CAPITOLO 49

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Yoongi

La stagione delle piogge sembrava non avere una fine: il caldo afoso dell'estate, la fresca brezza dell'autunno imminente e l'immancabile e caotico brusio di Seoul, perennemente bagnata e frettolosa; Yoongi, proprio grazie ai continui sbalzi di temperatura, per coronare il suo desiderio di sparire silenziosamente dalla faccia della Terra, o semplicemente di non dover avere a che fare con le persone, si era beccato l'influenza.

Erano giorni che era chiuso in casa, circondato da fazzoletti e tazze di camomilla – e a lui nemmeno piaceva quella merda diluita nell'acqua calda. Aveva perso i contatti col mondo, dormiva tutta la giornata e usciva dal letto solo per aprire la porta a Namjoon che gli portava del cibo istantaneo, per mangiarlo e poi tornare a dormire.

Detestava starsene con le mani in mano: dell'università non poteva che strafottersene, ma non riusciva a concepire l'idea di non poter cucinare un pasto decente, di non poter riordinare la stanza, di non potersi affidare unicamente a se stesso, come aveva sempre fatto.

Non sentiva i ragazzi da prima dell'inizio delle vacanze e si era perso anche il compleanno di Jeongguk. Non lo avrebbe mai ammesso, ma un po' gli mancavano le chiacchierate in caffetteria o le occasionali uscite serali in birreria – che spesso si era ritrovato a rifiutare per recarsi nei suoi posti segreti.

Infatti, più di tutto, gli mancavano i discorsi profondi delle tre di notte al parco e suonare il pianoforte in sala musica. Forse avrebbe dovuto chiamare Jimin, riprendere le lezioni di piano e...

Ma che stai dicendo, Yoongi? Hai dimenticato che non vi parlate da più di un mese e che sei arrabbiato con lui?

Faceva sempre così: non era abituato a litigare con le persone, perché era noioso, scocciante e non ne valeva la pena; preferiva tenersi tutto dentro, spingere giù la faccenda fino a seppellirla nel dimenticatoio e attendere che le acque si placassero, per poi tornare in pista come se nulla fosse accaduto.

Ma stavolta non poteva: proprio con Jimin quella dell'indifferenza era la carta peggiore che potesse giocarsi, perché lui era il tipo di persona che le questioni se le sarebbe portate dietro anche nella tomba, aspettando nell'aldilà la persona interessata per discutere e chiarire.

Eppure chissà quante cose gli nascondeva...

Il telefono vibrò per l'ennesima volta, illuminandosi per mostrare il nome di Hansol, che gli aveva mandato come minimo trenta messaggi di scuse – che Yoongi in realtà aveva già ampiamente accettato, ma questo lui non lo sapeva.

Non era bello ciò che gli aveva fatto, né corretto moralmente, e non esisteva alcuna giustificazione valida: non si usano le persone. Ma dietro una relazione non voluta c'è sempre un motivo di fondo, nella maggior parte dei casi spiacevole: insicurezza, salvaguardia delle apparenze, famiglia dalla mentalità ristretta... ma Yoongi come poteva saperlo? Non gli aveva dato la possibilità di parlare, lasciandolo da solo nel suo pickup giallo dopo essere stato accompagnato a casa.

Era un errore che aveva commesso anche con Jimin, e si sentì uno stronzo per questo. Maledetto orgoglio.

Il campanello del suo appartamento lo riscosse dai suoi pensieri, e Yoongi sperò con tutto se stesso che non si trattasse del proprietario che gli chiedeva l'affitto, dato che i suoi genitori non gli avevano ancora mandato i soldi del mese ed era finito al verde per pagare le spese necessarie – oltre ai soliti vizi quali caffè, birre e sigarette. 

Forse avrebbe dovuto trovarsi un lavoretto part-time... no, che palle.

Probabilmente era Namjoon, così si fece forza per alzarsi dal letto e, prima ancora di constatare dallo spioncino chi fosse la fonte di disturbo del suo riposino pomeridiano, esclamò: «Namjoon, se è di nuovo quel brodino disgustoso dell'ultima volta è meglio che non ti accosti proprio alla porta».

Moon's Serendipity ~ YoonminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora