Capitolo 5

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Stella

Mi colpì senza preavviso e mi costrinse ad accasciarmi alla parete.
Mi prese i capelli e me li tirò indiero.
"Senza i tuoi denti, non sei un cazzo"
Mi fece tirare sù e mi diede un pugno in faccia, dritto sullo zigomo.
"Ahahah" risi sputandole addosso tramite i buchi della maschera.
"Ragazze!" urlò "venite a pestare questa merda!"
Presto mi ritrovai circondata da molte detenute, non persi tempo e mi liberai dalla mia gabbia metallica.
Indietreggiarono tutte mentre mostravo i denti in segno di difesa.
La ragazza scoppiò a ridere mentre le addentai il labbro strappandole la succulenta carne. Finì a terra sanguinante, le altre scapparono lontano ma ne bloccai alcune mordendole alle caviglie o ai polpacci.
"Bastarda" mi disse "spero che brucerai all'inferno"
"Ci vediamo lì" finii la frase per poi divorarle la faccia.
Le guardie arrivarono ma si dovettero accasciare per lo spettacolo macabro.
Mi alzai delicatamente, mi sistemai il camice e mi rimisi la maschera allentata poi mi consegnai a loro.
Si meravigliarono del mio comportamento e decisero di deviare, prima di portarmi in cella.
Aprirono una stanza e mi buttarono dentro.
"Stella giusto?" una voce mi fece sobbalzare dalla paura.
"Dopo domani potrai tornare a casa, i tuoi giorni qui sono finiti"
"Davvero?" chiesi
"Si. Non ti vogliamo mai più vedere. Mai più" ripeté l'uomo.
"Cercherò di sparire dalla sua vista agente"
"Perfetto. Verrai portata con un carro funebre nel tuo paese"
"Perché?"
"Vogliamo tenere un basso profilo. Ti scaricheremo nel cimitero"
"Grazie" ghignai ironica
"Ma prima di andare... " disse per poi estrarre un oggetto nero dalla sua divisa che mi conficco nel fianco provocandomi una scarica elettrica blu.
"Cazzo" imprecai tenendomi mentre caddi a terra, strusciando la schiena sulla parete.
"Eri davvero convinta che ti volessi bene? Che ti rispettassi? Tu sei un mostro, un essere che non dovrebbe esistere e ora ti saluterò come si deve"
Mi prese i polsi e me li legò ad un letto lì presente. Si tolse i pantaloni e mi spogliò della mia dignità.
Mi violentò. Un altro abuso, altro sporco sperma dentro e fuori al mio corpo. Mi constrise a fargli un pompino e se mi rifiutavo mi sedava con dei calmanti e scariche elettriche. Non riuscivo a muovermi ero come paralizzata e allora eseguivo come richiesto.
Una volta finita questa tortura mi fece alzare e mi accompagnò nella mia cella, dove facemmo sesso anale.
Mi abusò un ultima volta e mi lasciò sul pavimento dolorante e colante di liquido seminale.

CANNIBAL  -segreto di sangue-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora