XXIII - Il campo del nemico (1/2)

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Il gruppo di cavalieri inviato da Capo Pietra-di-Vento contava una ventina di uomini non più giovanissimi, fra le trentacinque e quaranta stagioni, scelti fra i cacciatori più abili della tribù: approfittando della luna piena e senza risparmiare i mustangs raggiunsero prima dell'alba il Passo dei Visi-di-Roccia, poco oltre le propaggini delle foreste che ammantavano l'altopiano del Lago Silente, a quindici ruote circa dal villaggio.

In quel luogo Capo Pietra-di-Vento aveva stabilito che il cattivo spirito dovesse essere fermato, col fuoco e con le loro vite se necessario, e gli uomini furono rapidi a dispiegarsi: per prima cosa due sentinelle vennero inviate alla base della salita portando i tamburi con cui avrebbero segnalato l'arrivo dei nemici, a cui avrebbero fatto da esca tirandoseli dietro lungo l'ascesa che nell'ultimo tratto si addossava alla costa, ed era cieca a un centinaio di iarde dalla cima.
Al riparo del fortino naturale di massi della sommità, vennero preparati i fuochi, dentro buche profonde due piedi perché non fossero visibili da lontano e il vento non li spegnesse; mentre una parte dei cacciatori si occupava di questo altri prepararono le frecce incendiarie cospargendo di cera e resina pezze di tessuto vegetale, che poi furono avvolte intorno alle aste dalla punta di osso o legno indurito.

Da lì i cacciatori appostati avrebbero preso d'infilata i nemici, e ciascuno di loro lavorò alacremente al compito che gli era stato assegnato; ma ciò che restava della notte e poi il mattino scivolarono lenti e deserti e i soli che arrivarono alla salita, nel primo pomeriggio, furono i superstiti appiedati ed esausti del gruppo che era stato mandato alla Rupe dei Cento Falchi: con loro c'era il giovane Unghia-di-Puma, uno dei molti figli di Volpe-Danzante, che riferì ai guerrieri più anziani il messaggio recato da suo fratello Aquila-Bianca.

Le parole del guerriero orfano portarono incertezza nel cuore degli uomini mandati a combattere i lupi; tuttavia nessuno poteva mettere in discussione gli ordini di Capo Pietra-di-Vento, così al giovane venne dato un cavallo ed egli proseguì per il campo, mentre il gruppo, che ora contava più di trenta guerrieri, si preparò a ricevere i nemici e ad esigere il prezzo del sangue.
E i nemici vennero soltanto dopo il crepuscolo, quando i tamburi delle sentinelle iniziarono improvvisamente a rullare...interrompendosi quasi subito sul tuono di un'arma da fuoco.

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Dal cielo sgombro di nubi la luna gettava luce d'argento sui massi carsici che fiancheggiavano il sentiero, scolpiti dal vento e dal gelo in forme che ricordavano volti anziani: si mescolò a quella sporca e sanguigna delle fiamme mentre i fuochi venivano accesi rapidamente e gli arcieri a piccoli gruppi attendevano con gli occhi fissi sulla svolta cieca della pista...ma fu un cavallo al passo quello che li raggiunse un quarto d'ora dopo, in sella al quale c'erano le due sentinelle entrambe vive, legate e imbavagliate.

I primi guerrieri a precipitarsi allo scoperto si arrestarono dopo poche iarde, quando alle spalle del mustang ne spuntarono altri due, su cui sedevano una donna e un ragazzo: entrambi reggevano una lancia tenuta orizzontale sopra la testa...quindi, per ultimo, il cavallo su cui montava l'uomo dalla faccia pelosa.

"Fratelli! Viene il lupo!"

Contemporaneamente la donna in sella gridò in dialetto La-ku-tah: "Noi veniamo in pace!".

E per un attimo le urla si sovrapposero nello stallo: poi Fuoco-dal-Cielo - che era stato fratello adottivo di Mano-Lunga, che era stato accolto nella sua famiglia quando suo padre era morto, e che aveva amato quell'uomo come se avessero avuto un vincolo di sangue - puntò alla testa del lupo e scoccò, subito imitato dal suo amico Nato-in-Piedi.
Dopodiché l'aria fu scossa da tuoni e il suo arco, assieme a quello del compagno, gli si spezzò in mano investendolo di schegge.

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