Una casa temporanea

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Mi sveglio in una stanza che non è la mia.
Il materasso molto morbido.
Il cuscino soffice.

Mi alzo a sedere, tocco a terra coi piedi, e mi sento tremendamente a disagio.

Io ho un materasso poggiato sul pavimento.
Uno di quelli duri che hanno le molle che durante la notte ti entrano quasi nelle costole e le senti ad ogni movimento.
Il cuscino talmente alto e scomodo che ti alzi con il mal di testa.

No, decisamente non è la mia stanza.

Appena cerco di alzarmi, ho un altro capogiro, e mi risiedo.

Potrebbe essere una stanza di ospedale.

Ma non lo è.

Le pareti sono tappezzate da foto.
Tutte che ritraggono un ragazzo con il cappuccio.
Nessun viso da mostrare.
Solo delle belle labbra carnose.

Le lenzuola nere.
E le pareti perfettamente bianche.
Un armadio che prende da una parete all'altra.
E una piccola finestra che fa entrare la luce.
Una tenda nera, raccolta dai lati.
E una scrivania con sopra poggiati dei libri.

Mi guardo intorno, non potendo fare altro.
Il tutto è abbastanza inquietante.

Ma una cosa che cattura la mia attenzione c'è.

La custodia di una chitarra.
Non una qualunque la mia chitarra.
E affianco un'altra custodia contiene una chitarra speciale.
Una Gibson SG. È un mostro questo strumento.
Il manico confortevole e i contorni finemente lavorati mentre tutto il resto del corpo ha un eleganza unica. Si distingue dalle altre in commercio per questo.

Mi lascio scivolare sul pavimento, e a carponi, raggiungo le due custodie.

Chissà come c'è arrivata la mia chitarra qui, visto che è stata rubata proprio ieri sera davanti ai miei occhi.

Forse qualcuno me l'ha recuperata.
Forse proprio l'uomo che mi ha portato qui.

Metto un po le domande da parte e apro la custodia della Gibson SG.
Resto a bocca aperta.
Non ne ho mai vista una da così vicino.

L'unico posto che mi ha fatto ammirare una bellezza del genere è la vetrina di qualche negozio.

Sento delle urla proprio fuori dalla porta, e involontariamente inizio ad origliare.

<<Sei pazzo, perché hai portato una ragazza a casa nostra? Cosa ti dice il cervello>>. Una voce nuova suona nelle mie orecchie.
Quella di un ragazzo.

<<Non ho avuto altra scelta figliolo, è svenuta davanti ai miei occhi>>. Si giustifica quello che dovrebbe essere il padre.

<<E anche metterla nel mio letto era indispensabile per la tua azione di buon samaritano?>>. Ancora urla.

<<È stata la prima stanza libera che ho trovato>>. Lo ammonisce.

<<La stanza degli ospiti non era di suo gradimento?>>. Ancora rabbia nella sua voce.

<<Non sa neanche di essere qui. Non era cosciente. E non potevo portarla di sopra, non ne ho avuto le forze>>. Cerca di spiegare l'uomo che mi ha salvato la vita.

<<Parole, parole papà. Deve andare via di qui o me ne vado io>>. Ringhia aprendo la porta.

Resto pietrificata.
Con il suo strumento in mano.
I suoi occhi diventano neri dalla rabbia.
Viene verso di me, con un'aggressività non concepibile.

Avrà anche le sue ragioni, ma sono pur sempre una ragazza.

Mi prende la Gibson SG dalle mani.

<<Chi diavolo ti ha detto di toccarla>>.

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