CAPITOLO 27

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Yoongi

Yoongi, sii paziente.

Era piuttosto chiaro che non avesse alcuna esperienza nell'ambito dell'insegnamento: in primo luogo perché aveva sempre suonato da solo, lontano da orecchie esterne, ma soprattutto perché chi mai avrebbe voluto prendere lezioni da lui?

Sapeva che avrebbe dovuto disporre di un minimo di tolleranza, ma non credeva che Jimin fosse così duro di comprendonio.

«Jimin, credo di averti ripetuto almeno trenta volte che quando suoni devi usare entrambe le mani. Per le prime lezioni posso anche capire, ma siamo già alla decima... credo», fece lui.

«È la sesta», chiarì Jimin mostrando un sorriso strafottente; Yoongi si mise le mani nei capelli, cercando di mantenere la calma, ma invano.

«Ti piace così tanto stare con me che ti sembra che il tempo voli?», insistette il ragazzo increspando le labbra in un tenero (ma falso) sorriso.

«No, è che tu mi fai esasperare!».

«Senti, non capisco un cazzo, okay?».

«Studi i miei appunti fino a tardi e ancora non hai capito come posizionare le mani sulla tastiera?».

«Beh, scusa se non sono un genio come te!».

Il pianista sapeva di stare esagerando, e che non era giusto trattarlo in quel modo, ma il pensiero che una cosa così semplice non riuscisse ad entrare nel cervello del suo primo allievo lo mandava fuori di testa. Forse il problema era proprio lui che non ci sapeva fare con le persone… visto che raramente ci interagiva.

Jimin sembrava offeso, e Yoongi non seppe in che modo ribattere, se non precisando il fatto che “genio del pianoforte” non fosse un epiteto adatto a lui.

A quel punto il ragazzo seduto davanti a quello strumento fece ciò che era solito fare quando qualcosa non andava, quando sembrava quasi sul punto di rinunciare: afferrò il pentagramma aperto sul leggio e lo sfogliò, assumendo un'espressione quasi malinconica, come se quelle pagine ingiallite dal tempo raccogliessero chissà quanti ricordi, quante lacrime.

Forse era proprio così… e Yoongi avrebbe tanto voluto conoscere quelle debolezze, perché nutrirsi del dolore altrui era una sorta di piacere peccaminoso: sapere di non essere l'unico a soffrire, di poter condividere il proprio dolore con qualcuno che potesse comprenderlo.

Jimin, a cosa stai pensando? E perché mi importa così tanto saperlo?

L'oggetto dei suoi pensieri posizionò il pentagramma al suo posto e si sgranchì le dita, posando lo sguardo sull'altro, che era ancora assorto nei suoi pensieri e sperava in cuor suo di sciogliere la tensione appena creatasi.

«Okay, possiamo continuare», disse infine Jimin sospirando.

L'argomento non venne riaperto e i due continuarono la lezione, malgrado Yoongi sapesse quanto l'altro ragazzo fosse stanco e che spronarlo ulteriormente avrebbe solo peggiorato le cose.

Forse era questo il problema: era palese che non dormisse molto, e il pianista sperava in cuor suo di non vederlo sprofondare nel baratro senza uscita dell'insonnia. Ma la sua non era tale, bensì voler troppo da se stesso, al punto da ridurre a brandelli la forza fisica e mentale.

Dopo meno di mezz'ora di lezione, tra un'imprecazione e l'altra, l'allievo chiese una pausa e uscì dalla sala per recarsi al bagno, al che Yoongi ne approfittò per fumare una sigaretta, rassegnatosi all'idea che in presenza di Jimin fosse proibito.

In realtà il ragazzo non aveva cattive basi di pianoforte, giacché disponeva di un buon orecchio: il problema principale era la sua testardaggine, nonché la fretta di voler subito avanzare di livello, con conseguente smarrimento nelle cose più semplici, tra cui appunto il suonare con una sola mano.

Moon's Serendipity ~ YoonminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora