CAPITOLO 55

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Jongsuk

Lo farò, lo farò, lo farò.

Quando Jimin gli chiedeva qualcosa, lui faceva di tutto pur di accontentarlo, e in una tale circostanza, dopo aver perso la fiducia che il suo amato aveva riposto in lui, non avrebbe mai potuto dirgli di no, anche se ciò che gli aveva chiesto era portargli una stella: una richiesta difficile, quasi impossibile.

Eppure, se c'era una cosa che Jimin gli aveva sempre ripetuto, quella era: “Tutto è possibile”, anche l'impensabile.

Jongsuk continuò a bere, fino a scolarsi un'intera bottiglia di soju; sapeva bene che così la fiducia del suo amato sarebbe caduta dietro ad un muro impenetrabile, ma era l'unico modo che aveva per raggiungere la sua meta.

Continuò a bere così che potesse percepire la sensazione di librarsi nel cielo, perché solo volando avrebbe potuto catturare quella stella. Quella sarebbe stata l'ultima volta in cui avrebbe infranto i suoi principi.

Come se li avesse mai avuti... Jimin era arrivato addirittura a pensare che lui l'avesse tradito, che avesse fatto sesso con quella donna. Invece lui non si sarebbe mai sognato di tradire l'amore della sua vita, ma non poteva biasimarlo per non avergli creduto, dopo tutte quelle bugie...

Continuò a guidare in salita, diretto verso la cima di quella montagna che Jimin gli aveva chiesto di raggiungere, e quando fu sicuro di avere abbastanza alcool nel corpo, così tanto che il fegato cominciò a pesare quanto un macigno, cercò nel cruscotto dell'auto la vecchia telecamera che lui e il suo fidanzato usavano sempre durante le gite fuori città.

Constatò che quelle gite non le facevano più da un pezzo dal momento in cui si accorse che lo schermo della telecamera era rotto, ma funzionava ancora e questo era più che sufficiente; Jongsuk ci trovò i video girati sull'isola di Jeju, quando Jimin gli regalò quel cappello orribile che lui fu costretto ad indossare per tutta la durata della vacanza; video in cui Jimin lo prendeva in giro quando si lamentava del sole e delle scarpe di Gucci che nella sabbia si sarebbero inevitabilmente rovinate, e il più piccolo si divertiva a nascondergliele nell'armadio, facendogli venire mille infarti; video in cui giocavano a fare i piccioncini, si baciavano e si leccavano la faccia a vicenda per suscitare semplice disgusto.

Frammenti di una vita terribilmente lontana.

Uno di quei video dovette cancellarlo, perché la memoria era piena e aveva bisogno di girarne un altro: Jimin non gli avrebbe mai creduto se non avesse avuto una prova concreta tra le mani, così sperò che quel video e la stella che stava andando a raccogliere sarebbero bastati.

Accese la telecamera e premette play, senza ulteriori indugi; si schiarì la voce, si stampò sul volto il miglior sorriso che aveva, un sorriso che tuttavia non sarebbe mai potuto essere più bello di quello del suo amato, e disse: «Ciao, piccolo mio. Lo sto facendo, vedi? Sto salendo sulla montagna...».

Jongsuk andò a sbattere con violenza contro il volante, dopo aver preso un dosso, ma continuò tranquillamente a guidare e a guardare in camera.

«Lo sto facendo per te, piccolo mio. Qui fa davvero freddo: nella fretta ho dimenticato di rimettermi i pantaloni e la strada è piena di nebbia; appena tornerò a casa avrò bisogno del tuo calore, delle tue manine che stringono le mie e dei tuoi baci che hanno il potere di riscaldarmi».

Salì ancora, al punto che la strada principale faceva una curva per tornare verso il basso, ma lui svoltò dalla parte opposta e prese una strada alternativa: era ancora troppo in basso per raggiungere la stella.

«Ci sono così tante stelle che avrei preferito farla scegliere a te, ma dovrai accontentarti del mio gusto personale. Sarà difficile trovarne una che splenda più di te, tu che per me sei l'unica stella dell'intero firmamento. Una stella così fragile e debole nell'immensità dell'universo».

Jongsuk aveva voglia di piangere e di gridare al mondo quanto fosse stanco e spaventato da tutto, ma diede la colpa all'alcool per quello e si impose di continuare a sorridere, perché così Jimin avrebbe sorriso a sua volta.

Jimin gli mancava terribilmente, benché l'avesse visto soltanto qualche minuto prima, e non nel migliore dei modi.

«Mi manchi tanto, cercherò di catturarla in fretta. Ho bisogno di sfiorare il tuo volto di porcellana e di stringerti tra le mie braccia, quel corpo così piccolo che voglio proteggere dal resto del mondo».

La strada era sempre più ripida e scoscesa, e di conseguenza più difficile da attraversare per le ruote della sua auto.

«Io non ti lascerò mai, Minnie. Mai. Piuttosto preferirei morire. Guarda quanta neve sta scendendo dal cielo, se solo fossi stato qui avremmo giocato a rincorrerci e a far combaciare le nostre impronte nella neve, come facevamo un tempo».

E non resistette più: le lacrime cominciarono a bagnare il suo volto, ma il sorriso non lo abbandonò nemmeno per un istante: lui era il posto sicuro del suo Jimin, e questo non sarebbe mai cambiato.

Nemmeno dopo che la strada terminò.

«Ti amo così tanto, Minnie... così tanto».

La macchina smise di correre, le ruote si staccarono dal terreno, il vento si alzò e la nebbia inghiottì Jongsuk.

Stava finalmente volando.

Il suo corpo, legato al sedile dell'auto, rotolò a destra, poi a sinistra, poi in basso, poi si rovesciò e riavvolse il nastro, per minuti che parvero infiniti.

Le immagini della sua intera vita gli passarono davanti agli occhi, dal momento in cui aveva messo piede in quel mondo tanto bello quanto spaventoso, attraversando la sua infanzia, la sua adolescenza piena di insicurezze e sbalzi emotivi, gli attimi fugaci che aveva trascorso insieme al suo amato, quelli in cui aveva osservato la sua esistenza precipitare miseramente nel vuoto, fino ad arrivare a quello attuale, come una pellicola cinematografica dal nastro ormai consunto.

La macchina smise di volare e un'ampia chiazza rossa macchiò i sedili dell'auto.

La telecamera, stretta al suo petto per non farla rompere, era ancora accesa, la lucina rossa indicava il fatto che la registrazione fosse ancora in corso.

La luce bianca della luna piena che splendeva nel cielo gli trafisse un occhio, e lui abbassò il finestrino e allungò una mano verso di lei, chiudendola subito a pugno: era riuscito a catturare la stella.

E continuò a sorridere, fino alla fine, un sorriso che sapeva di sangue e di lacrime, pronunciando con difficoltà le sue ultime parole, esalando il suo ultimo respiro: «Guarda, a-amore mio. La tua stella... è qui. T-te la s-sto... p-portando. A-amore m-m-mio... t-te la s-sto...».

E quella fu l'ultima bugia che disse a Jimin, perché la stella, alla fine, non gliela portò.

Moon's Serendipity ~ YoonminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora