CAPITOLO 24

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Jimin

Con l'avvento della primavera un nuovo anno universitario era cominciato e le giornate si erano lievemente riscaldate e, malgrado facesse ancora freddo, attraverso le fitte nubi di Seoul il sole faceva la sua comparsa più spesso.

Jimin si sentiva in colpa: era venuto meno alla solita chiacchierata con Yoongi in sala musica, quel momento della giornata in cui nessuno dei due ballava o suonava pur di ascoltare la voce dell'altro e sovrastarla con la propria.

Era stimolante parlare con lui, perché i discorsi che portavano avanti non erano mai banali né di circostanza: parlavano di libri, di musica, di danza e di quanto facesse schifo la vita; a volte Yoongi riponeva nelle sue parole quella sottile vena sarcastica che avrebbe infastidito la maggior parte delle persone, ma non il suo compagno clandestino.

Il sarcasmo è sexy, è inutile girarci attorno.

Jimin gli aveva detto che quel giorno non sarebbe potuto passare in sala musica a causa di un impegno improrogabile; l'altro ragazzo aveva lasciato correre, dicendogli che ne avrebbe approfittato per ricopiare gli appunti di diritto da Namjoon.

Ma Jimin gli aveva mentito, perché in quel momento era in sala musica. Gli aveva mentito perché non voleva essere interrotto mentre faceva qualcosa per cui Yoongi l'avrebbe sicuramente preso in giro.

Jimin stava usurpando il trono del pianista solitario, ponendosi di fronte al suo amato strumento, al quale tuttavia il ragazzo non riusciva a concedere le medesime premure che il suo legittimo proprietario gli riservava - benché definirlo "legittimo proprietario" fosse inesatto.

La pace di quel posto sembrava ormai perduta, poiché un'ondata di suoni cacofonici aveva preso il sopravvento; il ragazzo non ricordava che fosse così complicato seguire le battute segnate su quei vecchi spartiti.

In parte era difficile suonare senza una guida, sì... ma il problema principale erano i pensieri che gli affollavano la mente non appena le dita prendevano a sfogliare la carta ormai ingiallita, segnata dal tempo e dalle macchie di caffè: aveva sotterrato fin troppi ricordi, per troppo tempo, e adesso era giunto il momento di riportarli a galla.

Quel pentagramma odorava di vissuto e di inchiostro; la dedizione che trapelava da quelle pagine era quasi palpabile, così come la difficoltà nel leggere le diverse note musicali - a me sembrano tutte uguali, fanculo.

«Dove cazzo sta il do su questa tastiera di merda?!», sbraitò Jimin stizzito, colpendo l'oggetto delle sue imprecazioni e poi la sua stessa fronte.

Si prese la testa tra le mani, non curante dei suoni striduli che emise il pianoforte ancora una volta.

«Quale dei tanti do stai cercando?».

Per poco non ci rimise le penne: saltò letteralmente dalla sedia al suono improvviso di quella voce familiare e il cuore prese a battergli contro la cassa toracica in modo talmente veloce che quasi gli venne un infarto.

Yoongi era in piedi sulla porta a braccia conserte e lo fissava ridacchiando, mentre lo sguardo di Jimin, che nel frattempo cercava di ricomporsi, vagava dai tasti del pianoforte al pentagramma aperto sul leggio.

«Porca puttana, Yoongi! Non farlo mai più», sputò lui ansimando e tenendosi il petto con una mano.

«Sei tu che dovresti avere un po' più di riguardo. Stai offrendo del bullismo gratuito a quel pianoforte... non lo sai che anche i pianoforti hanno dei sentimenti?».

«Anche io ho dei sentimenti, e in questo momento non sono di certo positivi».

Yoongi rise ancora ed entrò in sala; raggiunse immediatamente il ragazzo, gettò lo zaino a terra e si appoggiò al pianoforte con entrambe le braccia, guardandolo con un cipiglio enigmatico.

Moon's Serendipity ~ YoonminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora