due ragazzi aggiunsero una parola. Stavo per esplodere.

Biondo.
S: Hai esagerato bro!
F: Tu sapevi che te l'avessi detto.
S: Sì, e quindi? Non ci avrei provato comunque. Perché avrei dovuto dirglielo? Vuoi la sua felicità ma l'hai ridotta uno straccio. Io la raggiungo, pensa quello che vuoi. Non mi importa più - mi rassegnai a ragionare con lui.

Corsi davanti alla porta della camera di Emma e bussai.
S: Posso? - chiesi.
Nessuna risposta.
S: Sono Simone.
E: Simo tranquillo, vai pure a casa - affermò.
S: Resto qui fuori finché non apri, non voglio lasciarti sola - aggiunsi.
La convinsi e mi diede il consenso di entrare.

Era sdraiata con la pancia in giù e il viso che sprofondava nei cuscini. Potevo vedere il suo corpo sobbalzare leggermente per i singhiozzi provocati dal pianto.
Mi tolsi le scarpe e mi misi accanto lei, distendendomi sul letto.
S: Non piangere, ci sono io, sono qui con te.
E: Simo - mugugnò
S: Sssh, non devi dire nulla.
Si girò verso di me e la abbracciai facendole posare la testa sul mio petto, le accarezzavo dolcemente la spalla, non mi piaceva affatto vederla così.
E: Grazie Simo, mi eri mancato - disse tra una lacrima e l'altra.
Senza accorgermene, probabilmente, stavo sorridendo come un ebete.
S: Di nulla pupellina.
Quel nomignolo la fece ridere, per una volta avevo fatto qualcosa di giusto.
E: What? - strillò con la sua voce acuta, ma pur sempre dolce.
S: Non ti piace?
Si limitò a continuare a ridere accarezzandomi il petto.

S: Sappi che non ti ho mai vista come un burattino, nemmeno come la cugina di Irama, non ti ho portata in giro per farti un favore, così come non sono qua per te perché mi fai pena. Ti ho sempre visto come Emma e sono qui perché a te tengo, non dico mai queste cose, a nessuno, ma veramente voglio che tu lo sappia. Mi spiace che tu stia male - le posso un bacio tra i capelli.
Alzò il viso puntando i suoi occhi nei miei, diavolo, erano belli anche se arrossati.
Le accarezzai il viso per poi posarle un altro bacio sulla fronte, subito dopo poggiò la sua testa nell'incavo del mio collo.

Restai lì ad accarezzarla per ore, non le dicevo nulla ma sentivo che avesse bisogno di quel piccolo gesto, voleva sentirsi protetta e io l'avrei fatto senz'altro.
Il suo pianto si era pian piano calmato e ora respirava regolarmente, ma era ancora sveglia.
Guardai l'orologio, era veramente tardi.

S: È meglio se vado Emma, ci sentiamo domani - dissi.
Prima che potessi alzarmi la sua mano afferrò fortemente il mio braccio e mi chiese di restare.
S: Non voglio complicare la situazione.
E: Ti prego, resta - mi supplicò.
S: Sei sicura? - chiesi conferma.
Annuì e mi rimisi nel letto, fortunatamente stavo indossando una tuta e sarei stato comodo.
Non ci pensò due volte a rimettersi nella posizione di prima e sentii la sua fronte bollente a contatto con la pelle del mio collo.
La feci spostare in modo da posarle una mano sulla fronte e successivamente le mie labbra.
S: Dio, Emma, ma tu hai la febbre.
E: Fa niente Simo.
S: Aspetta che vado a prenderti qualcosa, tanto ci ho vissuto qui e so dove sono le cose.

Il tempo di prendere una tachipirina, un bicchiere d'acqua e di bagnare un panno e tornai da lei.
Le feci ingoiare la pastiglia per poi posarle il fazzoletto bagnato sulla fronte.
E: Come sei premuroso oggi - scherzò.
S: Ti ho sempre detto che ci sono quando hai bisogno - le sorrisi.
E: Grazie ancora.
S: Emma, se mi ringrazi ancora vado a casa - ridacchiai.
E: Se domani mattina ho ancora la febbre non mi svegliare per favore.
Le diedi ascolto e continuai a coccolarla finché non sentii il suo respiro farsi sempre più regolare, segno che era ormai caduta tra le braccia di Morfeo.
La guardai dormire finché non mi addormentai anche io.
Era così calma a differenza di quando era sveglia, aveva i muscoli rilassati e un piccolo broncio. Sembrava una bambina.

Oggi ho postato un po' prima perché mi andava.
Vi piace il capitolo? Suppongo di sì dato che Emma e Simo sono nuovamente amici :)
Grazie a chi continua a leggere e apprezza la mia storia capitolo dopo capitolo!❤️
Ambra

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