Il taxi del tempo. Francesco aveva dovuto lasciarlo parcheggiato vicino al Covo e andare in macchina con Nelson, Stiva ed altri per non destare sospetti.
Avrebbe dovuto ritornare il più presto possibile, soprattutto per il contenuto all'interno del cofano.
Quell'universo sembrava identico al suo Natale, niente sembrava cambiato. A Francesco parve essere tornato alla normalità, ma questa era semplicemente un'illusione.
La prima cosa che fece una volta tornato a casa, fu abbracciare forte sua sorella — sebbene in un salotto avesse detto che avrebbe preferito essere figlio unico e che quindi, si era solamente abituato alla presenza di quella creatura di genere femminile... la verità era che le era mancata da morire.
Non saprebbe cosa fare senza la sua sorellina.
« Ma cosa fai, piangi? » gli domandò lei
« guarda che ci siamo visti stamattina. »
E Francesco la strinse ancora di più a sé, baciandole il capo.( . . . )
Aveva salutato gli altri, accompagnato la sua fidanzata a casa e poi guidato fino alla propria.
Mezz'ora dopo se ne stava davanti al suo portatile, in cucina.
Voleva scrivere per il suo racconto ma la creatività, quella notte, sembrava averlo abbandonato.
Si era ripromesso di non sforzarsi di fare le cose quando non riusciva a farle, quindi di iniziare a concentrarsi su altro.
Sospirò, chiuse il portatile e decise di andare a letto.
Una volta sdraiato sul materasso, prese sonno quasi subito. Cosa inusuale per lui, considerando che per la maggior parte delle volte rimaneva sveglio sino ad orari non sani per il proprio stile di vita.
Il sonno fu senza sogni.
Nero.
Nero.
Nero.
Un fischio nell'orecchio sinistro.
Cambiò posizione, mettendosi a pancia in su.
Ma quel fischio non ne voleva sapere di smettere.
Dario sentì il classico nodo alla gola, ma questo parve farsi sempre più stretto ogni secondo che passava.
Egli riusciva a percepire ciò che aveva attorno a sé, le palpebre serrate.
Nonostante questo, vide un'ombra.
Sentì il peso di un corpo che si era messo a cavalcioni sul proprio bassoventre.
Poi umide labbra sulle proprie, una lingua che andava ad insinuarsi nella sua bocca, man mano sempre più in profondità; la sentiva nella gola.
Stava soffocando.
Il fischio sempre più rumoroso, non ce la stava facendo più.
Si svegliò di soprassalto, aveva il fiatone.
Istintivamente si toccò le labbra con una mano; stava tremando, era addirittura sudato.
Portò il palmo davanti agli occhi:
tremò di più.
Inchiostro.
Anche quella sera i pantaloni di Francesco erano macchiati di inchiostro.
Cosa cazzo stava succedendo?( . . . )
« Bene,
abbiamo la programmazione sino a fine anno » aveva annunciato Dario, osservando la lavagnetta davanti a sé, chiudendo col tappo di questo il pennarello nero indelebile che aveva tra le mani.
« Chiunque osi filmarla, anche se per sbaglio, dopo dovrà vedersela con me » avvertì gli altri con serietà, nonostante celasse dietro un tono giocoso.
Nicolas, nonostante stesse comunque poco bene, aveva deciso di recarsi in studio. Doveva iniziare ad editare un backstage per il secondo canale YouTube, perciò non poteva proprio starsene a casa a riposare.
Cesare e Nelson stavano parlando assieme a Frank in cucina, mentre Francesco, seduto sul divano dell'entrata dello studio, ripensava agli avvenimenti passati.
Doveva tornare al Covo.
Doveva recuperare il taxi.
Doveva capire meglio quello che stava succedendo.
Sospirò, si alzò e raggiunse Nicolas; egli seduto davanti al computer.
« Tutto bene, Nic? »
Il corvino sorrise, annuendo
« È periodo di influenza, purtroppo. »
« Vero » rispose il biondo, poi si bloccò nel guardare l'amico.
~ Uccidimi ~
Ancora quella voce.
La voce di Nicolas.
Francesco deglutì.
Un flash, la sua mente generò immediatamente l'entrata dei camerini riservati agli artisti del Covo; la porta ancora chiusa.
Dei pantaloni scuri, delle scarpe altrettanto nere inchiodate al pavimento.
Sotto alle suole sgorgava inchiostro, delle piume luminescenti e candide svolazzavano qua e là.
Poi la porta si aprì.
Francesco Toneatti di spalle.
« Fra? » Nicolas lo richiamò alla realtà.
Francesco scosse il capo, sorreggendosi la fronte con una mano.
« Vuoi un'aspirina? » gli chiese il fotografo
« fortuna che ne ho portato un po' con me, altrimenti questa febbre mi avrebbe già ucciso! »
La prese sul ridere, lui.
Peccato che non ci fosse niente di cui ridere.
Francesco abbozzò un sorriso tirato, nervoso.
Era sempre più nervoso.
« No, no.
Grazie lo stesso.
È colpa del brutto tempo, tra poco passerà. »
Ogni volta una scusa diversa.( . . . )
Sopra il tetto dello studio, ci stava lui.
L'Incubo.
Quel bacio così intenso, ancora se lo ricordava.
Si accarezzò il collo.
Quanto gli sarebbe piaciuto vederlo impazzire, piano piano.
Quanto gli sarebbe piaciuto vederlo commettere ciò che di più strano la sua testa generasse. Vedere tutta quella pazzia prendere forma concreta e lucida.
Lui ancora era così ingenuo, in quell'universo Dario era un vero fanciullino.
Lo vide uscire fuori a fumare la sua sigaretta, guardando tutta la scena dall'alto.
Quel Dario non aveva ancora sperimentato il piacere purissimo dell'oscuro.
L'Incubo fece una piccola "o" con la bocca, e dopodiché iniziò a soffiare.
Un lieve sibilo fastidioso, come il ronzio di una zanzara.
Dario si portò istintivamente una mano all'orecchio, la cicca gli cadde in terra.
Si morse il labbro inferiore.
Ancora quel fottuto fischio.
L'effetto Larsen.Fumare fa male.
Male,
male,
malissimo.
Già, già.E infatti, quella era stata la sua prima sigaretta dopo tanto, tanto tempo.
Sei stressato,
Dario Matassa?Ma Dario non udì quella voce.
Soltanto quel fottuto fischio del cazzo.

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OBSCURIA
Fanfiction𝕯ario si ritroverà morso da un piccolo ragno, ma ciò non ha niente a che vedere con il famoso Spider-Man. Tutt'altro, questo sembra essere il destino: esso gli ha teso la mano e Dario di rimando lo ha abbracciato senza alcuna esitazione, stringendo...