XIII - Nelle terre gelate (2/2)

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Montego socchiuse gli occhi: si sentiva debole, accaldato, dolorante...e avvertiva vago tepore intorno a sé.
Il bandito mosse leggermente il capo, ombre affiorarono indistinte da un ambiente rosso e nero che sapeva di fumo e uova marce; quindi l'immagine di forme confuse che gli si paravano davanti, di lance puntate, di archi tesi, lo fece sussultare: lo sbirro, il cavallo, los indios, q-que...

L'aria che risucchiò era acre, gli pizzicò nella gola riarsa; tossì e una sensazione di dolore si diffuse nel corpo partendo dalla spalla, ricordandogli che era stato ferito: ma come era successo?
Le ombre dell'ambiente e della memoria presero contorni vaghi alla luce bassa delle braci di un bivacco: la pollastra, lei, lei mi ha sparato, mi ha...

Un volto dai tratti affilati, completamente glabro, si voltò verso di lui: occhi attenti e severi lo fissarono sotto una massa di capelli a trecce. Chi...sei tu?
Senza capire Montego fece per alzarsi e gli arti non risposero: ricadde sulla schiena, il corpo mandò dolore, provò a muoversi e si accorse di essere legato; sotto di lui c'erano coperte e pelli, alzò la faccia trovando i pali di un tepee.

Il cuore gli schizzò in gola. "Tonka 'no gii?".

Un...muso rosso...Cristo Benedetto m'hanno preso i musi rossi...

Il bandito fece per indietreggiare e si arrestò contro la tenda. L'indiano sedette sui talloni, appoggiò gli avambracci sulle cosce e giunse davanti al corpo mani grandi dalle lunghe dita: era giovane, non più di trent'anni, la faccia appuntita dell'incarnato leggermente scuro, gli arti magri ma muscolosi sotto vestiti pesanti di pellicce; collane e monili ciondolavano al collo intorno al sacchetto della medicina, un tomahawk (notato in ritardo) era appeso alla cintura accanto ad un paio di bisacce e un fodero di coltello.
Il pellerossa ricambiò l'occhiata inclinando leggermente il capo: "Wasichu¹, tonka 'no gii?".

Montego scosse il suo e abbassò la faccia: le fondine penzolavano vuote ai fianchi. Provò a inghiottire e la gola completamente asciutta si rifiutò.

"...agua" mormorò avvicinando le mani legate alla bocca, mimando il gesto di bere. "Agua...agua por favor...".

L'indiano socchiuse leggermente gli occhi, quindi prese una borraccia e gliela accostò alle labbra: l'acqua era gelida e pura, la trangugiò con avidità rimanendone vivificato, i musi rossi, la pollastra, mi ha sparato, lo sbirro, il mecca, la pistola, dove-
La borraccia gli venne allontanata, si tese in avanti e il pellerossa gli colpì il torace a mano aperta: ricadde sulla schiena e la spalla ferita urlò, il suo in risposta fu un mugolio patetico.

"Ah'noo, chch-tà!".

Dove...cazzo mi avete portato...

Calore febbrile lo risalì misto a vertigini; strizzò gli occhi, inghiottì, li riaprì alla faccia seccata del muso rosso fra chiazze di luce e ombre di fiamme: doveva essere giorno, da quanto tempo era lì?
Il fuoco scoppiettò sollevando scintille, le manone dell'indio lo misero seduto senza troppi complimenti; iniziò a tremare, la spalla ferita protestò. "Dove...dove sono, hombre, d-donde somos...".

Il muso rosso non rispose: data un'ultima occhiata alle corde che gli immobilizzavano polsi e caviglie, si alzò, si voltò e scomparve dietro il telo che copriva l'ingresso della tenda.

2

Voci parlarono fuori dal tepee nello stesso dialetto incomprensibile, allontanandosi.

Rimasto solo il fuorilegge sedette lottando contro i sussulti dello stomaco, che minacciava di buttar fuori quel poco d'acqua che gli avevano dato; quando i tremiti si furono calmati si prese un momento per fare il punto, le idee che tornavano lentamente e alla rinfusa: lo sbirro non lo aveva preso...ma le buone notizie si fermavano lì, perché se non era stato lo sbirro erano stati i musi rossi, e non aveva idea di dove lo avessero portato...e probabilmente aveva la febbre...e di sicuro non sarebbe mai riuscito a svignarsela in quello stato, non sarebbe manco riuscito a slegarsi se è per questo...

Antico SegretoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora