Paolo Borsellino e la sua scorta

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Buongiorno viaggiatori del tempo!

Oggi siamo qui per proporvi un aggiornamento extra e per commemorare un terribile avvenimento che ventisette anni fa ha segnato l'Italia intera.

Il 19 luglio del 1992, il giudice Paolo Borsellino, ancora segnato dalla morte del suo amico di vecchia data, Giovanni Falcone, dopo pranzo volle andare dalla madre per farle visita. Quella visita, però, si concluse prima ancora di iniziare.

Cinquattasette giorni prima, il 23 giugno, uno dei suoi più grandi amici e colleghi perse la vita nella così chiamata Strage di Capaci. Il giudice Giovanni Falcone, a bordo di una Croma bianca, adesso famosa in tutto il mondo, stava rientrando a casa dopo un viaggio di lavoro a Roma. Poche furono le speranze quando una grossa esplosione inghiottì l'autostrada e con essa anche il giudice, la moglie e la scorta che lo accompagnava continuamente.

 Poche furono le speranze quando una grossa esplosione inghiottì l'autostrada e con essa anche il giudice, la moglie e la scorta che lo accompagnava continuamente

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Questa perdita per Borsellino fu atroce per tanti motivi. Non solo per la rabbia che provava nei confronti della mafia o per la perdita del suo collega e compare, ma anche perché azionò nella sua testa un timer impossibile da fermare. Da quel momento, Paolo Borsellino capì che il prossimo sarebbe stato lui.

Proprio per questo motivo iniziò a distaccarsi dai suoi familiari e a comportarsi freddamente, nella speranza che dopo avrebbero sofferto meno la sua morte. Continuò imperterrito la sua battaglia contro la mafia e rifiutò più e più volte la scorta. Spesso si definiva come "un morto che cammina", non c'erano più speranze per lui e cercò in tutti i modi di non far correre rischi a nessuno oltre lui.

«Mi uccideranno, ma non sarà una vendetta della mafia, la mafia non si vendica. Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri».

Il Maxi Processo era ormai realtà e l'assenza del suo compagno e collega non doveva inficiare la cosa. Le indagini dovevano continuare. Continuò imperterrito a lottare e a indagare, cercò di portare a galla quanto più marcio possibile e si privò dei momenti più importanti per lui e per la sua famiglia.

Quel timer continuava a scorrere, senza però mostrare il tempo effettivo che rimaneva a Paolo Borsellino e quando arrivò la scadenza ci fu poco da fare.

Quel 19 luglio, dopo pranzo, il giudice andò dalla madre, come già deciso telefonicamente. Queste telefonate però vennero intercettate in tempo e i fautori della strage riuscirono a organizzare il tutto nei minimi dettagli.

In quello spiazzale, mimetizzata insieme ad altre centinaia di auto, vi era una Fiat 126 verde carica di esplosivo e telecomandata a distanza. Appena il giudice suonò al campanello, in pochi secondi il tutto si trasformo in una strage. Del giudice non restò nulla se non dei brandelli di carne. La scorta, nonostante i suoi infiniti rifiuti, continuò a scortarlo fino all'ultimo e i cinque agenti, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Claudio Traina, Vincenzo Li Muli e Walter Eddie Cosina, trovarono la morte con lui.

Le facciate dei condomini adiacenti allo spiazzale furono annientate dall'esplosione, così come l'intero parcheggio con auto annesse. Fu una distruzione terrificante.

Oggi, in Via D'Amelio, proprio di fronte alla casa della madre del giudice Paolo Borsellino, vi è un albero commemorativo che ancora viene addobbato quotidianamente da passanti, da palermitani, da siciliani e da turisti di tutto il mondo con candele, lettere, magliette, targhe, fasce e ogni tipo di oggetto che le persone sentono di voler donare a quel piccolo albero.

Oggi, in Via D'Amelio, proprio di fronte alla casa della madre del giudice Paolo Borsellino, vi è un albero commemorativo che ancora viene addobbato quotidianamente da passanti, da palermitani, da siciliani e da turisti di tutto il mondo con cande...

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Ancora oggi l'Italia ricorda quel periodo con immenso dolore e approfitta delle vacanze per commemorare i giudici che hanno rivoluzionato i processi italiani, aiutando la Sicilia a ridurre uno dei mali peggiori che abbia infettato quella splendida terra

Ancora oggi l'Italia ricorda quel periodo con immenso dolore e approfitta delle vacanze per commemorare i giudici che hanno rivoluzionato i processi italiani, aiutando la Sicilia a ridurre uno dei mali peggiori che abbia infettato quella splendida...

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Vogliamo concludere questo articolo con una delle più famose frasi di Paolo Borsellino, diventata uno slogan contro la mafia e impressa nelle menti di molti.

"Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola"

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