CAPITOLO 71

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Yoongi

Gli capitava raramente di stare da solo in sala musica, quando aspettava che Jimin terminasse le lezioni o quando esigeva che il mondo circostante si estinguesse insieme a tutti i suoi abitanti. Per quanto la compagnia di quel ragazzo non potesse che rasserenarlo, c'erano dei momenti in cui desiderava semplicemente rimanere solo con se stesso ed entrare in contatto con la sua musica: era l'unico modo che gli permetteva di esprimere il vero se stesso.

Stava suonando il pianoforte da ormai più di un'ora: la stessa canzone ripetuta infinite volte, quella melodia ritrovata che non riusciva più a lasciar andare. Quando Jimin gli aveva restituito il foglietto, Yoongi aveva sorriso, perché agli angoli c'erano disegnati dei fiorellini gialli.

Una volta ricomposta la melodia per intero, l'aveva ricopiata due volte sul pentagramma, sulle note del telefono e persino sul quaderno di economia, perché l'idea di perderla di nuovo lo terrorizzava, specialmente per il valore che aveva assunto nel momento in cui era stato proprio Jimin a restituirgliela. Adesso mancava soltanto un titolo.

Aprì la finestra per fumare, c'era un lieve venticello e giungevano da lontano le voci ovattate delle persone in cortile.

Nel momento in cui Yoongi si portò la sigaretta alle labbra, una farfalla bianca si andò a posare sul davanzale: che fosse una spia di Jimin che gli intimava di smettere di fumare?

Aveva sempre provato disgusto nei confronti degli insetti, farfalle incluse, eppure per qualche ragione il suo nuovo ospite gli apparve grazioso, tanto che scelse di ascoltarla e di riporre la sigaretta nel pacchetto – ma forse lo fece più per il senso di colpa: col fumo l'avrebbe sicuramente uccisa.

Il tempo per la solitudine era ormai finito, perché Jimin era in piedi accanto alla porta della sala e stava sorridendo. Yoongi, tuttavia, non ricambiò.

«Sei il solito puffo brontolone, potresti anche salutarmi invece di fare quella faccia da pesce lesso», lo canzonò il ragazzo; gettò lo zaino in un angolo e lo raggiunse, per poi poggiargli le mani sulle spalle.

La sua vicinanza gli provocò un incontrollabile batticuore, i suoi occhi lo tagliarono in due, ma nel momento in cui egli si chinò per dargli un bacio sulla guancia, Yoongi lo spinse via in modo così brusco che rischiò di farlo cadere.

Jimin lo guardò come se si fosse appena scottato. «Che cazzo ti prende? Siamo regrediti alla fase in cui ti faceva schifo toccarmi?».

Il ragazzo si morse l'interno della guancia, innervosito. «Sei in ritardo», tagliò corto. Non era sua intenzione farlo cadere, ma era così stanco di tutte quelle moine prive di senso.

«E ti sembra un buon motivo per trattarmi in questo modo? Lo sai che potrei spezzarti in due secondi?».

«Lo so, ma non ne avresti il coraggio».

«Tu ripetilo e vedi che succede».

Yoongi roteò gli occhi e si alzò dallo sgabello per farlo sedere. Jimin sembrava quasi ferito, e questo gli annodò la gola.

Aveva ormai perso il conto dei giorni trascorsi a rimuginare sulla piega degli eventi, su come il suo modo di pensare e di agire stesse mutando, ma anche su come la barriera di ghiaccio che proteggeva il suo cuore si stesse sciogliendo: il terrore di rimanere ferito era sempre più palpabile, ma allo stesso tempo sopportabile.

Detestava l'idea di dover associare questi cambiamenti all'influenza di altre persone, ma lo sollevava il pensiero di chi fossero le persone in questione, persone di cui potesse fidarsi, ma anche persone con cui non era ancora riuscito ad aprirsi in tutto e per tutto.

Moon's Serendipity ~ YoonminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora