Il caffè di Zeno

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Lei era bellissima: occhi verdi, capelli rossi e ricci come fiamme indomate. Sul naso era contornata di lentiggini. Il suo sorriso, bianchissimo, formava due fossette ai lati delle labbra davvero adorabili.
Leggermente truccata con un ombretto azzurro e un filo di eyeliner... ma Francesco non riusciva in ogni caso a capire del perché fosse così diversa rispetto alle foto su Tinder.
I suoi amici, di solito, lo prendevano in giro dicendogli che fosse il Ted Mosby della comitiva. Francesco la prendeva sempre sul ridere, a volte interpretando il finto offeso... ma forse così per finta non era, dopotutto.
In ogni caso, la sua interlocutrice rimaneva comunque una gran bella ragazza. Forse gli era andata anche meglio, dovette ammetterlo.
« Quindi... il tuo sogno è quello di diventare, un giorno, maestra d'asilo, giusto? » fece Francesco, seduto di fronte alla ragazza, in quel modesto bar non tanto lontano dal centro di Bologna « Deve essere davvero impegnativo. È una gran bella cosa!
Sei da ammirare. »
La ragazza parve arrossire e una leggera risata fuoriuscì dalla sua bocca.
Poi stette per dire qualcosa ma in quell'attimo il cellulare di Francesco squillò.
Non poteva crederci: non erano passati nemmeno venti minuti e già lo disturbavano.
« Scusami tanto, » disse lui, mortificato « solo due minuti e sono nuovamente da te. »
Lei non parve seccata, perciò gli sorrise dolcemente.
« Non ti preoccupare, » gli rispose « abbiamo ancora tutto il pomeriggio davanti. »
Francesco deglutì, perché quell'angelo sembrava proprio disceso dal cielo. Quasi, per un attimo, non si sentì neanche all'altezza di starle di fianco.
Successivamente si allontanò, guardando il display dello smartphone:
era Cesare.
« Cesu? »

( . . . )

I tre ragazzi fissavano Frank e viceversa.
Se Nicolas fosse rimasto al giorno prima, probabilmente avrebbe avuto un sussulto: quegli occhi li avrebbe riconosciuti su un milione. Sembravano una copia esatta di essi: neri e lugubri, bramosi di perenne oscurità.
Tuttavia, il nuovo sé stette tranquillo.
« Dov'è Dario? » gli chiese.
Cesare si voltò verso il corvino « Cosa c'entra Dario? »
Frank rimase immobile per dieci secondi esatti, poi si spostò e come se nulla fosse rientrò in casa.
I tre furono abbastanza confusi e, sebbene non fosse proprio una buona idea, lo seguirono.
Cesare era un pesce fuor d'acqua ma voleva davvero capire quello che stava succedendo. Nicolas, invece, sperava in più informazioni. Ma il più curioso fra i tre era sicuramente Nelson: voleva scoprire il perché avessero assunto quei poteri. Voleva delle risposte.
Sapeva che la chiave di tutto fosse Nicolas, ma non conosceva la fonte primaria che aveva generato il tutto.
Frank si diresse nella sua piccola cucina, accese il gas e si apprestò a prepararsi un caffè.
I tre amici si guardarono tra loro, poi decisero di sedersi sul divano del salotto.
Non era grandissimo, più modesto ed equilibrato.
Dopo cinque minuti, il corvino riccioluto si sedette sulla poltrona di fianco agli altri, la tazza di caffè fumante fra le mani.
« Siete tutti morti. »
Cesare sgranò gli occhi, mentre Chewbe alzò lo sguardo verso di lui.
« Morti?! Ma che cazzo stai dicendo? »
« Morti » ripeté Frank, portando la tazza a sfiorare le labbra e bere un piccolo sorso.
Nicolas incurvò la schiena in avanti, i gomiti sulle gambe, le mani congiunte.
« Potresti spiegarti meglio? »
Lo sguardo color pece osservò Nic di sottecchi, ma considerando che quest'ultimo indossava quegli occhiali scuri, egli non poté incontrare i suoi occhi.
« È una specie di rinascita: inizialmente ti senti sprofondare verso il basso, subito dopo la tua anima sospira e con lei tutto ciò che sei.
Infine, risali in superficie e... »
« Riprendi fiato. »
« Esattamente. »
Nicolas osservò attentamente la figura di Frank ed aveva capito che del suo amico vi era soltanto l'involucro: lui non avrebbe mai incurvato, sebbene impercettibilmente, un angolo della bocca, a meno che non fosse stato totalmente sincero nel volerlo fare. Di solito preferiva starsene in disparte, ignorare, ma mai indossare una maschera.
« A parte Cesare, sia io che Nicolas non siamo mai stati in pericolo di vita » volle specificare Nelson.
« Come biasimare il tuo ragionamento, Nelson » la voce di Frank parve risuonare moltiplicata, in raddoppio con un'altra inconfondibile parlata: « Credi che gli infarti fulminanti siano prevedibili? Pensi che una bomba innescata di nascosto all'interno di un edificio sia doloroso?
La botta arriva all'improvviso, non te ne rendi nemmeno conto. »
Sopra la testa di Frank aleggiò del fumo nero, dai condotti lacrimali scesero quelle inconfondibili, per Nicolas, lacrime di inchiostro; persino dagli angoli delle labbra, iniziò a scendere quello sporco liquido.
« Lo sapevo fosse lui » fece Nicolas, portandosi gli occhiali da sole sul capo, alzandosi, seguito poi dagli altri due.
« È Dario. » disse Nelson.
« Sta cercando di uccidere Frank! » sbottò Cesare, stringendo il guinzaglio di Chewbe, — quest'ultimo si nascose dietro le gambe del padroncino — digrignando i denti.
« Lo ha già ucciso » disse Nelson, « suppongo gli abbia avvelenato il caffè. »
« Penso voglia che lo salviamo » affermò Nicolas.
« Ma che senso ha?! » urlò Cesare.
« Forse vuole, come noi, studiare la situazione. È tutto nuovo anche per lui. »
Cesare aggrottò la fronte: suo cugino sembrava usare più il cervello che i sentimenti. Stentava quasi a riconoscerlo.
Probabilmente era solo una sua impressione.
Infatti, nessun animo era stato mutato ma probabilmente, esso era stato portato ad uno stadio superiore, il cosiddetto "oltre".
Nicolas non aspettò più, avanzò verso Frank e, senza timore ma soprattutto con gentilezza, poggiò le mani sulle sue guance.
« Ti prego, guardami. »
Nic disse solo questo.
Ma le lacrime iniziarono a farsi più copiose.

( . . . )

« In che senso Frank è privo di sensi? Cesu, cosa sta succedendo?! »
Francesco non ci stava capendo più nulla, gli occhi si erano spalancati da soli e non sapeva nemmeno lui come sentirsi.
« Va bene, arrivo subito.
Ma perché devo stare alla larga da Dario? Cesu?
... Cesu? »

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