Ritorno dal "tour della città" davvero affamata, perciò appena entro mi fiondo nel frigo alla ricerca di cibo, ma qualcuno si aggrappa alla mia gamba.
Abbasso lo sguardo e vedo Archie che non ha intenzione di scollarsi. Lo prendo in braccio e giocherellando con i suoi ricci biondi gli chiedo: <<Ehi mocciosetto, sei pronto? Domani sarà il tuo primo giorno di scuola in questa città.>>
Archie piegando il volto verso il pavimento risponde: <<In realtà no, rivoglio i miei amici. In questa città non conosco nessuno e il cibo che cucina la domestica non mi piace. Voglio ritornare a casa... la nostra vera casa.>>
Mi guarda con l'espressione di un cucciolo impaurito. Vorrei poter dire lo stesso, ma purtroppo non è così e onestamente mi sento in colpa per lui, così, per rassicurarlo dico: <<Archie tranquillo, vedrai che incontrerai nuovi amici che ti staranno simpatici e ti prometto che quando saremo soli cucinerò per te i waffles che ti piacciono tanto, però adesso vai a dormire, è tardi.>>
Gli do un bacio sulla fronte e poi si dirige al piano superiore per andare a dormire. Io intanto preparo un tramezzino e inizio a pensare a come sarà la mia giornata l'indomani. Riuscirò a farmi degli amici? Starò simpatica ai professori? Ma soprattutto, riuscirò a fidarmi ancora?
Con la testa piena di domande vado anche io a dormire. Sempre se riuscirò a farlo...Un trillo mi sveglia dal mio sogno, ero in una nuvola fatta di zucchero filato e case di pan di zenzero, un po' come Katy Perry in California Gurls.
Nonostante la stanchezza e anche un po' "d'ansia", mi tiro giù dal letto e vado in bagno per lavarmi e vestirmi. Quando ritorno in camera trovo Patricia che sta rifacendo il letto.
Non è una cosa che amo, la mia stanza deve essere mia, perciò, con tutta la gentilezza che possiedo, mi rivolgo a lei: <<Mi scusi Patricia, non vorrei ostacolarla, ma non amo quando qualcuno si intrufola nella mia stanza, magari la salti pure, ci penso io dopo a sistemarla. Grazie lo stesso.>> ma lei, determinata, risponde: <<Non si preoccupi signorina, è il mio lavoro, faccia fare a me.>>
<<No tranquilla... veramente non c'è bisogno>> insisto io.Dopo 10 minuti di battibecco, vinto da me, lascio orgogliosa la camera per andare a fare colazione. In cucina mi aspetta mio padre, mia madre, Archie e Olimpia... OLIMPIA!?
<<Olimpia ma cosa ci fai qui! Insomma, quando sei arrivata?! Resterai qualche giorno?>> urlo esuberante andandola ad abbracciare.
Mia sorella felice risponde: <<Ehi sorellina, sono arrivata stamattina, ma stasera ritorno all'università, però tranquilla, passeremo tutto il pomeriggio insieme, adesso mangia e corri a scuola, sei in ritardo!>>
Guardo l'orologio e sono le 8:50, caspita! Farò tardi il primo giorno!
Mi stacco dall'abbraccio soffocante, mangio qualcosa di fretta e mi fiondo fuori. Mio padre ed Archie mi raggiungono subito dopo. Come da rituale il primo giorno di scuola ci accompagna nostro padre.Entro in macchina e accendo la radio, così forse riuscirò a calmare i pensieri, ma la mano di mio padre la spegne.
E ti pareva...
<<Bene Darla, sei pronta per questo nuovo anno? Andrà tutto bene tesoro ne sono certo e ricordati, non prendere il purè a mensa, non è mai buono.>>
Scoppio a ridere e tra le risate borbotto un "grazie".
Per mia sfortuna becchiamo due semafori rossi e faccio ulteriormente ritardo, arrivo a scuola alle 9:20, spero solo che non sia così grave.
Mando un bacio ad Archie e poi mi dirigo verso il cortile della scuola, che è molto più grande dal vivo che in foto.
Al centro c'è persino una fontana circondata da alberi e panchine.
Cerco di non distrarmi ed entrare, ma è praticamente impossibile.
L'entrata è qualcosa di gigante, vedo una sala con dei divanetti neri in pelle, dei corridoi con armadietti rossi che terminano con una rampa di scale, che porta al piano superiore.
Non so dove devo andare, le persone non sembrano fare caso a me, perciò inizio a cercare la segreteria che scopro essere al secondo piano.
Una signora con uno sguardo perennemente arrabbiato e con i ricci rossi che le ricadono sulla fronte mi comunica l'orario della settimana e mi indica la mia aula consegnandomi anche la chiave del mio armadietto. La ringrazio mentre lei mi rivolge una specie di sorriso, che assomiglia più ad una smorfia, e mi incammino guardando il foglio. L'aula è al primo piano, come il mio armadietto.
Ah... devo scendere di nuovo! Questa scuola è un vero labirinto, ma chi ha pensato di costruirla in questo modo?! sono certa che è un modo arcano per far arrivare gli alunni in ritardo e farsi anche sgridare e magari mandare dal preside. Come una luce divina che ferma i miei pensieri vedo il numero 13 inciso su un armadietto.
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Le Nostre Ombre
Mystery / ThrillerDarla smith è una ragazza semplice: occhi verdi, capelli castani, gentile e determinata. Grazie alle sue toccanti esperienze nella vecchia città è diventata più forte, ma anche più riservata e diffidente. Trasferirsi per lei significa essere finalme...