VIII - Banditi e pistoleri (2/3)

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I cani abbaiarono nel recinto accanto al capanno, eccitati dall'odore del sangue; altrettanto inquieti i cavalli risposero e Dixie strinse i denti (che dal canto loro traballarono): aveva imparato a ignorare il loro dolore perenne, ma farsi bucare la carcassa...quello perdio, si che fa male!

"Squaw bianca, è come guerriero"; l'omone ciondolò accovacciato dietro i cespugli con tutto il peso appoggiato sulla gamba sinistra, che già non ce la faceva più; al centro dell'altra un incrocio di bende marcava l'ammaccatura di cui si sarebbe ricordato.
Mal di testa da postumi gli strinse il cranio intrecciandosi al bruciore perenne dell'intera mascella, e a quello più recente e acuto dalla medicazione in corteccia di salice: se non altro la pallottola era uscita. Tu piccola troia velenosa...

Dixie appoggiò la mano al fianco e le dita sulla pistola, l'ululato di Eskimo si impose sui compagni di muta che abbassarono i toni; senza più nessuno con cui parlare anche i cavalli azzittirono e nel silenzio fu ancora più evidente la loro figura barbina: li avevano presi sotto gamba e si erano fatti inculare come pivelli.
Le dita si contrassero sul calcio della Colt Ballestrero. Il capo non sarà contento.

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Il sole era basso e la sera incipiente sopra l'abetaia coperta di neve; c'era tuttavia ancora luce, il cielo era chiaro (sebbene le nuvole intorno alle montagne preannunciassero maretta qualche migliaio di piedi più in alto) e il capanno si trovava di trequarti a loro a una distanza di centocinquanta iarde circa: era circondato da un piccolo tratto di terreno sgombro largo quaranta passi che si interrompeva sulla riva del lago ghiacciato...e la porta, ovviamente, era chiusa.

Alzò gli occhi: due finestrelle protette da imposte grezze si aprivano in cima alla parete laterale di tronchi, sul fondo del capanno ce n'era un'altra ma, come quelle, era troppo stretta perché qualcuno ci potesse passare per fuggire (o per entrare se è per questo).
Certo, avrebbero sempre potuto aspettarli al varco...ma una vocina gli sussurrava che non avevano tempo di giocare all'assedio perché Jub' non era tornato. Qualcosa è andato storto.

"Squaw bianca, come guerriero" ripeté Occhio-Aperto. "Ma non può scappare".

"Grazie al cazzo muso rosso, se ci prova la ammazziamo come la cagna che è...ma cellai qualche idea per prenderla, invece, eh?!?".

"Che mio fratello Testa-Rossa si calmi e ascolti: il guerriero può usare le frecce di fuoco-".

"Ma sei matto?? E tutta la roba che c'è dentro? Brutto selvaggio!". Dixie squadrò corrucciato la faccia scura del pellerossa, che si accigliò e non rispose; ma la questione rimaneva: come cazzo la risolviamo?
Erano infatti presi in uno stallo: i due stronzi non potevano andarsene ma loro non potevano neppure beccarli...e cercare di farli fuori sparando contro la baracca era fuori discussione perché i tronchi erano spessi e non c'era piombo da sprecare; in più la sera sarebbe arrivata presto e con lei il freddo, e Jub' doveva tornare già ieri...

Preoccupato e dolorante Dixie scorreggiò, si strofinò le mani e poi ci soffiò sopra; il sole era basso fra i bianchi cumuli imponenti che lo circondavano, incendiati di bagliori, da loro lo sguardo venne catturato dal filo di fumo che saliva dal comignolo del capanno...e i denti piantarono una fitta che aveva dell'invidioso.

"Porcoddio". Dixie rabbrividì, le sue carie non gradivano il freddo e lo faceva incazzare che gli stronzi invece avessero il fuoco...

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