CAPITOLO 6

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Jimin

Jimin passeggiava per il sentiero di fiori godendosi la fresca brezza invernale in quel parco sempre isolato, soprattutto di notte, quando notò la figura mingherlina di un insonne seduto su una panchina. Era la seconda o forse la terza volta che lo incrociava: indossava una felpa nera col cappuccio tirato sulla testa, aveva lo sguardo rivolto ad un foglio poggiato sulle gambe e stava fumando una sigaretta.

Sembrava non essersi accorto della presenza di Jimin, immerso in qualsiasi cosa stesse scrivendo, finché non si alzò dalla panchina posando lo sguardo su di lui.

Jimin gli rivolse l'intero volto e ne riconobbe il viso pallido e gli occhi scuri e stanchi incorniciati da profonde occhiaie: era Min Yoongi, lo scontroso pianista solitario.

Jimin avrebbe benissimo potuto far finta di nulla e continuare a camminare, e così avrebbe agito se si fosse trattato di un insonne qualunque; ma quello era il ragazzo che in caffetteria non aveva fatto altro che studiarlo e, visto il suo atteggiamento altezzoso, il modo in cui lo stesse giudicando in chissà che modo, pensò bene di avvicinarsi di qualche passo e di chiamarlo in maniera apparentemente casuale, prima che andasse via.

La cosa funzionò perché Yoongi fu quasi costretto a girarsi e lo sguardo che assunse fu meglio di quel che Jimin potesse aspettarsi. Mai si sarebbe immaginato di rivederlo proprio lì, nel parco sotto casa sua, e la sua espressione non tradì i suoi pensieri, ma Yoongi era talmente basito che prima di rispondere restò in silenzio per qualche secondo, con gli occhi ridotti a due fessure e la bocca mezza aperta.

«Park Jimin?», disse Yoongi quasi in un sussurro. Con quella voce roca, i capelli scuri davanti al volto e quell'aura cupa e misteriosa sembrava essere uscito da un romanzo horror di serie B sui vampiri.

«Ti faccio così paura che ogni volta in cui mi vedi scappi?», scherzò lui.

Yoongi esitò prima di rispondere: «Scusa, non vedo bene da lontano e non ti avevo riconosciuto».

«E chi vuoi che ti creda? È la terza volta che succede. Anzi, la quarta».

Yoongi ridacchiò e Jimin giurò di aver visto del panico a tradire il suo sguardo. «Non ricordavo di aver avuto l'onore della tua presenza tutte queste volte», rispose il ragazzo.

Jimin sfoggiò il suo solito sorriso malizioso e si leccò il labbro superiore, per poi ribattere: «Quindi non mi hai mai visto ballare il burlesque? E come facevi a saperlo?».

«Te l'ho già detto, certe cose si intuiscono dalle movenze, dagli atteggiamenti di una persona».

Jimin rise poggiandogli una mano sulla spalla, ma la rimosse subito sentendo sotto quel tocco il modo in cui Yoongi si era irrigidito. Quel ragazzo era capace di risponderti per le rime e un secondo dopo arrossire come un bambino indifeso, e la cosa era talmente divertente e invitante che Jimin non poté fare a meno di continuare a prenderlo in giro, così si sedette sulla panchina e batté il palmo sul ferro per invitare il ragazzo a fare lo stesso.

«S-stavo per andarmene», balbettò quest'ultimo toccandosi l'orecchio nervosamente.

«Avanti, Yoongi, non mordo mica», fece Jimin. «Dato che l'ultima volta siamo stati interrotti, ti va di parlare un po' con me?».

Yoongi esitò girando il volto dall'altra parte, al che Jimin sporse la testa per poterlo seguire con uno sguardo carico di aspettative, che probabilmente l'altro avrebbe demolito incastrando quegli occhi gelidi e penetranti nei suoi, o semplicemente sbuffando e arricciando il naso.

Ma Yoongi si sedette accanto a lui, ancora col cappuccio sulla testa e lo zaino sulla spalla, che Jimin volle sfilargli con la forza e poggiarlo al lato opposto della panchina.

Moon's Serendipity ~ YoonminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora