Metamorfosi, da Kafka a Baudelaire

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Quando lei acconsentì di divenire la propria
fidanzata, Dario pensò che si sarebbe sentito più leggero: testa svuotata, animo in pace, cuore rilassato. Ciò che accade in questi casi, cose normali.
Lui, tuttavia, si sentiva completamente diverso da queste sue aspettative. Tutti i testi scritti, tutte le notti a pensare a lei erano svaniti con un solo e secco "sì".
Si sentiva davvero uno stronzo, perché nel giro di poco lei era diventata dal centro del suo universo, al baratro più profondo di un lungo e sporco pozzo.
« Sei proprio un pezzo di merda », disse la sua mente. E Dario non poté non concordare con essa a pieni voti.
Aprì la porta principale dello studio: nessuno vi era nei paraggi e questo sembrò tranquillizzarlo. Se avesse dovuto spiegare a qualcuno del perché di quello sguardo più vacuo del solito, probabilmente non sarebbe stata una conversazione lunga. Ciononostante, Dario non era mica il tipo da evitare il dialogo. Anzi, su questo era fin troppo disponibile — e, soprattutto, anche piuttosto bravo: mettersi in discussione e vincere il dibattito era da sempre stato il suo gioco preferito.
Di solito era il primo ad arrivare in studio, perciò il suo essere estremamente in anticipo non era cosa strana, anzi. Dario organizzava bene le idee per la giornata, si faceva la sua ordinata scaletta mentale e facendo questo si rilassava molto.

Si diresse in cucina per prendersi un bicchiere d'acqua: aprì il frigo, lo fissò per pochi secondi alla ricerca della bottiglia perduta, che alla fine trovò, in fondo, quasi attaccata al quel ghiaccio pungente ma allo stesso tempo molto confortevole.
Bicchiere in vetro dietro l'anta della mensola sopra il lavello, questo finì sul tavolo di fronte al forno.
Uno schiocco ed il tappo s'aprì immediatamente.
L'acqua che limpida andò a riempire quel vetro così levigato e bellissimo. Ci si sarebbe potuto specchiare, tanto la sua immagine non si sarebbe vista comunque.
Non appena stette per alzare il braccio e portare il bicchiere a sfiorare le labbra, iniziò a sentirsi pesante. Come se venisse abbracciato da qualcuno dietro alle proprie spalle.
Gli occhi cercavano di fare capolino verso il forno, ma in quell'attimo una mano fatta di tenebra gli accarezzò una guancia. I propri occhi avrebbero dovuto spalancarsi, ma rimasero fermi. Tutto il suo corpo sembrò come pietrificarsi all'istante.
Sensazione di pericolo mista ad eccitazione. Aveva prurito alle mani ma specialmente sul collo: gli prudeva da matti. Avrebbe voluto staccarsi la pelle con le unghie conficcate nella carne, fino alle viscere. E squarciarsele.
Strappa, strappa, strappa.
In fondo, in fondo, in fondo.
« Un piccolo ragno », affermò la sua mente, « sei proprio un piccolo ragno. »
Quella sensazione parve svanire nel nulla, come se fosse stato tutto un brutto sogno.
Per caso i sogni lasciano voglie arrossate a forma circolare sull'incavo del collo?
Dario aveva i suoi dubbi. Infatti, la sua mano destra toccò quel punto e non appena lo fece inarcò un sopracciglio: viscidume. Sembrava che un ragno avesse depositato le sue uova all'interno del suo corpo.
Lo sentiva pesantissimo, le palpebre talmente stanche che esse si chiusero da sole. Poi le ginocchia cedettero: così cadde in terra, privo di sensi.
È questa la reale sensazione della morte?
« Buonanotte, piccolo ragno. »
Quello fu il giorno in cui nacque il vero Dario.

OBSCURIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora