Capitolo ventisette

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F

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Mills è silenziosa sulla via di casa. Nega che ci sia qualcosa che non va e, magari, quello che la preoccupa non è nemmeno legato a me. È che quando sei abituato a portare il caos nella vita degli altri, ti viene normale addossarti ogni ruga sulla fronte di chi ti sta vicino.
È normale che, quando ami qualcuno, ti preoccupi.
L’ho detto.
E devo essere impazzito, perché so che è presto per parlare d’amore. Perché sapevo che l’avrei spaventata.
Sapevo come avrebbe reagito.

Il fatto è che non dici “ti amo” a qualcuno per sentirtelo ripetere indietro, lo dici perché è qualcosa che senti. È un sentimento che ti definisce, nei gesti e nelle azioni, e voglio che Mills lo sappia.
Ecco perché l’ho detto. Il suo silenzio è la mia punizione, per tutte le volte che l’ho fatta preoccupare.
Ci vorrà del tempo prima che si fidi di nuovo di me.

Anch'io sono distratto; il mio primo viaggio a Blackburn in un decennio non è andato male quanto credevo. Pensavo di avere solo brutti ricordi ma, nonostante il dolore, ho vissuto anche tanti bei momenti. Quando arriviamo a Blackpool è tardi, abbiamo cenato in un fast food, sulla via del ritorno.

Appena entriamo in casa, Mills si dirige in cucina e accende la macchina da caffè. La mia ossessione di toccarla, andare oltre, ogni volta che la bacio si sta facendo insostenibile. Durante il viaggio di ritorno, chiusi nell’abitacolo, il suo profumo mi ha fatto impazzire, ricordandomi il gusto e la sensazione della sua pelle.
Non sono sicuro di poter resistere ancora a lungo; ho bisogno di Mills nel mio letto.

«Smettila». Sbatto le palpebre sorpreso e guardo Mills, appoggiata al bancone della cucina.
Le sue labbra increspate e lo sguardo accusatorio mi dicono che il corso dei miei pensieri era più evidente di quanto immaginassi.
Colpevole.
«Di fare cosa?», chiedo con finta innocenza.
«Di pianificare». Un sorriso le guizza sulla bocca e il desiderio si fa più intenso. Mi avvicino a Mills, le sposto i capelli dietro le spalle e le accarezzo la guancia con le dita. I nostri occhi si trovano e condividono il mio stesso desiderio, lei mi vuole quanto io voglio lei.

Facendo scivolare la mano lungo la sua schiena, e la attiro a me. Traccio la linea delle sue labbra con il dito e lei le socchiude. Mills avvolge le braccia intorno al mio collo e fa scorrere la lingua lungo il mio labbro. Gemo e mentre lei reclama la mia bocca.

La morbidezza e il calore di Mills mi consumano, non riesco a respirare. La spingo contro il bancone, e mentre le sue mani si muovono sotto la mia camicia, il desiderio prende il sopravvento, sento il bisogno feroce di farla mia.
«Ti voglio, Mills ti voglio da impazzire», mugugno, inchiodandola alla panca con i miei fianchi. Non c'è modo che possa nascondere l'effetto che ha su di me, sono eccitato, tanto che lo sento pulsare in modo doloroso. Gli ultimi giorni hanno reso insignificante la frustrazione sessuale provata a Carbost.
La risposta di Millie è un bacio appassionato, profondo, di quelli in cui ci perdiamo l'uno nell'altro. Faccio fatica a trattenermi, voglio prenderla qui.
Adesso.
Ma devo essere sicuro che sia quello che vuole. Appoggio la testa contro la sua fronte, il respiro affannoso.
«Non fermarti», sussurra lei. La afferro per i fianchi e la alzo sul bancone. Non aspetto più, non ho freni e sollevo il suo maglione, baciando, mordicchiando e leccando ogni centimetro di pelle accaldata.
È più liscia e morbida di quanto ricordavo.
È meglio di ogni stupido, pallido, ricordo. Lei infila una mano tra i miei capelli e mi tira indietro la testa.

«Non qui, non questa volta». Incontro i suoi occhi e il desiderio che vedo copia il mio. So a cosa sta pensando, a cosa sta ritornando. Alla sera in cui ho smesso di negare quanto la desideravo, la volta in cui ho dimostrato di avere il controllo sui miei impulsi e desideri. La stessa lotta che sto compiendo ora.
«Non siamo più a Carbost», dico ammiccante, e le sue pupille si dilatano mentre le sbottono i jeans.
«Non ti avrei permesso di farlo di nuovo», ribatte lei.
«Merda. Okay». Faccio un passo indietro e mi passo una mano tra i capelli.
«Finn...», Mills mi strattona, attirandomi a sé con la maglietta. «Intendevo che non non ti permetterò di restare vestito come hai fatto quella notte, perché voglio tutto di te, se tu vuoi tutto di me. E non lo faremo qui».
«Se è così, possiamo rimediare subito», la faccio scivolare indietro sul bancone e poi la carico in spalla, in un modo molto familiare.
«Mettimi giù!», si ribella, ma ride. Lo sento.
«Posso essere rude o estremamente delicato, la scelta è tua Raggio di Sole». La sua camicia scivola in avanti, scoprendo la pelle liscia come la seta. Strofino il naso contro il suo fianco mentre la porto verso la camera da letto e lei si divincola sopra di me.
Apro la porta della mia camera con un calcio, e la lascio cadere sul letto.

YOLO ~ FillieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora