Jimin
«Forza, Minnie! Vediamo se riesci a prendermi».
«Lo sai che sono più veloce di te!», rispose Jimin, con un sorriso enorme che gli aveva anestetizzato la mascella.
Il suono di un'arpa giungeva ovattato alle sue orecchie: quell'arpa era la sua meta finale, e l'ombra di Jongsuk era svanita perché forse lui l'aveva già raggiunta.
Forse l'arpa la stava suonando proprio lui.
«Sarai anche veloce, ma non sei coscienzioso», disse lui, riapparendo davanti a Jimin, ma a diversi metri di distanza, difficile decretare quanti.
Il ragazzo aveva l'affanno, stava correndo troppo, in tondo, imperterrito, insicuro su quale fosse la strada giusta. «Rallenta, per favore», disse in un sospiro, piegandosi su se stesso per riprendere fiato.
«Tra la tartaruga e la lepre io sono la prima e tu la seconda: hai corso talmente tanto che a furia di fare giri sei rimasto indietro, mentre io ti ho sorpassato a piccoli passi», disse Jongsuk, e stavolta era più visibile, in candidi abiti bianchi.
«Jongsuk, ti prego, sono stanco».
«Allora riposati. Io ti aspetto qui, dove mi hai spedito».
«I-io non ti ho spedito da nessuna parte».
Lo scenario mutò improvvisamente: Jimin si trovò ai piedi di una familiare montagna, mentre Jongsuk lo guardava dalla cima, lo sguardo duro e gelido, ieratico, impenetrabile, gli abiti bianchi macchiati di rosso e la neve sporca di sangue.
«Sei un bugiardo, Minnie. Sei stato tu a spedirmi su questa montagna», sputò freddamente.
A Jimin venne voglia di piangere, ma non riusciva a smettere di sorridere.
«Mi hai rotto in mille pezzi e adesso hai persino intenzione di cancellarmi... non posso crederci», lo accusò ancora Jongsuk.
«N-no, io... non voglio cancellarti».
«Allora perché non mi raggiungi? Ti sei riposato abbastanza, no?».
Non riusciva a muovere le gambe: erano cresciute delle radici che lo avevano ancorato al terreno.
«Non posso abbandonare le persone che amo».
Jongsuk gli mostro un ghigno derisorio. «Non ti sei fatto nessuno scrupolo ad abbandonare me».
«SEI TU AD ESSERTENE ANDATO!».
«Sei stato tu a spedirmi su questa montagna che adesso a causa tua è sporca di sangue».
Diceva la verità: Jimin voleva che lui morisse.
«Prima o poi, ti abbandoneranno tutti». Forse questo era il pensiero che più lo terrorizzava.
«Volevi una stella, giusto? Eccola». E dicendolo, Jongsuk gli gettò addosso un frammento di quel corpo celeste che sembrava essere la luna, che, pesante e incandescente, finì con l'ustionargli la pelle.
Eppure Jimin non sentì nulla.
«Ti brucia? Non sarà mai come quello che ho provato io».
«Sono io che ti ho sempre portato sulle spalle!».
Eppure Jongsuk non fece altro che ridere, quasi istericamente, come se non credesse più alle parole del suo amato.
«Continua a sorridere, Minnie. Ormai la faccia si è paralizzata, non dovresti avere problemi».
Diceva la verità: persino le lacrime gli fuoriuscivano col sorriso sulla faccia.
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Moon's Serendipity ~ Yoonmin
Fanfiction«Perché piangevi?» «Quando?» «La prima volta che ti ho visto... tu stavi piangendo. Avevi le braccia allargate e lo sguardo perso e ho pensato che stessi per spiccare il volo o per precipitare nel vuoto. Ed eri bello, tanto» «Non è importante, Yoong...