Documenti storici patinati

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Buon pomeriggio e buon giovedì, viaggiatori del tempo! Oggi abbiamo il piacere di ospitare SimoneFar, che ci presenta un articolo molto particolare e un punto di vista insolito per guardare con occhi diversi la storia. Buona lettura!

Sto recuperando vecchi numeri di Playboy.

No, non lo faccio per le donne nude, ci sono un mucchio di modi molto più pratici per ottenere immagini di donne nude. Lo faccio perché mi piace la storia.

Quando parliamo di storia ci troviamo sempre di fronte alla necessità di recuperare delle fonti e, spesso, questa è un'impresa complicata. Per capire come mangiava e dormiva la gente ai tempi dell'antica Roma ci tocca fermare i lavori della Metropolitana 4 a Milano, tirare fuori alcuni sassi dal sottosuolo e spolverarli fino a ridargli il loro valore originale di utensili antichi. Quando proviamo a capirci qualcosa dei Templari, senza lasciarci distrarre da tutta quell'ammiccante genìa che cerca di raccontarci che erano amici degli alieni, di Satana o anche solo dei parenti di Giacobbo (quest'ultima è plausibile, a ben guardare) ci tocca affidarci a quanto scritto e poi copiato da un qualche monaco che magari ha pure introdotto alcuni errori di ortografia che, è noto, in latino medievale hanno la capacità di stravolgere il senso di una frase.

L'invenzione della stampa è del quindicesimo secolo, da lì le cose si sono fatte più facili sotto un mucchio di punti di vista, ma facciamo pure un bel fast forward fino al nostro ventesimo secolo: da una parte la produzione editoriale dedicata a raccontare il semplice flusso dell'accadere, a questo punto, è realmente massiccia e dall'altra questa ciclopica quantità di materiale ha cominciato a essere conservata in formato elettronico fino a diventare agilmente consultabile.

L'invenzione della stampa è del quindicesimo secolo, da lì le cose si sono fatte più facili sotto un mucchio di punti di vista, ma facciamo pure un bel fast forward fino al nostro ventesimo secolo: da una parte la produzione editoriale dedicata a ...

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Perché Playboy? No, smettetela, non è per le donne nude. La verità è che Playboy non avrebbe potuto passare alla storia come uno dei più importanti giornali americani solo perché mostrava un po' di ragazze svestite. Playboy è da sempre un progetto editoriale completo, che ha ospitato, negli anni, articoli e pensatori di ogni genere. E, già che c'era, visto che comunque spingeva già sui limiti della censura con le sue immagini, non si è mai fatto troppi scrupoli a raccontare la quotidianità senza peli sulla lingua. Prendere oggi in mano un numero di Playboy di trenta, quarant'anni fa significa cercare di mettersi nelle scarpe di una persona di quel tempo. Non si tratta di una vera analisi storica degli anni '80, 70 o quant'altro, ma di una cruda acquisizioni di informazioni sull'epoca. Prendete in mano un vecchio Playboy e sarà come leggere il tomo redatto dall'amanuense del 1200, solo in riferimento a una diversa epoca. La cosa divertente, la cosa stimolante, è che si tratta di materiale a cui potete accedere con una certa facilità, in quanto presente online, e anche abbastanza vicino a noi perché riusciate a interpretarlo senza troppi patemi (per dire, è più probabile che sappiate leggere l'inglese piuttosto che il latino).

Non si tratta, insomma, di studiare la storia, che è sicuramente un passatempo molto amato su un profilo come questo di Historical, ma di andarla a cercare, osservando direttamente il quotidiano di qualcun altro, qualcuno di vicino a noi come posizione, ma allo stesso tempo lontano nel tempo. Di certo abbiamo più in comune con il lettore di Playboy degli anni '60 di quanto abbiamo con lo scudiero di Giulio Cesare, ma non siamo già più la stessa cosa e le differenze che possiamo rilevare anche in presa diretta possono raccontarci molto di come siamo cambiati (che lo studio della storia, alla fine, è lo studio dell'eterno cambiamento).

Facciamo un bell'esempio. Prendiamo il numero di Dicembre del 1967. La copertina non ha niente di licenzioso, anzi, è uno psichedelico disegno che bene incarna lo stile dell'epoca (e già questo, per chi studia l'evoluzione del visual, è un reperto prezioso). A pagina 139 troviamo l'articolo «Resolving our Vietnam problem» di John Kenneth Galbraith, un importante economista del suo tempo. Galbraith, da sempre su posizioni pacifiste, racconta con dovizia di particolari e approfondimenti per quale motivo gli Stati Uniti dovrebbero porre termine alla Guerra in Vietnam. Chiunque abbia studiato (per passione, interesse personale o anche lavoro) questo cruento conflitto asiatico ha sicuramente letto dozzine di analisi e retrospettive sugli errori compiuti dagli Stati Uniti nel portare avanti la guerra e cosa si sarebbe dovuto fare per limitare, se non altro, almeno il tributo di sangue. Qui invece ci troviamo davanti a una persona che, con conflitto ancora in corso, scrive parlando di prospettive per lui future, confrontandosi con il sentire del paese così com'era intorno a lui a suo tempo. Galbraith non solo non aveva la certezza che le cose sarebbero finite malissimo (anche se aveva certo più di un sospetto), ma sicuramente sapeva di confrontarsi con persone che, non avendo ancora subito il giudizio del tempo, avrebbero potuto benissimo negare le sue previsioni, ponendo un punto di vista completamente differente. La lucidità che Galbraith mostra nell'articolo non ha niente da invidiare a chi ha potuto ragionare sul Vietnam col senno di poi. Allo stesso tempo ci sono, nel pensiero dell'autore, delle sfumature che il passaggio dei decenni ha finito col far sbiadire e che è invece è affascinante cogliere.

E' banale quello che dice Galbraith? Semplice? Dopotutto sta dicendo che la Guerra in Vietnam è un disastro, è quello che praticamente chiunque oggi afferma. Cerchiamo di rimettere in prospettiva (da bravi storici) il suo documento: si tratta di un articolo del 1967. L'America avrebbe continuato a mandare a morire i suoi ragazzi intorno alle infide acque del Mekong fino al 1972 (quindi per altri cinque anni).

 L'America avrebbe continuato a mandare a morire i suoi ragazzi intorno alle infide acque del Mekong fino al 1972 (quindi per altri cinque anni)

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Il lavoro degli storici è affascinante. Ragionare come storici, forse, lo è ancora di più. Per quello che riguarda la storia più recente siamo letteralmente circondati da documenti di valore inestimabile. Ovviamente Playboy è solo un esempio (e poi, si, ammettiamolo, ha anche le donne nude), ma qualsiasi emeroteca conservi i quotidiani del passato, qualsiasi collezione di riviste o giornali d'epoca contiene un punto di vista sul passare del tempo che non è disponibile da nessun'altra parte e che spesso è intrigante recuperare.

Magari domani vi ritroverete a guardare un vecchio numero di TV Sorrisi e Canzoni, che avevate usato per foderare la cassetta del gatto, con occhi differenti.

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