OMEN IN NOMEN - Il primo segreto di Roma

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Buon giovedì, viaggiatori del tempo!

Avete mai avuto la curiosità di conoscere cosa si nasconde dietro il nome della città di Roma? Scopriamolo insieme a crilu98 che ci ha voluto raccontare l'affascinante mistero.

Buona lettura!


Ai lettori che amano viaggiare nel tempo sarà capitato, su Wattpad o fuori, di farsi un giro nell'antica Roma – magari vi siete intrufolati nella lussuosa e spietata corte di Nerone, oppure avete seguito le imprese di Cesare o ancora l'inarrestabile ascesa di Augusto – e pensate che ormai questa città grandiosa e immortale non abbia più segreti per voi.

Eppure c'è un mistero che gli storici non sono stati in grado di risolvere, un enigma che affascina da tempo studiosi e appassionati: perché Roma si chiama proprio così?

Per provare a capirlo bisogna fare un passo indietro fino all'VIII secolo a.C., quando la capitale del mondo antico era ancora solo un villaggio di pastori Latini, fondato da poco.

E qui la Storia si intreccia così strettamente con le trame del mito che distinguere verità e fantasia diventa impossibile: gli stessi storiografi romani – le cui opere miravano ad avere un elevato grado di obiettività e veridicità – sono particolarmente affezionati alla leggenda di Romolo e Remo, i pronipoti di Enea che dopo aver liberato Albalonga fondarono il primo nucleo di Roma.

L'ipotesi tradizionale vuole che Romolo abbia dato il proprio nome alla città che costruì, come era usanza nell'antichità (basti pensare a tutti i centri fondati da Alessandro Magno); è più probabile però che sia accaduto l'opposto e che Roma, la cui fama iniziava a spandersi per tutto il Mediterraneo, abbia battezzato a posteriori il proprio fondatore e gli abbia donato un antenato illustre, ricollegandosi alla ricca tradizione epica secondo cui gli esuli Troiani avevano fondato nuove colonie in Occidente.

E proprio all'ascendenza troiana si fa risalire una delle possibili etimologie di Roma, perché gli storici greci, forse nel tentativo di ingigantire la primitiva influenza ellenica sulla città, insistono sull'assonanza tra «roma» e «romé» (ovvero forza, in greco antico). Sempre dal greco – e precisamente dal verbo «ruo», che vuol dire scorrere – deriverebbe l'antico nome del Tevere, Rumon o Ruor: in questo senso, il nome di Roma andrebbe letto semplicemente come «città sul fiume».

È stata avanzata anche un'etimologia di origine etrusca/proto-latina, secondo cui Roma derivi da «ruma», parola dal duplice significato di mammella e pianta di fico. Entrambi sono simboli di forza e vitalità che ricorrono più volte nel mito della fondazione: furono le fronde di un fico sulle rive del Tevere a intrappolare la cesta in cui Romolo e Remo erano stati adagiati e sotto quella pianta i gemelli furono allattati dalla famosa lupa (che nell'iconografia di stampo etrusco era infatti rappresentata con le mammelle gonfie di latte). Inoltre il Palatino, che secondo il mito è il punto in cui i due furono ritrovati e in cui Romolo fondò la città, in origine presentava due sommità separate da un avvallamento: nell'insieme, il colle doveva somigliare proprio a due seni.

Ma la teoria più affascinante ha poco a che fare con la lingua parlata dai primi Romani e verte piuttosto sui complessi riti sacri che si accompagnavano alla fondazione di una città. Secondo gli antichi nei nomi era contenuta l'essenza di ogni cosa e conoscere il nome di una città conferiva un potere immenso su di essa; perciò nel momento in cui un insediamento veniva consacrato gli venivano conferiti due appellativi, uno pubblico e l'altro sacro e segreto, intimamente connesso col nume protettore della città. Se tale conoscenza fosse diventata di dominio pubblico, la città sarebbe andata incontro a sventura certa – lo sapevano bene i Romani che, pragmatici come pochi, non si facevano scrupolo a "contrattare" con gli dei per conquistare i territori nemici (Tito Livio racconta che la definitiva sconfitta di Veio dopo un conflitto plurisecolare fosse da imputare al fatto che la dea Giunone avesse abbandonato gli Etruschi in favore dei Romani).

E anche se sembra facile derubricare questa pratica a superstizione primitiva, ancora in età repubblicana si mandava a morte chi osava disobbedire ad Angerona, dea del silenzio, e diffondere il nome segreto della città.

Qual è dunque il vero nome di Roma? Nel corso dei secoli si sono succedute numerose ipotesi più o meno fantasiose.

Alcuni affermano che la città fosse consacrata a Marte, padre dei gemelli fondatori, o a Vesta, divinità arcaica e importantissima del pantheon romano; altri ancora nominano Quirino, Maia, Opi, Flora... E c'è anche chi, facendo riferimento al graffito ritrovato a Pompei, sostiene che per conoscere il vero nome di Roma basta porsi davanti a uno specchio: al contrario, infatti, «roma» si legge «amor» e la città sarebbe dunque protetta da Venere, già mitologica progenitrice di Enea.

Un nome palindromo dai connotati magici e autoreferenziali, chiuso nella sua autosufficiente perfezione, era anche la teoria favorita da Pascoli, che nel suo Inno a Roma scrive:

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Un nome palindromo dai connotati magici e autoreferenziali, chiuso nella sua autosufficiente perfezione, era anche la teoria favorita da Pascoli, che nel suo Inno a Roma scrive:

Risuoni il nome che nessun profano

sapea qual fosse, e solo nei misteri

segretamente s'inalzò tra gl'inni:

Amor! oh! l'invincibile in battaglia!

oh! tu che alberghi nei tuguri agresti!

oh! tu che corri l'infinito mare!

Vennero in prima schiere a te, per l'onde,

d'esuli armati, ed una stella d'oro

reggea le navi incerte del cammino;

a te noi genti italiche la stella

d'allora, tra le fiamme e tra le morti,

col raggio addusse che giammai non muta.

Purtroppo non saremo mai in grado di dare una risposta soddisfacente a questo quesito – anche perché la maggior parte delle testimonianze dirette sull'età monarchica sono andate perdute col sacco dei Galli Senoni nel 390 a.C.: il nome della Città Eterna rimane ancora oggi, quasi tremila anni dopo, il segreto più antico e meglio custodito della sua lunga storia. 

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