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Gli rimbomba la testa, ma questo non è un valido motivo per smettere di picchiare le bacchette sulla batteria. Si sta sfogando da un paio d'ore, crede, non ne è sicuro, ha perso la cognizione del tempo. Potrebbe essere seduto su quello sgabello da tutta la giornata, la sensazione di stanchezza è più o meno la stessa ed è accentuata dal fatto che è da qualche giorno che fatica a dormire, passando più che altro le notti a masturbarsi o a pensare alla sua vita.

Non ha mai trascorso così tanto tempo senza parlare con Willis. Gli manca. Ed è difficile evitarlo se sono nella stessa classe e persino compagni di banco. È quasi una tortura. Ma Colton non vuole cedere, non ancora. Non è il suo compito. Sta aspettando Willis e si domanda quanto dovrà ancora farlo.

E se fosse per sempre?

Picchia con troppa forza sul piatto, il suono che ne proviene è assordante e poco armonioso, ma non ci bada. Insiste nel lasciarsi trasportare dai flutti del sangue, batte e batte, si scontra con le ossa e con i muscoli, finisce sulle guance e nel basso ventre. E Colton continua a suonare.

«Ehi, campione!»

Le braccia si muovono dirompenti, il ciuffo azzurro ricade scomposto davanti agli occhi, ma lui li tiene chiusi.

«Colton? Ehi!»

Suona senza tregua, il sudore inizia a colare sulla fronte.

Poi un tocco sulla spalla lo fa sobbalzare e gli cade persino una bacchetta di mano. Si volta di scatto e vede suo padre, con un piccolo sorriso e i grandi occhi scuri come i suoi che lo fissano imperscrutabili.

«È pronta la cena» dice Laurence.

«Arrivo...» esala Colton per poi abbassarsi a raccogliere la bacchetta.

«Sono quattro giorni che te ne stai in garage a suonare la batteria» afferma il padre.

Lui scrolla le spalle. «Finché non dicono niente i vicini...» ribatte poi con un sopracciglio alzato.

«Credo che la signora in fondo alla via sia a tanto così dal chiamare la polizia» risponde Laurence avvicinando pollice e indice tra loro. «Soprattutto se continuerai a suonare durante il suo sonnellino pomeridiano.»

Entrambi non trattengono una risata, poi Colton si mette a giocare coi capelli, passandoci le dita più e più volte.

«C'è qualcosa che non va?» domanda il padre.

Possibile che i genitori capiscano sempre tutto? D'accordo, sono un po' strano ultimamente, ma non così strano.

Colton si stiracchia, per poi scuotere il capo. «Niente» risponde.

«Sicuro?» insiste Laurence. «Perché un uccellino – alias la mamma – mi ha detto che non sei andato a scuola con Willis, in queste mattine. Quindi...» si siede sul divano e le molle scricchiolano sotto il suo peso. «O ce l'hai con Barbara o hai litigato con Willis.»

Colton si passa ancora, distratto, le dita tra i capelli. È tentato di imprecare, però si contiene. «Ma se sono andato da lui tutti i pomeriggi!» mente.

Gli ultimi pomeriggi, infatti, li ha passati con Harvey, ma ai suoi genitori non ha detto nulla. Sono stati pomeriggi intensi e bollenti, accompagnati dal suono delle loro voci cariche di desiderio. Colton ha finalmente scoperto com'è il tocco di un'altra persona su di sé, Harvey si è sbloccato del tutto e si è rivelato molto più bravo di quanto si aspettasse. Ingoia quei pensieri, non è il caso di farli di fronte a suo padre, poiché sa che non riuscirebbe a controllare gli impulsi del suo amico in mezzo alle gambe.

«La mamma ipotizza che non sia vero» afferma Laurence. «Dice che sarai uscito coi tuoi compagni di classe.»

Colton deglutisce di nuovo. «Non sapevo di avere una strega per madre» ironizza. Rotea poi gli occhi al cielo, indeciso se essere spaventato o scocciato dal fatto che i suoi sentimenti siano così evidenti agli occhi di tutti.

Desiderio CarnaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora