Le donne nella storia

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Buon pomeriggio a tutti, viaggiatori del tempo!
Oggi abbiamo il piacere di ospitare Onlykorine, che ci ha mandato una testimonianza diretta della sua famiglia e ci ha raccontato la storia di una donna speciale... Pronti a scoprirla?

Che la storia sia piena di donne famose ormai lo sappiamo tutti e lo so anch'io. Che nella mia storia ci fossero tante donne e in numero maggiore rispetto agli uomini, lo sapevo. Donne in gamba, coraggiose, che non si sono mai tirate indietro di fronte alle necessità e che hanno curato, aiutato e amato parenti e amici in difficoltà, anche nell'ombra, ne ero a conoscenza perché alcune le ho conosciute.

Quello che non sapevo, invece, è che nella mia famiglia ci fosse una donna dalle grandi capacità di adattamento e di resilienza che ha permesso a un'intera famiglia di riunirsi.

Quello che non sapevo, invece, è che nella mia famiglia ci fosse una donna dalle grandi capacità di adattamento e di resilienza che ha permesso a un'intera famiglia di riunirsi

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Ma vorrei partire dall'inizio. Questa è la storia della mia bisnonna Filomena, nata a Villammare, un piccolo e fiorito paesino che si affaccia sul mare nella provincia salernitana, proprio all'inizio del vecchio secolo, una donna che ha avuto una vita lunga e felice e ha spento la candelina del centenario prima di lasciarci.

Villammare è tutt'ora un paese piccolino e quindi all'epoca di inizio Novecento era un insieme di tre, quattro strade, una manciata di paesani che aumentava solo con la stagione estiva e il campo sportivo era, in verità, un grosso prato fra le colline e gli alberi.

Proprio qui cresce la mia bisnonna, fra gli alti e bassi della storia italiana, dove puoi anche essere benestante ma se non sei nobile, non puoi proprio vestire come tale e il fatto di non poter portare la gonna lunga ma solo quella a metà gamba, ...

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Proprio qui cresce la mia bisnonna, fra gli alti e bassi della storia italiana, dove puoi anche essere benestante ma se non sei nobile, non puoi proprio vestire come tale e il fatto di non poter portare la gonna lunga ma solo quella a metà gamba, la nonna lo continuerà a raccontare come un'ingiustizia.

Nel negozio di famiglia, Filomena si dimostra in gamba e abile e il padre le concede il posto alla cassa, grazie alle sue capacità. Poi cresce e si sposa con un nobile e prova l'emozione di mettere il cappello riservato alla nobiltà quando va in visita ai parenti del marito, anche se cambia subito idea sulla sua comodità.

Suo marito, il bisnonno Domenico, è un capocantiere dell'Anas e dirige il lavoro di più persone lavorando vicino a casa, quindi la sua famiglia è unita e numerosa, fino a quando, verso la fine degli anni Trenta, al bisnonno viene assegnato, come operaio, una persona che non ha voglia di lavorare.

Il bisnonno Domenico quindi, un uomo silenzioso ma ribelle al momento giusto, si reca in comune inizia a lamentarsi del 'non lavoro' del suo subordinato, ma questi è un raccomandato, si chiacchiera in giro, un fascista a cui non si può contestare niente perché protetto dal Partito e bisogna tenerselo buono così com'è.

Ma il bisnonno non cede e si lamenta ancora l'ennesima volta in cui lui non vuole proprio saperne di fare il suo lavoro. Così, un giorno, si ritrovano tutti e due in comune e, nel litigare, vengono alle mani.

Ma cosa succede se pesti i piedi a un raccomandato? Succede che vieni punito. E così succede che il bisnonno Domenico viene trasferito e declassato per punizione: inizia a lavorare a Campobasso, 'in montagna' racconterà poi la bisnonna, distante quasi trecento chilometri da casa e dalla sua famiglia.

Inizia a scorrere il tempo e Filomena è a casa, a Villammare con i figli mentre il marito è lontano. Ma come si può vivere così? E poi, non si può fare proprio niente?

Filomena, donna dalle mille risorse, decide di provare a puntare in alto. Così, fa una cosa che l'è sempre piaciuta: scrive lettere. Ma questa volta scrive una lettera importante e la spedisce a una delle persone più influenti di quel frangente storico: a Donna Rachele, la moglie di Benito Mussolini.

Dopo anni, verremo tutti a sapere del perché scrisse a Rachele e non direttamente al Duce, ossia perché Filomena, che aveva visto la madre e le sorelle rimboccarsi le maniche dopo la morte del padre, era convinta (e come darle torto ora!) che fossero le donne a comandare e quindi a prendere le decisioni.

Così scrisse a Rachele, una donna, una moglie e una mamma. Non ci è dato sapere cosa scrisse la nonna Filomena in quella lettera, se chiese perdono per il comportamento del marito, se puntò sulla compassione della donna o se calcò su quanto fosse importante la famiglia e il regime fascista, si sa, puntava molto sulla famiglia, ma fatto sta che Rachele o chi per essa, concesse al bisnonno Domenico di tornare indietro da Campobasso.

Così il bisnonno poté, oltre a ricongiungersi con i suoi cari, trovare un altro posto di lavoro dove potersi trasferire con tutta la famiglia che all'epoca contava ben sei figli.

Diedero loro anche la possibilità di scegliere e c'erano due posti fra cui decidere: uno a Scafati, sempre in provincia di Salerno e uno a Pompei, in provincia di Napoli, due paesi attigui a poca distanza l'uno dall'altro.

Ma gli anni non erano quelli di adesso, dove, se si vuole informazioni su qualcosa, il signor Google ci informa di ogni piccola caratteristica e zio Trip Advisor ti dà la soddisfazione generale della gente che è stata in un determinato luogo, così per due paesi totalmente sconosciuti ci si affidò sulle voci e sul 'sentito dire'.

Se di Scafati non si sapeva niente, si era a conoscenza che a Pompei c'erano gli scavi, una grande attrazione turistica, storica e artistica e senza considerare l'importanza religiosa che c'era all'epoca, chi non aveva sentito parlare della Madonna di Pompei e il suo splendido santuario? Così scegliere non fu troppo difficile...

Io me li vedo benissimo, all'inizio del 1941, alla stazione di Pompei fermi sulla banchina, il bisnonno Domenico con la bisnonna Filomena, che si tengono per mano e guardano la loro nuova vita, insieme ad Angela, Giovanni, Isabella, Maurizio, Benito e Velia, i loro figli.

E chi lo sa se Vincenzo, il primo della famiglia nato a Pompei nell'agosto del 1941, fosse stato una bambina... si sarebbe chiamata Rachele?

Ancora grazie a Onlykorine per la sua collaborazione e a presto per un'altra Storia di Storie!

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