Capitolo 25. Università

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CHLOE'S POW

Ero bloccata in macchina da un'ora più o meno. A Manhattan c'era sempre traffico, ma mai come quella mattina.

Accesi la radio e partì "Love runs out" dei One Republic.

Ero molto stanca, più del solito. Quella notte non avevo dormito, ero sconvolta da quello che era successo alla festa. Lizzie mi aveva raccontato della sua discussione con Luke, del bacio, del litigio, ma non so fino a che punto le cose potessero essere vere. Era ubriaca fradicia.

Il traffico si sbloccò velocemente e voltai finalmente a destra,sbucando sulla centrale. Dopo pochi minuti, arrivai all'Università.

Spensi la radio, e uscii dall'auto, misi l'antifurto e mi diressi spedita verso la scalinata. Considerando il fatto che ai piedi avevo delle Dr Marteens, il tragitto fu abbastanza comodo. Prima di varcare il grande atrio, mi sistemai i capelli e i vestito e il cardigan, poi con molta disinvoltura mi diressi alla caffetteria e chiesi un pacchetto di gomme. Ne infilai in bocca una ed entrai in classe.

-Ehm, scusate il ritardo...- dissi arrossendo. Ero arrivata tardi, cazzo.

-Si figuri- il professore annuì.

-Il suo nome?- chiese.

-Chloe Taylor- risposi. In quel momento sentii qualcuno tossire; sembrava la voce di un ragazzo.

LUKE'S POW

Quando sentii quel nome, mi girai immediatamente verso la ragazza che lo aveva pronunciato. Era lei, proprio la ragazza che volevo vedere in quel momento. Era seduta a uno degli ultimi banchi, e si accingeva a prendere dalla borsa i libri necessari. Era bellissima, bellissima come lo era in ogni occasione. Aveva i capelli raccolti in due trecce ed un vestitino nero morbido, coperto da un cardigan dello stesso colore. Stranamente notai che al posto dei suoi soliti trampoli, aveva degli scarponcini neri. Si guardò intorno, ed incrociò il mio sguardo. Ammiccai, ma lei aveva già abbassato la testa sul libro.

Durante la lezione, svolta in un silenzio tombale, scrisse più volte su un'agenda ciò che il professore spiegava, e così fece fino al suono della campanella.

Aspettai che mettesse l'agenda in borsa e che si alzasse e poi feci lo stesso anche io. Stava per uscire dall'aula, con lo sguardo fisso sul pavimento, quando la bloccai sulla soglia stendendo un braccio e appoggiando la mano allo stipite.

-Non puoi evitarmi- le dissi.

-Lasciami in pace- rispose e fece per passare.

Le bloccai il passaggio di nuovo e continuai con la mia tortura.

-Che c'è, mi stai evitando per caso?- ridacchai.

-Oh, forse sì...- rispose con aria maliziosa e innocente allo stesso tempo, finalmente guardandomi negli occhi.

-Cosa ho fatto di male per non meritare la tua attenzione?- le dissi, con il suo stesso tono.

-Non tutti vogliono starti intorno-.

Ridacchai di nuovo e lei fece una smorfia di disgusto.

-Ora fammi passare.-

-No-

-E invece si-.

-Ti ho detto di no-

Sbuffò toccandosi le trecce. Era adorabile anche quando si innervosiva.

-Facciamo una cosa, io ti faccio passare se tu rispondi alla mia domanda.-

Annuì e incrociò le braccia.

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