XI - Esploratori e Canaglie (2/2)

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1

Montego sentì il metallo piantarsi nella carne, quindi il mondo si rovesciò: l'impatto col suolo fu altrettanto duro e spense ogni cosa.

❊\> • °

Si risvegliò nel buio, coperto di neve, richiamato dall'eco immaginaria di una voce che gli tremò in corpo e trasmise calore: era bello, era piacevole, abbandonarsi sarebbe stata cosa buona...

No.

E per non farlo mise dritto il corpo, che era distante e pesava come una montagna, poi strinse le dita intorno al metallo piantato nella carne e tirò: uscì sangue, uscì dolore e un gemito strozzato inghiottito dal vento e dalla vibrazione del cielo.

Calore liquido gocciolò attraverso la mano contratta: sarebbe stato bello godere di quel calore, abbandonarsi, permettergli di togliere significato a tutto...

No.

Il bandito fece un passo da ubriaco stringendosi il foro: anche il dolore era bello, era caldo, era distante e lasciarsi andare sarebbe stato bello-

No...io non voglio crepare.

2

Uscì allo scoperto e l'aria tagliente lo investì restituendogli vaga lucidità; uno spicchio di luna accennava fra sprazzi verdi e viola, gialli e arancioni: si aggrappò al chiarore della notte scacciando la necessità di stendersi, di godere del conforto dell'ipotermia, di abbandonarsi una volta per tutte. L'eco si ripeté pronunciando parole che appartenevano ad un passato lontano, un volto sfocato dal tempo gli apparve davanti e gli sorrise, quindi svanì, ad eccezione degli occhi...e sbattendo i suoi il bandito capì, con lentezza esasperante, che si trattava di finestre illuminate.

Le gambe iniziarono a muoversi: raggiunse il bordo del fiume, inciampò, cadde e il braccio ferito non lo sostenne quando provò a tirarsi su. Ma la neve era calda sulla faccia come una carezza di donna no io sono Boss Montego io non voglio crepare!

Si tirò su facendo forza sul braccio sinistro e la notte lo chiamò con una voce scomparsa da quindici anni: e magari fu soltanto la mano del diavolo patrono che lo tenne su fra le raffiche permettendogli di risalire il fiume ghiacciato per duecentosessantasei iarde prima di raggiungere gli occhi del viso fantasma, e accasciarsi contro la pesante porta di legno...

...ma il chiavistello era ghiacciato e non si mosse quando ci provò: e il calore che gli bruciava il corpo semiassiderato era una tentazione troppo piacevole per poter resistere ancora.

❊\> • °

Un tempo indefinito dopo si ritrovò su un letto di pellicce, in un ambiente altrettanto indefinito dove non era solo.

Istintivamente avvicinò la mano alla pistola: fu pateticamente lento e il dolore lo trafisse; l'altro non ne approfittò malgrado ne portasse una anche lui, una cinque-colpi come quella del suo compañero Jubal Ford allacciata sotto la spalla, che indietreggiò assieme allo sconosciuto fra confini sfocati di legno.

La vista andò insieme per un paio di secondi, quando tornò più o meno stabile gli restituì l'immagine di un ragazzetto magrolino vestito di pelli, il nasino a patata, i capelli corti, dritti e marroni e gli occhi dello stesso colore, spalancati come due fanali: un bimbo, un bimbo con la pistola...

"...chi sei tu...".

"Timmy?? E tu chi sei?!?".

La voce era acuta di spavento; Montego rilassó le dita e la ferita pulsò: ricordò che qualcosa lo aveva colpito mentre stava per fare fuori lo sbirro...poi era caduto...poi era venuto il buio...e poi le voci.
Allontanò le dita dall'arma, il movimento fu accompagnato da dolore intenso; realizzó di trovarsi a pianoterra di un letto a castello e di essere stato spogliato del giaccone di pelliccia, rimanendo con il solo maglione di lana: una percezione di pesantezza calda e dolorosa gonfiava la destra del petto...

Antico SegretoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora